domenica 29 luglio 2018

Verba volant (554): propaganda...

Propaganda, sost. f.

Alla notizia che Mirsilo, il tiranno della sua città, era morto, il poeta Alceo di Mitilene scrisse dei versi, il cui spirito possiamo ben capire dall'unico frammento conservato:
ora ci si deve ubriacare, e bere anche a forza, dacché infine Mirsilo è morto
Alceo era dovuto fuggire, era esule dalla sua città, proprio a causa del tiranno, perché Mirsilo era suo nemico e, non conoscendo per fortuna il politicamente corretto, poté fare quello che in maniera naturale si fa durante una guerra: essere contento della morte di un proprio nemico.
A leggere tanti dei commenti che hanno accompagnato la lunga morte di Sergio Marchionne - cominciata quando gli azionisti gli hanno tolto ogni potere, rigorosamente a mercati chiusi, e finita quando la natura ha fatto il suo corso - pare che la guerra di classe debba sfuggire a questa regola, crudele quanto elementare. A sentire quelli che sanno tutto, dobbiamo sempre rispettare il cadavere di un nemico, anche nel caso che lui non lo abbia fatto, quando stava vincendo; anzi proprio tanto più questo nostro nemico è stato crudele, noi dovremmo dimostrare la nostra superiorità, dopo la sua morte. Non sono d'accordo. E sinceramente trovo questo atteggiamento assolutamente ipocrita. La guerra esige coerenza e anche una certa dose di cattiveria.
Della morte di Marchionne a me è interessata soprattutto l'azione di propaganda che il finanzcapitalismo ha fatto intorno al suo cadavere. La propaganda - si sa - è da sempre un'arma potente in una guerra e, anche in questo caso, la guerra di classe non si sottrae a questa regola. Il finanzcapitalismo ha usato il cadavere di Marchionne, come normalmente usa i corpi dei propri servi. Mi hanno colpito molto i tanti articoli in cui gli aedi del regime hanno decantato la capacità di lavorare di Marchionne che, stando alle fonti agiografiche, in dieci anni si sarebbe preso un solo fine settimana di vacanza, che si alzava ogni notte alle tre, che convocava i propri collaboratori in qualunque ora del giorno e della notte e in qualunque giorno dell'anno. Se era davvero così, Marchionne era non solo uno spietato nemico di classe, ma anche un vero stupido. Ma ovviamente in un'opera di propaganda interessa quello che viene detto, non che quello che viene detto sia vero.
Il mito del capo che non dorme mai, che lavora continuamente, non è particolarmente originale. I collaboratori di Mussolini dovevano tenere accesa la luce nel suo studio di palazzo Venezia, così che le persone che passavano sotto le sue finestre sapessero che il Duce stava lavorando per loro. Ma nell'agiografia di Marchionne non c'è solo questo: è un po' la versione social del titolo di una vecchia telenovela Anche i ricchi piangono. Voi che l'avete attaccato - ci dicono i suoi biografi - non vi rendete conto di quanto fosse faticosa la sua vita? Certo guadagnava tanto, guadagnava in maniera vergognosa, ma poi non era in grado di spendere i suoi soldi, visto che non poteva andare in vacanza, non poteva fare nulla di quello che è concesso a voi mortali. Vorreste davvero, voi che vi lamentate di lavorare per otto ore al giorno, prendere il suo posto e lavorarne venti? Anzi, se foste davvero riconoscenti, visto che ha salvato i vostri posti di lavoro, dovreste anche voi lavorare di più, ovviamente senza pretendere di farvi pagare.
Ci dimenticheremo presto di Marchionne: i generali in guerra si sostituiscono altrettanto in fretta che i soldati. L'azione della propaganda invece rimarrà, e noi continueremo a ringraziare i padroni per tutto quello che fanno per noi.
    

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