Non è sempre facile leggere le commedie di Aristofane, perché questo genere teatrale vive nell'attualità più di quanto lo faccia la tragedia. Aristofane scrive pensando ai suoi spettatori, partecipa alla politica di tutti i giorni con le sue battute, ma siccome è un grande autore riesce sempre a dire qualcosa anche a noi. Se solo abbiamo la capacità di ascoltarlo.
E' il 411 a.C.: Atene è in guerra da vent'anni contro Sparta. Non è solo il confronto tra due città, ma tra due alleanze che coinvolge tutto il mondo che parla greco. Non c'è posto per i "non allineati": o si sta con Sparta o con Atene, con i valori della tradizione o con quelli dei tempi nuovi, con il governo dei pochi o con la democrazia. Dopo vent'anni quasi interrotti di conflitto, Atene è una città molto provata, quasi prostrata. E soprattutto è agitata al suo interno da un conflitto: anche nella città dell'Attica si confrontano i due schieramenti che si stanno combattendo al di fuori delle Lunghe mura. Da sempre ad Atene c'è una minoranza che odia la democrazia, che detesta quello che Atene è diventata e che vorrebbe farne una sorta di "novella" Sparta. Per molti anni questo gruppo è rimasto nell'ombra, ha avuto paura di dichiararsi, ma più la guerra si fa cruenta, più la condizione della città si fa dura, più queste posizioni trovano inaspettato consenso. A questo punto ormai questa fazione non ha più paura di mettersi in mostra, un colpo di stato oligarchico è ormai sentito come imminente. E da tanti cittadini è auspicato come una liberazione.
Aristofane sa cosa sta per succedere, sa che gli oligarchici - a cui si oppone - stanno per conquistare il potere e allora tenta il tutto per tutto, una mossa apparentemente disperata: mette in scena un colpo di stato, ma lo fa condurre da qualcuno che non è - e non è mai stato e, secondo lui, mai sarà - un soggetto politico, ossia le donne. E così scrive e mette in scena Lisistrata, una delle sue commedie più famose e fortunate.
La protagonista è una donna energica e coraggiosa che convince la sue concittadine a prendere il potere; le donne occupano l'acropoli e si impossessano del tesoro pubblico: è un colpo di stato vero e proprio, in tutta la sua drammaticità. Aristofane però scrive commedie e quindi immagina che questo colpo di stato sia condotto attraverso uno sciopero del sesso, che gli permette di fare le battuttacce che tanto divertivano il suo pubblico e che assicurano alla commedia un successo anche moderno, visto che con il sesso si fa sempre cassetta.
La commedia si conclude con la vittoria di Lisistrata perché anche a Sparta è nato uno stesso "movimento", il #MeToo è diventato globale. L'arrivo ad Atene di un ambasciatore spartano in evidente crisi di astinenza sessuale indica che le donne di tutta la Grecia hanno vinto e che finalmente si farà la pace.
Con questa commedia Aristofane lancia una sfida aperta ai leader democratici ateniesi: siate voi a trattare la pace con Sparta, togliete questo argomento dalle mani degli oligarchici. Il commediografo fu inascoltato e dopo pochi mesi ci fu il colpo di stato, che sancì la fine della democrazia ateniese.
Al di là di quello che è successo - o che sarebbe potuto succedere - nell'Atene del 411 a.C., di questa commedia a noi rimane una suggestione molto forte: cosa potrebbe succedere se qualcuno che non è mai stato un soggetto politico all'improvviso lo diventasse e prendesse il potere?
C'è un illuminante scambio di battute tra le donne che spiegano cosa sta succedendo al rappresentante degli uomini che le ha raggiunte sull'acropoli.
Lisistrata
Dunque, dall'inizio della guerra abbiamo sopportato con pazienza tutto quel che voi uomini avete combinato. Di voi non eravamo nient'affatto contente, però guai ad aprir bocca! Ma spesso, stando in casa, sentivamo che avevate deciso male su un affare importante. E pur addolorate dentro di noi, sorridendo vi chiedevamo…
Ismene
"Oggi, in assemblea, che cosa avete deciso di iscrivere sulla stele riguardo alla tregue?"
Lisistrata
E lui, l’uomo…
Critilla
[facendo voce da uomo] "Che ti riguarda? Vuoi star zitta?"
Lisistrata
E io zitta.
Ismene
Ma io, zitta non ci sarei stata.
E in qualche modo è ancora una sfida che Aristofane ci lancia. Quelli - e naturalmente quelle, perché il tema dell'emarginazione di genere rimane ancora quasi tutto, a due millenni abbondanti dalla Lisistrata - devono cominciare a parlare. Abbiamo bisogno che non stiate zitte.
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