venerdì 19 luglio 2019

Verba volant (688): astronauta...

Astronauta, sost. m. e f.

Io sono assolutamente convinto che la terra sia una sfera, per quanto schiacciata ai poli - e che Elvis sia morto - ma non mi convincerete mai che Neil Armstrong sia stato il primo uomo a camminare sulla luna. Semmai dovremo cominciare a ricordare Eugene Cernan, che invece è sicuramente l'ultimo uomo a essere venuto via da quel satellite, così caro ai pastori erranti e agli autori di canzoni - come ho raccontato in un'altra definizione.
Non dico che gli americani non siano arrivati lassù, dico solo che il professor Barbenfouillis ci è arrivato prima di loro, e che Astolfo ancora prima. E Luciano di Samosata e Cyrano de Bergerac. E il barone di Münchhausen. Per tacere di Paperino che è stato su Marte. E chissà quanti altri hanno fatto quel viaggio: solo che non ce l'hanno raccontato. E pensare che noi ci facciamo un selfie - e lo facciamo vedere all'universo mondo - solo per dire che siamo andati al bar sotto casa.
Per nostra fortuna Ludovico Ariosto ci ha descritto nel dettaglio il viaggio di questo intraprendente e originale paladino, un inglese al servizio di re Carlo. E soprattutto ci ha raccontato quello che Astolfo ha visto nella stretta valle della luna dove viene raccolto - in maniera piuttosto misteriosa - tutto quanto viene perduto sulla terra. Di tutto questo gli astronauti delle missioni Apollo non ci hanno mai parlato.
A occupare quella valle ci sono la fama, che sulla terra viene divorata dal tempo come un tarlo, le preghiere ipocrite dei peccatori, le lacrime e i sospiri degli amanti, il tempo sprecato, i progetti irrealizzati, la smania di possedere cose inutili. Poi i grandi imperi del passato ora quasi del tutto dimenticati, e tutte le miserie che accompagnano il potere: i doni fatti ai potenti, sperandone un qualche tornaconto, i versi scritti per adularli e compiacerli, e naturalmente i favori concessi dagli uomini di potere ai loro protetti. E ancora i trattati politici e le congiure, le monete false, le elemosine lasciate dopo la morte. Poi la bellezza delle donne, che è la trappola con cui si catturano gli ingenui. Infine la cosa che lassù riempie più di tutte quella valle: il senno degli uomini.
Pensate nei mille anni che sono passati da quando Astolfo ha fatto il suo viaggio al piccolo passo di Armstrong quanto altra roba si sarà ammucchiata in quella stretta valle; immagino che i Seleniti avranno dovuto cominciare a usarne un'altra. Quante inutili poesie, quante arzigogolate e incomprensibili filosofie, quante eresie e quanti dogmi, ormai indistinguibili gli uni dalle altre, quante infondate certezze scientifiche e quanti indimostrabili teoremi. E poi tutte le nostre psicanalisi, le nostre mode, i nostri vuoti orgogli. E chissà se le cose inutili che scriviamo nei nostri blog vanno a finire sempre là? Credo che il cloud sia sulla luna.
Dobbiamo riconoscere che noi del Novecento abbiamo dato un contributo notevole alla crescita di quella enorme discarica. I Seleniti dovrebbero farci pagare una tassa, come fanno i Comuni per lo smaltimento di tutti i rifiuti che produciamo. Dovendo pagare magari staremo più attenti, cominceremmo a differenziare, se non a produrre meno stupidità: ma mi rendo conto che questo è un obiettivo al di sopra delle nostre possibilità. 
Sol la pazzia non v'è poca né assai;
che sta qua giù, né se ne parte mai.
Un altro che è stato sulla luna - prima ancora di Astolfo - è Qfwfq. E anche di lui per fortuna conosciamo la storia, grazie a Italo Calvino che ce l'ha raccontata.
C'è stato un tempo in cui la terra e la luna erano molto più vicine di quanto lo siano ora, tanto che
c'erano delle notti di plenilunio basso basso e d’altamarea alta alta che se la luna non si bagnava in mare ci mancava un pelo; diciamo: pochi metri.
In queste notti era normale per gli uomini salire sulla luna: bastava avvicinarsi con una piccola barca, accostare alla luna una scala e fare un piccolo balzo. Qfwfq c'è stato diverse volte, insieme a un suo cugino sordo, che dimostrava un legame molto forte con la luna, così intenso da non accorgersi che durante quei brevi, ma frequenti, tragitti in mare la moglie del capitano si era innamorata di lui. Se n'era invece accorto Qfwfq, dal momento che in quegli stessi viaggi si era segretamente innamorato della donna. Quel complicato poligono amoroso fu risolto in qualche modo dalla luna stessa, che, a causa dell'azione delle maree, cominciò ad allontanarsi dalla terra. L'ultima notte in cui fu ancora possibile saltare dalla terra alla luna, la moglie del capitano decise di rimanere per sempre sul satellite amato dal cugino sordo, così da essere finalmente desiderata da quello strano uomo stregato dalla luna.
Noi sappiamo che Astolfo quella prima volta che è andato sulla luna c'è rimasto davvero per il tempo strettamente necessario a compiere la propria missione, ossia recuperare il senno di Orlando. Ma, conoscendo un po' il soggetto, è credibile che abbia avuto il desiderio di tornarci, per la curiosità di vedere quella gran montagna di cose là raccolte. La luna è piccola - per quello che è strano che gli americani non si siano accorti dei vasi contenenti il senno, e loro ne hanno lasciato là davvero parecchio - è possibile che abbia sentito le note di un'arpa, suonata da una donna che stava guardando giù, verso la terra: credo che quella seconda volta Astolfo abbia incontrato la moglie del capitano. Si sono parlati? Penso di sì. Magari il paladino ha perso il senno per la donna. E se la moglie del capitano, vedendo Astolfo, avesse deciso di non essere più fedele al ricordo del cugino di Qfwfq? O forse semplicemente hanno riconosciuto l'uno nell'altra la propria solitudine e la propria fragilità: hanno visto cose quei due che noi umani non possiamo neanche immaginare.

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