Impressione, sost. f.
Per molto tempo la fama di Berthe Morisot è stata legata in maniera quasi esclusiva al fatto di essere stata la modella preferita di Édouard. Il pittore ha dedicato alla donna che sarebbe poi diventata sua cognata ben undici tele, alcune delle sue più significative.
Eppure, quando incontra Manet, Berthe non è soltanto
una ragazza riservata e che parlava a voce bassa, sottile come un giunco, occhi neri e profondi, che amava vestirsi di nero e all'ultima moda e leggere romanzi in voga.
Berthe è una giovane donna che vuole diventare pittrice. Però è una donna e non può iscriversi all'Accademia e anche l'École des beaux-arts aprirà i battenti alle ragazze solo nel 1897, due anni dopo che Berthe è morta. Però i suoi genitori assecondano la sua passione e le permettono di studiare prima con il neoclassicista Geoffrey-Alphonse Chócarne, e poi con Joseph Guichard, un pittore romantico seguace di Delacroix. Guichard la porta al Louvre dove Berthe affina la sua tecnica copiando le tele dei grandi del passato. Ma il maestro si accorge presto che Berthe è uno spirito ribelle, che quello stile accademico non fa per lei e così la manda a bottega da Jean-Baptiste Camille Corot, che la spinge a dipingere en plein air, a contatto con la natura.
Sta nascendo un'arte nuova e Berthe Morisot ne è una delle protagoniste. Insieme a Claude Monet, Camille Pissarro, Alfred Sisley, Edgar Degas, Pierre-Auguste Renoir, Paul Cezanne e alcuni altri fonda la "Società anonima degli artisti, pittori, scultori, incisori". Il 15 aprile 1874 la Società anonima, al numero 35 di Boulevard des Capucines, nello studio del fotografo Nadar, che presta gratuitamente quel locale, mette in mostra le proprie opere. Monet espone tra le altre la tela Impressione: levar del sole, il dipinto che darà il nome a quel nuovo movimento, destinato a cambiare per sempre il mondo dell'arte. Berthe, come Claude, espone nove opere. Il vecchio Guichard critica aspramente il lavoro di quella che un tempo è stata sua allieva: ma è l'arte nuova e lui è rimasto al passato.
Tra quelle nove opere quella che diventerà più celebre è La culla. Berthe tratteggia con grazia un ritratto della sorella Edna che siede accanto al lettino dove dorme la figlia Blanche. Il soggetto è domestico e probabilmente non molto originale, eppure quella madre rimane incredibilmente impressa nella memoria di noi che osserviamo quel quadro. Certo Edna sta vegliando sulla propria figlia, la sta proteggendo, quasi istintivamente, con quella mano che sembra stringere la culla, eppure è anche persa in qualche suo pensiero. È una madre preoccupata, che guarda la propria figlia con ansia, sembra temere per il suo futuro. Blanche per fortuna dorme, anche lei, come la madre, ha gli occhi chiusi: si può permettere di essere senza paura, perché la madre è lì con lei, perché non ha ancora l'età per avere paura. Edna invece - e Berthe insieme a lei - hanno perso ormai quell'innocenza, sanno in che mondo quella bambina crescerà, un mondo che sembra aprirsi a ogni possibilità, in cui sembra che il progresso sia senza limiti. E che invece si schianterà in maniera drammatica.
Ed è la stessa preoccupazione che vediamo negli occhi della Giovane donna in tenuta da ballo, un altro dei capolavori di Berthe Morisot, questa volta del 1879. Non sappiamo chi sia quella ragazza, probabilmente non è un ritratto. Berthe vede questa giovane donna che osserva alla sua destra qualcosa che noi non vediamo. Aspetta, forse il cavaliere che la condurrà nel prossimo giro di valzer. Ma c'è in quello sguardo qualcosa di più. C'è una tensione evidente. C'è un desiderio di cambiamento, di infrangere le regole.
In quello stesso anno va in scena Casa di bambola di Henrik Ibsen. E quella ragazza sembra proprio Nora, che all'improvviso capisce cosa sta succedendo intorno a lei. E proprio come fa Nora, noi speriamo che quella giovane si stia per alzare e dire
devo riflettere col mio cervello e rendermi chiaramente conto di tutte le cose.
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