lunedì 11 maggio 2020

Verba volant (766): credere...

Credere, v. tr.

Non la conosco e quindi non so se Silvia credeva e, se credeva, in cosa, quando è partita per l'Africa. Non me ne sarebbe importato nulla: sono fatti suoi. Tanto più perché io non credo e come non voglio che nessuno giudichi quello che io credo e non credo, così non giudico gli altri. Però ho espresso la mia stima per quella giovane ragazza che, indipendentemente da quello che credeva, ha fatto una scelta così difficile, una scelta di cui noi, che pure pontifichiamo da dietro le nostre tastiere, non saremmo mai capaci, che noi, con tutti i nostri begli ideali, non avremmo mai il coraggio di fare. Sono stato orgoglioso di Silvia per quello che ha fatto, come fosse la figlia che non ho. E anche preoccupato, perché, da vecchio, penso che questo mondo sia così marcio che perfino l'intelligenza, il coraggio, la passione di una giovane donna come Silvia siano ormai inutili per salvarlo.
Non mi interessava sapere se Silvia credeva e, se credeva, in cosa, quando è stata rapita. Non me importava nulla: sono fatti suoi. Ho scritto allora che dovevamo pagare. Silenziosamente pagare. Come abbiamo fortunatamente fatto. Perché la cosa importante era riportare a casa sua Silvia, indipendentemente da quello che credeva, perché se lo meritava, per quello che aveva fatto, per quello che voleva fare, anche per il suo entusiasmo irresponsabile, di cui abbiamo un disperato bisogno. È il minimo che noi, noi cinici, noi pavidi, noi ipocriti, potevamo fare. Io sono uno di quelli che a suo tempo ha creduto nella politica e che quindi non sempre le cose si risolvono con i soldi, anche se ormai viviamo in un mondo in cui pare che tutto si possa vendere e comprare, in cui i soldi sono l'unico metro di giudizio. Ma anche uno come me, pensa che in questo caso i soldi siano l'unica soluzione possibile. E Silvia è stata fortunata perché è stata rapita non da fanatici, ma da criminali, e con i criminali alla fine un accordo si trova sempre. Con i criminali riusciamo a intenderci in qualche modo: tra simili ci riconosciamo. Con i fanatici è più difficile.
Adesso non mi interessa sapere se Silvia crede e, se crede, in cosa. Non me ne importa nulla: sono fatti suoi. Non so se ricordate una delle ultime scene del bel film di Nino Manfredi del 1971 Per grazia ricevuta. Quando sta per morire, il vecchio farmacista ateo e anticlericale bacia il crocifisso che un prete gli avvicina alle labbra, sconvolgendo il giovane Benedetto a cui l'uomo aveva insegnato a liberarsi della religione. Il vecchio ateo, di fronte a una paura tutto sommato accettabile, si è piegato, dimostrando di non avere neppure quel poco di coraggio che uno alla fine dovrebbe dimostrare. Se una persona che è stata in una tale prigionia per un anno e mezzo, temendo ogni giorno per la propria vita, ha trovato il conforto in qualcosa in cui credere non mi pare uno scandalo, nemmeno per me che non credo. Perfino se si è convertita per salvarsi, non sentirete da me una parola di biasimo: ha fatto bene. E non capisco poi perché dovrebbero scandalizzarsi i baciapile, quelli che non perdono occasione per ostentare la propria fede. Forse non vi va bene perché non si è affidata alla vostra religione? Immagino che se fosse arrivata con il velo da suora adesso sareste tutti in pellegrinaggio a San Giovanni Rotondo, dal vostro santo fascista, ringraziandolo per il miracolo. L'unica cosa per cui dobbiamo ringraziare qualcuno, se ci credete, è che per fortuna i rapitori non erano fanatici come voi, ma semplici banditi. 
L'etimologia del verbo credere richiama al significato originario di affidarsi. Io sono disposto ad affidarmi all'intelligenza, al coraggio, alla passione di una giovane donna come Silvia, indipendentemente da quello che lei crede.

4 commenti:

  1. Sono d'accordo con te. Con una postilla. Temo che ragazze e ragazzi generosi come questa debbano esser ben consigliati prima di partire di slancio in modo troppo isolato in luoghi obiettivamente pericolosi. Stavolta è andata bene proprio perché come rilevi si aveva a che fare con criminali travestiti da fondamentalisti. E anche perché, da sempre, noi italiani paghiamo (e facciamo bene) per riportare a casa i nostri concittadini. Aggiungo che ci sono ONG che conoscono determinati terreni palmo a palmo e altre meno esperte e a volte troppo avventurose. Anche questa esperienza a lieto fine deve insegnare a non divenire facili prede, tramite una preparazione accurata e una fredda pianificazione della propria umana generosità.

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