Questa mattina ho letto un articolo sul "Corriere della sera" che mi ha amareggiato. Il giornalista ha consultato sette manuali di storia per le medie superiori, tra i più adottati nelle scuole italiane. In tre di questi si dice che le vittime furono 16, mentre furono 17 (16 morirono immediatamente e uno più tardi, in seguito alla gravissime ferite subite). Soltanto due manuali citano la morte di Giuseppe Pinelli e soltanto uno l'omicidio di Luigi Calabresi. Soltanto due ricordano Pietro Valpreda, che fu accusato ingiustamente della strage e subì il carcere fino al '72. Sappiamo purtroppo che quasi mai il programma effettivamente svolto arriva agli anni del secondo dopoguerra, ma se ci fosse una ragazza o un ragazzo curioso troverebbe in questi testi un'informazione parziale e lacunosa.
La strage di piazza Fontana è una ferita che ci portiamo dietro, più o meno consapevolmente, tutti noi, anche noi che siamo nati quasi con essa. Sono sempre più scettico sul fatto che troveremo mai negli archivi qualche risposta alle domande che in questi anni sono state fatte. ormai è materia per gli storici, ma questi devono fare il proprio lavoro e non dare giudizi approssimati, come quelli che possiamo leggere in qualche manuale.
Riporto qui alcuni passi del discorso che il Presidente Napolitano fece il 9 maggio scorso, sono parole di verità. Sono parole necessarie perché altrimenti rischiamo che l'unica certezza della strage di piazza Fontana rimanga l'elenco delle vittime.
[...] Ricordare quella strage [la strage di piazza Fontana, ndr] e con essa l'avvio di un'oscura strategia della tensione, come spesso fu chiamata, significa ricordare una lunga e tormentatissima vicenda di indagini e di processi, da cui non si è riusciti a far scaturire una esauriente verità giudiziaria. E ciò vale, lo sappiamo, anche per altri anelli di quella catena di stragi di matrice terroristica che colpì sanguinosamente città come Milano, Brescia, Bologna e altre, e di cui procedimenti giudiziari e inchieste parlamentari identificarono l'ispirazione politica ma non tutte le responsabilità di ideazione ed esecuzione. Se il fine venne indicato nella creazione di un clima di convulso allarme e disorientamento e quindi in una destabilizzazione del sistema democratico, fino a creare le condizioni per una svolta autoritaria nella direzione del paese, componenti non secondarie di quella trama - in particolare "l'attività depistatoria di una parte degli apparati dello Stato" (così definita nella relazione approvata nel 1994 dalla Commissione stragi del Parlamento) - rimasero spesso non determinate sul piano dei profili di responsabilità, individuali e non solo. [...] Desidero però dire che per quante ombre abbiano potuto pesare sulla ricerca condotta in sede giudiziaria e per quante riserve si possano nutrire sulle conclusioni da tempo raggiunte, non si possono gettare indiscriminati e ingiusti sospetti sull'operato di quanti indagarono e in particolare sull'operato della magistratura, esplicatosi in molteplici istanze e gradi di giudizio. E' parte - dobbiamo dirlo - è parte dolorosa della storia italiana della seconda metà del Novecento anche quanto è rimasto incompiuto nel cammino della verità e della giustizia, in special modo nel perseguimento e nella sanzione delle responsabilità penali per fatti orribili di distruzione di vite umane. Il nostro Stato democratico, proprio perché è sempre rimasto uno Stato democratico e in
esso abbiamo sempre vissuto, non in un fantomatico "doppio Stato", porta su di sé questo peso : voglio dirlo nel modo più responsabile e partecipe a quanti hanno sofferto non solo per atroci perdite personali e famigliari, ma per ogni ambiguità e insufficienza di risposte alle loro aspettative e ai loro appelli.
E' comunque importante che continui una riflessione collettiva, sullo stragismo come sul terrorismo, in uno con lo sforzo costante per coltivare e onorare la memoria delle vittime. E per entrambi gli aspetti non posso che esprimere gratitudine alle Associazioni e alle persone che garantiscono un così essenziale
impegno civile e morale. Nello stesso tempo, questo "Giorno della Memoria" ci offre l'occasione per accomunare nel rispetto e nell'omaggio che è loro dovuto i famigliari di tutte le vittime - come ha detto con nobili parole Gemma Calabresi - di una stagione di odio e di violenza. Rispetto ed omaggio dunque per la figura di un innocente, Giuseppe Pinelli, che fu vittima due volte, prima di pesantissimi infondati sospetti e poi di un'improvvisa, assurda fine. Qui non si riapre o si rimette in questione un processo, la cui conclusione porta il nome di un magistrato di indiscutibile scrupolo e indipendenza: qui si compie un gesto politico e istituzionale, si rompe il silenzio su una ferita, non separabile da quella dei 17 che persero la vita a Piazza Fontana, e su un nome, su un uomo, di cui va riaffermata e onorata la linearità, sottraendolo alla rimozione e all'oblio.
Nessun commento:
Posta un commento