Sul "Corriere della sera" ho letto una di quelle piccole notizie, che non fanno notizia, su cui mi sembra utile fare una breve riflessione.
Il Laboratorio "Revelli" ha presentato alcuni dati sul monitoraggio delle retribuzioni in Italia, facendo una ricerca sui dati Inps. Il Laboratorio "Revelli" è un centro studi, fondato nel 1999 dall'Università di Torino e dalla Compagnia San Paolo - quindi penso non possa essere accusato di simpatie sinistrorse o sinistroidi - che si occupa essenzialmente di ricerche sul mercato del lavoro in Italia e in Europa. Il dato più interessante è questo: nel periodo 1998-2004, a parità di mansioni e di orario, un lavoratore a tempo indeterminato ha guadagnato il 20% in più rispetto a un collega con un contratto a tempo determinato e il 40% in più rispetto a chi ha un contratto a "progetto".
Nella sua sinteticità questo dato rappresenta bene quello che vivono sulla propria pelle ogni giorno migliaia e migliaia di giovani - e non solo giovani - italiani. I contratti a "progetto", ben lungi dall'essere un modo per assicurare alle imprese il ricorso a manodopera specializzata, sono diventati, nella migliore delle ipotesi, l'occasione per le imprese di ridurre il costo del lavoro. Oltre al fatto che i lavoratori a "progetto" sono in genere più "ricattabili", perché sempre soggetti al rinnovo del contratto. Quello che manca è proprio la progettualità e l'innovazione, cose su cui le imprese italiane, in genere, hanno pochi mezzi su cui competere.
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