Alcuni giorni fa i sindacati del commercio di Cgil, Cisl e Uil e i delegati sindacali della Coop Estense di Modena e Ferrara hanno scritto una lettera aperta al presidente della Cei dell'Emilia-Romagna, il cardinale Caffarra, ai vescovi di Modena e di Ferrara e agli amministratori locali di quelle città sulle aperture domenicali dei negozi. Nella lettera richiamano la recentissima sentenza della Corte costituzionale tedesca che ha accolto il ricorso presentato dalle chiese cattolica ed evangelica contro la decisione di prevedere l'apertura dei negozi a Berlino durante le quattro domeniche di avvento, affermando che l'apertura domenicale viola la Costituzione. I giudici hanno argomentato la loro decisione spiegando che la domenica deve essere considerata giornata del riposo dal lavoro, non solo per motivi religiosi, ma anche per permettere il recupero fisico e spirituale dei lavoratori e la loro partecipazione alla vita sociale.
Ormai siamo così abituati ad andare a fare la spesa anche durante la domenica o a passare parte dei nostri giorni festivi nei centri commerciali, che ci facciamo sempre meno caso. Eppure solo fino a qualche anno fa non era così: il sabato si acquistava la "doppia" dal fornaio e se ci scordava qualcosa per la domenica, pazienza (magari si provava a chiedere ai vicini). Giustamente i sindacati ricordano che le aperture domenicali alla lunga non fanno aumentare la "torta" dei consumi, che rimangono più o meno gli stessi, venendo semplicemente spalmati su sette invece che su sei giorni. L'unico risultato è che le aperture domenicali tendono a favorire i grandi centri commerciali rispetto alla piccola e media distribuzione, quindi a favorire chi è è già più forte. Non aumentano i consumi delle famiglie e di conseguenza non aumenta l'occupazione - come invece sostengono le grandi catene - i lavoratori e le lavoratrici sono costretti a turni massacranti; molti di loro da metà novembre fino alla Befana lavorano tutti i giorni festivi, escluso i giorni di Natale e Capodanno, e questo sicuramente non aiuta l'equilibrio di una famiglia. In alcuni centri commerciali - lo so con certezza - la direzione avrebbe voluto aprire anche il giorno di Natale, ma soltanto alla mattina. Occorre ricordare infine che in Italia assistiamo a una forma di "federalismo" commerciale esasperato e ogni Comune decide per conto proprio, con una tendenza sempre più netta verso la deregolamentazione.
La lettera si conclude in questo modo: "Bisogna avere il coraggio di dire basta a modelli di esasperato quanto deleterio consumismo. Bisogna avere il coraggio di farlo, prima di essere del tutto sazi, ma assolutamente disperati". I non bolognesi forse non coglieranno la citazione finale; parecchi anni fa il predecessore di Caffarra, il cardinale Biffi definì Bologna "sazia e disparata", sollevando una polemica che trascese il livello pastorale per entrare nella quotidiana querelle politica. Mi pare che gli estensori della lettera abbiano colto in pieno il senso di quella forte invettiva del cardinale, che si rivolgeva alla città di cui era pastore, ma non solo. Effettivamente ormai nessuno critica un modello di vita per cui i centri commerciali sono diventati uno dei centri della vita sociale di un territorio, un modello in cui il tempo libero è diventato sinonimo di consumo, un modello che ci vede sempre più come consumatori e sempre meno come persone. Dobbiamo ringraziare i lavoratori della Coop Estense per avercelo fatto ricordare.
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