mercoledì 13 gennaio 2010

Considerazioni libere (59): a proposito di Haiti...

Questa mattina ci siamo svegliati con la notizia del terribile terremoto che ha distrutto Port-au-Prince, la capitale di Haiti. Le immagini della televisione riescono a trasmettere solo parzialmente il dramma che si sta vivendo in quel paese e che stanno vivendo le persone che hanno i propri familiari in quell'inferno.
Ora è il tempo della solidarietà internazionale, ma non possiamo dimenticare che le donne e gli uomini di Haiti non stanno soffrendo soltanto a causa di un terremoto. Haiti è uno dei paesi più poveri al mondo. Secondo i dati pubblicati nel 2009 e riferiti al 2007, Haiti occupa la 149esima posizione su 182 nella classifica dell'Indice di sviluppo umano, che viene elaborato tenendo conto dell'aspettativa di vita, dell'alfabetizzazione e del Pil procapite. Circa l'80% della popolazione vive in una condizione di povertà degradante.
Noam Chomsky ha dedicato molti studi alla storia di Haiti e in particolare al ruolo svolto in quel paese dagli Stati Uniti in tutto il secolo scorso. Riprendo alcune delle considerazioni dall'articolo che egli ha scritto per The Boston Review, tradotto e pubblicato nel nr. 816 di Internazionale dello scorso ottobre, integrandole con alcune altre informazioni che è possibile trovare in rete. Haiti fu invasa dai marines nel 1915, durante la presidenza di Woodrow Wilson, per garantire gli interessi delle industrie degli Stati Uniti minacciate dalla concorrenza di quelle tedesche. L'occupazione durò fino al 1934. Seguì un periodo di grande incertezza, a cui pose fine, a partire dal 1957 , la dittatura di François Duvalier, soprannominato Papa Doc, sostenuto in chiave anticomunista e anticastrista dagli Stati Uniti (e dalla Francia, che, da antica potenza coloniale, ha sempre mantenuto degli interessi nell'isola); la dittatura di Duvalier è stata una delle più crudeli e voraci del continente americano. Haiti fino alla fine degli anni Novanta è stata sia un mercato per i prodotti statunitensi sia una fonte di manodopera, specialmente femminile, a basso reddito per le stesse industrie di proprietà di multinazionali americane. I presidenti degli Usa, nonostante i diversi orientamenti politici, hanno sempre mostrato grande attenzione per le vicende haitiane: dopo non aver fatto nulla per difendere il presidente Jean-Bertrand Aristide - eletto democraticamente nel 1991 e deposto pochi mesi dopo dai militari - nel '94 i marines sbarcarono nuovamente ad Haiti per insediare nuovamente il presidente Aristide, che in cambio promosse una politica fortemente neoliberista, aperta alle importazioni degli Usa. Perfino in un rapporto dell'Usaid, l'agenzia degli Stati Uniti per lo sviluppo internazionale, si dichiara che questa politica ha portato al tracollo i coltivatori di riso dell'isola caraibica. I marines sono sbarcati nuovamente ad Haiti nel 2004 per deporre Aristide. In sintesi le scelte politiche ed economiche degli Stati Uniti hanno condizionato profondamente la storia di Haiti e sono una delle cause principali dell'estrema povertà di quel paese: ora è doveroso da parte del presidente Obama non solo stanziare aiuti per salvare quel popolo, ma invertire una politica, che ha considerato quel paese una colonia di fatto degli Usa.
Per finire vi consiglio una lettura, il romanzo I commedianti di Graham Greene - uno dei miei libri preferiti, come vedete nell'elenco qui di fianco - una storia ambientata ad Haiti negli anni di Papa Doc; questo libro, pur raccontando una storia di fantasia riesce a descrivere in maniera viva sia l'orrore della dittatura sia le responsabilità di chi quel regime ha voluto non vedere per tanti anni.

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