martedì 16 marzo 2010

Considerazioni libere (86): a proposito di scuola...

In questi anni il centrodestra ha avuto la grande capacità di far parlare sempre di qualcos'altro, aiutato - per riconoscere con equanimità i meriti - dal centrosinistra. Così, per fare un esempio, le discussioni sulla giustizia, sulle riforme istituzionali, sulle scelte bioetiche hanno trovato molto più spazio di quello concesso alle questioni legate al lavoro, alla scuola, alla sanità, ossia ai temi che toccano più direttamente i cittadini e di cui la politica dovrebbe occuparsi continuamente. Se ci pensate, davvero Berlusconi in questa capacità di diversione è stato bravissimo: la politica italiana ha vissuto una serie ininterrotta di mosse del cavallo, di spiazzamenti, di annunci. Tutto questo fumo è servito in parte per nascondere le tante cose che questo governo non ha fatto - ad esempio sulla pubblica amministrazione, il campo in cui il ministro Brunetta è il prototipo di questa fantomatica efficienza, fatta di annunci a cui non segue mai un provvedimento - ma è servito anche a nascondere l'arrosto, perché in diversi campi l'intervento del governo c'è stato ed è stato assai pesante.
Prendiamo la pubblica istruzione. In Italia si è sempre parlato troppo poco di scuola e in questi ultimi anni non abbiamo fatto eccezione: ricorderete certamente il dibattito sul ripristino dei voti in condotta, sull'uso del grembiulino alle elementari, sull'introduzione del maestro unico. Intanto silenziosamente, senza quel dibattito che un tema del genere avrebbe meritato, è stata riformata in maniera profonda la secondaria superiore, con effetti che vedremo soltanto tra qualche anno. Nella vulgata giornalistica, quella dei titoli di prima pagina e delle aperture dei telegiornali, è passata come una semplificazione delle scelte, ma si è trattato di qualcosa di più. Intanto c'è stato un taglio radicale nelle risorse: meno 1.650 milioni di euro nel 2010, meno 2.538 nel 2011, meno 3.188 nel 2012. Questo si traduce in meno insegnanti, meno ore di lezione, meno laboratori.
Guardiamo la riforma dei licei. Al classico si starà a scuola 27 ore nel biennio e 31 nel triennio, per una riduzione complessiva di 6.000 ore di lezione: spariscono le sperimentazioni introdotte in moltissimi istituti che hanno esteso a tutti i cinque anni lo studio della lingua straniera. E così via l'orario dello scientifico scenderà a 27 ore nel biennio e 30 nel triennio, dell'artistico rispettivamente a 34 e 35. Di fatto i nuovi licei, quello musicale e quello coreutico non partiranno nemmeno: le nuove classi saranno rispettivamente 24 e 4 in tutta Italia. Molte scuole poi hanno già di fatto eliminato la spesa per le supplenze oppure deciso di pulire i locali a giorni alterni per risparmiare sulle spese di gestione.
Vogliamo cominciare a parlarne, e non lasciare questa discussione soltanto alle rivendicazioni del personale della scuola, che rischiano di far emergere soltanto il lato rivendicatico e contrattuale, che pure è importante.
Tullio De Mauro nella sua rubrica settimale su Internazionale ha ricordato una frase di Benjamin Franklin: “An investment in knowledge pays the best dividends”. Per questo gli Stati Uniti hanno deciso di aumentare gli investimenti sull'istruzione, per questo il governo cinese sta aumentando in maniera esponenziale le risorse da destinare all'istruzione. In Italia si sta facendo una scelta diversa.

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