mercoledì 17 marzo 2010

Considerazioni libere (87): a proposito di pedofilia (I)...

Chi legge queste "considerazioni" con una qualche regolarità - non potrò mai sdebitarmi per la loro pazienza - sa che atteggiamento ho da un lato verso la religione e dall'altro lato verso la chiesa. Gli altri, se vogliono, possono leggere due mie vecchie "considerazioni", la nr. 6 e la nr. 25. In sintesi io sono un ateo, attento e rispettoso alla dimensione religiosa delle altre persone, in qualunque forma e in qualunque credo si esprima, e sono un laico che cerca di non essere anticlericale, nonostante siano tanti i punti che mi dividono dalle opinioni politiche e sociali delle gerarchie cattoliche.
Faccio questa premessa, che mi pare doverosa, perché voglio affrontare il tema della pedofilia. In questi giorni se ne parla molto e, per certi versi, credo sia un bene, perché è un problema che esiste, probabilmente più di quanto non sospettiamo, e che per troppo tempo è stato costantemente eluso e non affrontato. Come sapete, se ne parla quasi unicamente in relazione a episodi di cui sono stati protagonisti sacerdoti della chiesa cattolica. Sta passando un messaggio che tende a mettere sullo stesso piano omosessualità e pedofilia, individuando nei preti, a causa del celibato, i più facili a cadere in queste "tentazioni".
Io credo che occorra fare delle distinzioni ben nette e soprattutto che questo tema vada affrontato punto per punto.
Penso che la chiesa abbia in parte ragione quando afferma che sta montando una campagna tesa a mettere in evidenza ogni "scandalo" che avviene al suo interno; non so quali siano i motivi profondi che animano questo anticlericalismo, che si avverte in Europa come negli Stati Uniti, ma certamente esiste. Solo perché qui in Italia la chiesa cattolica è un potere così forte, capace di condizionare la vita politica e con forti legami nell'economia, non dobbiamo dimenticare che in molti paesi la chiesa è - permettetemi il termine - una forza di "opposizione", debole sul piano pratico, ma assai autorevole su quello morale, una forza che non manca di denunciare ingiustizie, ad esempio nei paesi in via di sviluppo. Forse non è un caso che si voglia minare la sua autorevolezza.
Nonostante sia sotto attacco, la chiesa a mio avviso sbaglia a cercare di minimizzare i casi, di nasconderli o peggio di sottovalutarne la portata. Evidentemente tra i sacerdoti la pedofilia esiste e occorre che la chiesa agisca con severità contro quei sacerdoti che si macchiano di queste colpe. E agisca con trasparenza, perché la chiesa è anche una grande agenzia educativa a cui moltissime famiglie affidano le loro figlie e i loro figli e un'agenzia educativa non può portarsi addosso questo sospetto, pena la perdita di credibilità sulle tante cose buone fatte.
C'è poi una questione più complessa che riguarda il capire come mai la pedofilia cresca all'interno della chiesa. Su questo riporto un brano di un articolo che Chiara Saraceno ha scritto per "la Repubblica" del 14 marzo scorso e che mi sembra illuminante (potete trovare in rete, in diversi blog, l'intero articolo, se non lo avete letto).
Non credo che la causa vada cercata solo nell’obbligo del celibato, o nella posizione esclusivamente ancillare delle donne nella Chiesa cattolica. Pedofili e maltrattatori di bambini si trovano anche tra le persone sposate. E, come ha testimoniato la vicenda irlandese, anche gli istituti retti da religiose possono diventare luoghi di abuso.
Piuttosto la causa va cercata nelle concezioni della sessualità, del ruolo della donna, della famiglia, che motivano sia il celibato sia l’esclusione delle donne dal sacerdozio. Il matrimonio è sempre visto come remedium concupiscientiae, un male minore rispetto ad una sessualità cui non si riconosce senso e valore umano, salvo che a scopi procreativi. Il corpo della donna è sempre potenzialmente impuro, rischioso e da sottoporre a controllo, sia come luogo del desiderio (maschile) che come strumento della procreazione. La famiglia è insieme necessaria (sempre a scopi riproduttivi). Ma avere una famiglia e generare figli è visto come un vincolo alla disponibilità all’altruismo. Non a caso, papa Wojtyla nel suo documento sull’amore umano, con una torsione concettuale tanto suggestiva quanto rivelatrice della tensione tutta irrisolta della Chiesa nei confronti della sessualità, scrisse che la verginità è il culmine della sessualità, perché consente una generatività che va oltre quella biologica.
Fino a che la Chiesa cattolica non avrà affrontato la questione del posto della sessualità nel suo concetto di persona umana, difficilmente riuscirà a contenere il ripresentarsi non occasionale dei fenomeni di abusi sessuali.

E' questa un'interpretazione che mi convince molto, ma su questo non voglio dire altro, perché entra in una sfera che non mi riguarda più, dal momento che non sono credente e non faccio parte della comunità della chiesa.
Questo però è soltanto un aspetto del problema e appunto sbaglieremmo a chiudere qui la nostra riflessione.

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