venerdì 19 marzo 2010

Considerazioni libere (89): a proposito della fine dell'emergenza...

Come era facile prevedere, qui in Europa di Haiti e del suo sfortunato popolo non si parla più. Ci sono altre emergenze e poi gli haitiani sono così lontani...
A onor del vero, bisogna anche ricordare che lo scorso 10 marzo c'è stato un incontro a Washington tra Obama e il presidente haitiano Preval e il primo ha dichiarato che "la situazione continua a essere molto grave". In una "considerazione" di qualche settimana fa (la nr. 65, per la precisione), concludevo la mia riflessione, dicendo che il modo con cui sapremo aiutare e ricostruire Haiti sarà la cartina di tornasole della crescita dei diritti umani nell'intero pianeta. E i problemi purtroppo stanno emergendo.
Gli Stati Uniti da soli hanno stanziato e raccolto un miliardo e mezzo di dollari, ma per ora solo una metà di queste risorse è destinata a progetti veri e propri. Naturalmente il governo statunitense è ancora in tempo per avviare nuovi interventi, ma c'è una questione che, a due mesi dal sisma, sta emergendo in maniera drammatica. Il gran numero di aiuti alimentari sta mettendo definitivamente in ginocchio la già esile agricoltura dell'isola caraibica. Preval sta chiedendo alle organizzazioni non governative di acquistare il riso dagli agricoltori locali, che sono in grado di produrlo.
Sul riso di Haiti credo sia utile aprire una piccola parentesi. Nella regione dell'Artibonite si è sempre prodotto un riso di ottima qualità, in grado di soddisfare le esigenze alimentari dell'intera isola. Quando gli Stati Uniti intervennero militarmente per deporre la giunta militare e insediare nuovamente il presidente democraticamente eletto Jean-Bertrand Aristide, il Fondo monetario internazionale impose un fortissimo controllo sull'economia dell'isola e in particolare obbligò il governo a liberalizzare il costo del riso, con l'obiettivo dichiarato di abbassarne il prezzo sul mercato. Questo ha fatto sì che Haiti diventasse un nuovo mercato per le aziende statunitensi e in particolare per la Riceland Food, una potentissima cooperativa di produttori dell'Arkansas - lo stato dove era governatore Clinton, il "liberatore" di Haiti. Il prezzo del riso statunitense, grazie anche alle sovvenzioni statali di cui godeva - e gode - l'agricoltura, fin dai tempi dell'ultraliberista Reagan, era la metà di quello haitiano e in breve gran parte dei contadini dell'Artibonite lasciò le campagne per cercare fortuna nelle periferie della capitale.
Ora, in seguito al terremoto, sarebbe necessario cambiare decisamente rotta: occorrono investimenti sulla rete di irrigazione, che da anni non riceve un'adeguata manutenzione, sull'ammodernamento delle attrezzature agricole, sulla sperimentazione di nuove qualità di prodotto. Occorre investire affinché i contadini tornino nelle loro campagne. Invece solo il 2% degli aiuti sono stati finora destinati alla ricostruzione dell'economia agricola, anche perché la pressione degli agricoltori statunitensi è ancora molto forte sul governo federale.
Ad Haiti non c'è bisogno di riso, gli haitiani devono essere messi in condizione per tornare a produrlo.

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