Non dai vetri, di là dall’Acheronte
i vostri occhi mi guardano, città,
spere di visi languidi alla fronte
rotanti nella livida fuliggine.
Sono io il vostro pianto trattenuto,
quel gemito rientrato nell’informe,
io per un attimo, io sopravvenuto:
poi la tristezza vestita altre forme.
Vivere e il sole immemore esiliato
sulle stoppie lontane intime al cielo,
vivere è ancora ciò che ci rimane
occupate le dita già dal gelo.
Nessun commento:
Posta un commento