Nella homepage di Enel si legge: "Insieme possiamo costruire il futuro sul coraggio e la responsabilità". Questo slogan - quasi un messaggio elettorale - campeggia su una foto in cui si vede una famiglia - a prima vista "regolare": padre, madre e bambino/a - andare in bicicletta attraverso un prato verdissimo, dietro a una batteria di pannelli fotovoltaici. Ci sono un insieme di messaggi positivi: l'energia alternativa, il trasporto compatibile, la tutela dell'ambiente. E' legittimo che Enel cerchi di presentarsi al meglio ai suoi clienti italiani e naturalmente ai suoi piccoli e grandi azionisti, ma sarebbe utile sapere che immagine hanno di Enel dall'altra parte del mondo, precisamente in Patagonia.
Nel 2009 infatti Enel per 11 miliardi di dollari ha acquisito la società spagnola Endesa e con essa il progetto Hidroaysen: cinque centrali idroelettriche, per 2,75 Mw di potenza installata, due nel fiume Baker e tre nel fiume Pascua, e 2.300 chilometri di linee di trasmissione necessarie a trasportare la corrente dalla XI regione, in Patagonia, nel profondo sud del Cile, alla capitale Santiago. Il Baker e il Pascua sono definiti dai geografi due fiumi “ancestrali”, perché da milioni di anni le loro acque partono dalle Ande per poi sfociare nell’Oceano Pacifico. Si tratta di un ambiente naturale unico al mondo, di grande interesse naturalistico. Le cinque dighe determineranno la formazione di altrettanti bacini artificiali che avranno conseguenze rovinose sulle risorse agricole dalle quali dipendono le popolazioni locali, oltre a destabilizzare il delicato ecosistema della regione. Sono a rischio parecchie specie di animali, ma soprattutto tantissime foreste, che sarà necessario abbattere per costruire gli elettrodotti; infatti insieme a Enel si stanno interessando al progetto due giganti cileni della carta, il gruppo Matte e l’Angelini.
Prudenza vorrebbe che si facessero studi attenti sull'impatto della costruzione di queste dighe su quel territorio, che per altro è soggetto a terremoti, come ha mostrato anche il recente sisma che ha colpito il Cile. Eppure il progetto non si ferma, dal momento che gli interessi in ballo sono altissimi. I costi dovrebbero raggiungere i 7 miliardi di dollari, per 12 anni di lavori, ma gli utili sono calcolati tra 1,2 e 1,4 miliardi di dollari all'anno: quindi il progetto Hidroaysen è in grado di coprire in poco tempo i costi, per poi garantire fortissimi guadagni negli anni successivi. Come abbiamo già visto in progetti simili, i benefici di queste opere non sono destinati a ricadere sulla popolazione: l'85% dell'energia prodotta sarebbe utilizzata da alcune industrie intorno a Santiago e dalle industrie minerarie del nord del paese.
L'Enel ha il diritto di fare queste opere, dal momento che acquistando Endesa ha anche acquisito il diritto di utilizzo dei fiumi. Infatti all'epoca della dittatura di Pinochet, il governo cileno, dal momento che la costituzione vieta che lo stato gestisca qualunque tipo di attività economica, ha privatizzato l'acqua e negli anni Endesa è diventata di fatto proprietaria dell'80% dell'acqua del Cile e in particolare del 96% dell'acqua della Patagonia cilena.
Uno dei più attivi a sostenere questa causa è il vescovo di Aysén Luis Infanti de la Mora - nato a Udine, ma che da 35 anni vive in Cile - autore di un libro dal significativo titolo "Dacci oggi la nostra acqua quotidiana". Il vescovo Infanti ha partecipato lo scorso 29 aprile all'assemblea degli azionisti di Enel, a nome di associazioni e delle comunità locali, chiedendo non solo la sospensione del progetto, ma anche la restituzione ai cileni delle concessioni delle acque. Enel ha ribadito che il progetto è nell'interesse prima di tutto del Cile e quindi prevede di andare avanti.
Sicuramente Hidroaysen sarà un grande affare per Enel, non so quanto lo sarà per i cileni.
p.s. nel sito di Enel non ho trovato notizie del progetto Hidroaysen.
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