mercoledì 14 luglio 2010

da "Come pensiamo" di John Dewey

Possiamo ricapitolare col dire che l'origine del pensiero sta sempre in una qualche perplessità, confusione o dubbio. Il pensiero non è un caso di combustione spontanea; non accade punto secondo "principi generali". Vi è qualcosa che lo occasiona e lo evoca. I comuni appelli a pensare, rivolti ad un bambino (come ad un adulto), senza tener conto della esistenza o meno, nella sua esperienza, di una qualche difficoltà che lo turbi o che alteri il suo equilibrio, sono altrettanto futili quanto, per cosí dire, l'invitarlo a sollevarsi da terra reggendosi con i lacci delle scarpe. Data una difficoltà, ciò che ne segue immediatamente è il suggerimento di una qualche via d'uscita; la formazione in via di prova di qualche piano o progetto, l'accoglimento di qualche teoria che dia ragione della peculiarità in questione, la considerazione di qualche soluzione del problema. I dati a disposizione non possono fornire la soluzione, possono suggerirla. Da dove nascono, allora, le suggestioni? Evidentemente dall'esperienza passata e dall'avere a disposizione un deposito di conoscenza rilevante. Se in passato si è avuta una qualche familiarità con situazioni del genere, se si è avuto a che fare con materiali della stessa specie, suggestioni piú o meno appropriate e capaci di venire in aiuto non mancheranno di presentarsi. Ma se non vi è stata una qualche esperienza analoga, la confusione rimane confusione. Anche quando un fanciullo (o un adulto) si trova personalmente di fronte ad un problema, è cosa assolutamente futile sollecitarlo insistentemente a pensare se egli non ha mai avuto in precedenza esperienze implicanti condizioni in qualche modo analoghe. Vi può essere, tuttavia, uno stato di perplessità e così pure una precedente esperienza dalla quale emerge un suggerimento e ciò nonostante non esserci un atto di pensiero riflessivo. Infatti si può non essere sufficientemente critici nei riguardi delle idee che vengono in mente. Una persona può arrivare di colpo ad una conclusione senza vagliare i fondamenti su cui poggia, può andare avanti o indebitamente abbreviare l'atto di indagine e di ricerca; prendere la prima "risposta" o soluzione che le viene in mente, o per pigrizia mentale, o per torpore, o per l'impazienza di raggiungere qualcosa di stabile. Si è in grado di pensare riflessivamente solo allorquando si è disposti a prolungare lo stato di sospensione e ad assumersi il fastidio della ricerca. Per molte persone, cosí la sospensione del giudizio, come la ricerca intellettuale, rappresentano una cosa spiacevole: il loro desiderio è di porvi termine il piú presto possibile. Esse coltivano un iperpositivo e dogmatico abito mentale; o forse pensano che una condizione di dubbio debba essere considerata come una prova di inferiorità mentale. Questo momento, in cui l'esame e la prova affiorano nell'indagine, segna la differenza tra il pensiero riflessivo ed un cattivo modo di pensare. Per essere genuinamente pensanti, noi dobbiamo sostenere e protrarre quello stato di dubbio che stimola ad una completa ricerca, in modo da non accettare un'idea o asserire positivamente una credenza finché non si siano trovate fondate ragioni per giustificarla.

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