Voglio tornare un momento sulla vicenda della scuola di Adro, di cui mi sono già occupato diffusamente in una mia precedente "considerazione" (la nr. 162, per la precisione).
Come ho detto, per valutare la qualità dell'offerta formativa di una scuola sono importanti gli spazi e le attrezzature, ma ancora più importanti sono la professionalità, l'impegno, la coscienza civile di chi nella scuola ci lavora, a partire dalle insegnanti e dagli insegnanti. Per questo considero un grave errore la decisione di quella famiglia che ha deciso di non iscrivere le proprie figlie alla scuola media di Adro fino a quando continueranno a esserci esposti i simboli leghisti. I bambini e i ragazzi dovrebbero il più possibile essere tenuti fuori da questa vicenda, di cui comunque dobbiamo continuare a occuparci.
Da Adro in questi giorni sono venuti due segnali, uno positivo e uno negativo. Il segnale positivo è la decisione unanime degli insegnanti di richiedere la rimozione dei simboli; chi lavora in quelle scuole ha espresso in maniera chiara la propria voce e questo è un elemento di tutela per tutti, specialmente per chi frequenterà quell'istituto.
Il segnale negativo è ancora una volta legato a una decisione dell'amministrazione comunale e riguarda la mensa. Il sindaco nel corso dell'estate ha deciso di chiudere l'Associazione promotori delle attività parascolastiche, ossia l'associazione dei genitori che da 36 anni gestiva il servizio della mensa nelle scuole del comune bresciano, per passare alla gestione diretta di questo servizio. Si tratta di una decisione assai poco lungimirante e certo non in linea con l'asserita volontà di buongoverno dell'amministrazione leghista di Adro. In quel comune da quasi quarant'anni funzionava un esempio interessante di quella che adesso chiamiamo sussidarietà e davvero non si capisce per quale motivo proprio un sindaco del centrodestra avrebbe dovuto interrompere questa esperienza. Purtroppo stavolta il sindaco Lancini non ha ragionato da buon amministratore, ma da capetto locale desideroso di tenere sotto controllo tutto quello che avviene nel suo territorio. La mensa gestita direttamente dal Comune sarà sicuramente più costosa e probabilmente anche di peggior qualità di quella gestita dall'associazione dei genitori.
Nella mensa gestita dal Comune il sindaco riuscirà a far passare due principi che non sarebbe riuscito a imporre all'associazione: quello di negare il pasto ai bambini delle famiglie che non riescono a pagare la retta e quello di imporre una sorta di menù autarchico, che non si traduce in una lodevole intenzione di privilegiare prodotti a "chilometro"; Lancini infatti ha affermato: "chi non può mangiare i nostri piatti per motivi religiosi è libero di pranzare a casa". Si tratta di una sparata propagandistica; chi lavora nella ristorazione collettiva per l'infanzia sa bene che è molto più difficile gestire le diete per i bambini che soffrono di intolleranze che sostituire le pietanze a base di maiale per i bambini di religione musulmana. Non è questione di introdurre il cous cous o piatti di altre culture - che pure potrebbe essere un interessante esperienza formativa - ma solo di usare un po' di buonsenso, quello usato finora dai genitori di Adro e di cui invece non pare dotato il sindaco, almeno in questa occasione, in cui evidentemente l'ideologia ha fatto leva su ogni altra considerazione.
Il sindaco sbaglia perché non considera che anche il momento della refezione rientra nel percorso formativo, perché si impara a mangiare con altri. Come avviene poi nella vita. Credo che peraltro questo sia anche previsto nella scuola privata a cui il sindaco ha deciso di iscrivere il proprio figlio.
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