sabato 20 novembre 2010

"Libano sud" di Michel Cassir


agonia delle parole
prima diseredate e poi frantumate
come noccioli di olive
in una macina scura
di tre spessori di omicidio
i cadaveri di bambini
non hanno né lacrime né profumi
per la loro lunga erranza
attraverso il fumo
e i fuochi d’artificio
dell’armata cibernetica
sapiente e cieca
l’amore non ha il tempo
di liberare il suo lamento
un villaggio si richiude
sull’epurazione di una città
i sopravvissuti sono fantasmi
che sfiorano la guancia
dei giovani soldati mercenari
senza saperlo
di un lontano impero
che non si dichiara mai
tanto è preoccupato
di presenza anonima
che rode ogni sussulto
di sogno o di respiro
la trappola è inaudita
ogni resistenza fuori legge
e il grande cenacolo
dell’intelligenza universale
soppesa la compassione
delle parole vuote
come una fonte
pompata fino al sangue
in cui soffoca il grido
senza parole
nell’estate duemila e sei
oltre le stazioni balneari
i musei e i siti archeologici
rigurgitanti di entusiasmo
lo spirito sembra colpire le folle
Cana Tyr Baalbek Saïda Beyrouth
sotto un velo di pudore
silenzio si sgozza la storia
e questo crea meno agitazione
di uno sceneggiato del lunedì sera

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