Ho aspettato un paio di giorni per commentare quello che è successo all'inizio della settimana, in parte perché impegnato in altre cose, ma soprattutto perché volevo farmi un'idea un po' meglio definita di quello che è successo, dentro e fuori il Palazzo. cominciamo dal fuori.
In Italia, almeno per quel che riguarda la storia della repubblica dal '45 a oggi, ci hanno abituato piuttosto male alla verità. Non sappiamo la verità su moltissimi avvenimenti, più o meno tragici, che hanno segnato la vita collettiva di tutti noi. Certo ci sono responsabilità che sono cominciate a emergere, ci sono sentenze che hanno in qualche modo accertato come si sono svolti certi fatti, poi ci sono ricostruzioni, alcune molto attendibili, altre decisamente più fantasiose. Alcuni passaggi della vita del nostro paese sono già oggetto di storia, altri sono ancora sotto la lente della cronaca. Non è un caso che in Italia sia così praticata la "dietrologia": c'è una certa tendenza nazionale a guardare dal buco della serratura, a sospettare - sempre gli altri, naturalmente - ma ci sono anche molte storie su cui esercitare questo sospetto. Pier Paolo Pasolini poteva scrivere "io so" il 14 novembre 1974 e molti di noi, certo più modestamente, pensano di sapere qualcosa, almeno hanno dei forti sospetti.
Proprio perché ci hanno così abituato a sospettare, non sono affatto convinto di quello che è successo lo scorso martedì a Roma. C'è qualcosa che non mi torna. Le violenze sono state pianificate e condotte in maniera troppo precisa per essere soltanto legate agli scoppi d'ira dei manifestanti, che pure ci sono stati e hanno influenzato l'esito degli avvenimenti. Poi mi stupisce la contemporanea presenza, e soprattutto la coordinazione, di persone che militano nei gruppi più violenti legati all'anarchia e all'estrema sinistra, con gli ultras romani, strettamente legati a tutt'altri ambienti politici. Francamente non so se c'erano infiltrati nella manifestazione, non so se la strategia delle forze dell'ordine sia stato la migliore per controllare la violenza, mi rimangono però alcuni dubbi. Soprattutto mi fa pensare la tempistica con cui si è svolto questo "attacco". Sinceramente penso che le violenze di martedì sarebbero state un efficace "piano b", se il governo non avesse ottenuto la fiducia alla Camera, cosa che non era comunque scontata, visto il livello etico di una parte dei nostri parlamentari.
In caso di sfiducia, seppur di misura, le violenze, magari ulteriormente esasperate ed esacerbate, sarebbero state un ottimo argomento per il Tg1, il Tg5 e compagnia cantante per parlare d'altro, per distogliere un po' l'attenzione dal risultato del voto parlamentare. La situazione di tensione avrebbe probabilmente sconsigliato le immediate dimissioni del governo o almeno fatto sì che ci fosse un immediato reincarico a Berlusconi. Certamente lo stato di tensione avrebbe giovato al presidente del consiglio - e al suo zelante ministro dell'interno - che avrebbe ricevuto la solidarietà e il sostegno anche di parte di quell'establishment che non lo ama (basti leggere il corsivo del Corriere della sera del giorno dopo, che pure è stato scritto dopo che il governo aveva ottenuto la risicata fiducia e le violenza erano state represse). Ripeto, non so come sia andata, ma il sospetto continua a rimanermi in testa.
Anche le scarcerazioni di ieri diventano funzionali a questo quadro, servono a ricompattare un fronte moderato e di destra che si è oggettivamente indebolito in parlamento, ma che rimane assai forte nella società.
Un'ultima annotazione sul "fuori". Sia che gli infiltrati ci siano stati sia che si sia trattato di episodi spontanei, non bisogna sottovalutare il carico di tensione e di violenza che esiste nella nostra società. E' una violenza non solo politica, anzi è molto più presente in altri aspetti della vita sociale e civile, ma è lì, pronta a esplodere; quando tanti ragazzi vedono con incertezza il proprio futuro, senza la possibilità di un lavoro stabile, questi rischi sono tutt'altro che imprevedibili.
Ora alcune brevi annotazioni su quello che è successo in parlamento. Fini ha sfidato Berlusconi e ha perso. Le opposizioni si sono accodate nella sfida a Fini e anch'esse hanno perso. Sinceramente è difficile descrivere in altro modo quello che è successo. Anch'io avrei preferito un esito diverso, ma purtroppo non è andata come speravamo. Stupiscono certi commenti dei dirigenti del Pd che hanno detto dopo il voto le stesse cose che avevano detto prima. In particolare il voto di martedì ha sancito che il governo di transizione o di responsabilità nazionale senza Berlusconi è impossibile numericamente, prima ancora che politicamente. Chi fa finta che sia ancora possibile, mente e, se ci crede, significa che non capisce molto di politica.
Il tentativo di Fini è stato generoso, ma velleitario: almeno fino a quando ci sarà Berlusconi, il centrodestra italiano ruoterà intorno a lui. Quando lui non ci sarà più forse la situazione cambierà, anche se le scorie lasciate sul campo continueranno a contaminarlo per molti altri anni.
In Italia, come negli altri paesi europei, c'è, e non da ora, un certo bipartismo: ci sono persone, che per cultura, valori, idee, interessi si collocano nel centrodestra e persona che cultura, valori, idee, interessi si collocano nel centrosinistra. Poi negli ultimi sedici anni si è imposto un un altro bipolarismo, pro o contro Berlusconi, che in parte, ma solo in parte, si configura come il primo. E' questo secondo bipolarismo che domina la vita politica e sociale italiana ed è oggettivamente un'anomalia, che non poteva essere sanata con l'iniziativa di Fini.
In mezzo alle divisioni del centrodestra ci sarebbe probabilmente spazio per il centrosinistra, ma, ancora un volta, questo non è pervenuto. Il Pd non ha le risorse per "acquistare" i vari Razzi e Scilipoti, ma questo non deve naturalmente diventare un obiettivo per questo partito; non è neppure in grado di proporre un patto di potere, per conquistare le Polidori e le Siliquini, e anche questo non un obiettivo da perseguire. Il problema è che il Pd perde pezzi perché non è chiaro cosa sia e quando si perdono i pezzi per strada è difficile avere la capacità di attrarne di nuovi.
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