E Bersani alla fine ha scritto. Ieri ha presentato un breve documento, intitolato Italia bene comune, che dovrà servire, nelle intenzioni del segretario del Pd, a essere la "carta d'intenti" della futura coalizione di governo. Al di là del merito - su cui proverò a discutere - questo documento è importante: lo dico davvero, senza ironia, stavolta. Come ho già scritto diverse volte, il centrosinistra in Italia per sperare di poter andare al governo ha assoluto bisogno del Pd e anche noi che non amiamo quel partito, che lo abbiamo criticato fin dal momento della nascita - anche se abbiamo tanti amici che lì stanno e militano - non possiamo augurarci il crollo del partito di Bersani; naturalmente speriamo possa cambiare, ma dobbiamo essere consapevoli che se il Pd non giocherà insieme a noi, nelle prossime partite non toccheremo neppure palla.
Un documento come quello presentato ieri serve a fare chiarezza, è utile per capire quali sono le posizioni del Pd e quindi per capire su cosa noi - che siamo fuori del Pd - siamo più o meno d'accordo. Quindi partiamo dalle cose positive: il documento c'è e quindi c'è una posizione "ufficiale" del partito - che fino ad ora si è caratterizzato per essere piuttosto "plurale" su molte questioni essenziali - ed è un documento breve - sui documenti brevi si può ragionevolmente discutere, su quelli troppo lunghi si finisce sempre per non discutere e di solito si scrivono molto lunghi proprio quando si vogliono evitare le discussioni - ricordate il programma di quasi 300 pagine dell'Unione nel 2006? Ed è infine un documento chiaro, dove si evitano - quasi sempre - i giri di parole sulle questioni spinose; il "quasi" è dovuto al passaggio, davvero oscuro, sui "temi che riguardano la vita e la morte delle persone". Sarebbe stato meglio evitare di parlarne, visto che sono questioni oggettivamente difficili da trattare. Il primo limite del documento è che si tratta di una "carta di valori" piuttosto che di proposte operative e sui valori è oggettivamente più semplice mettersi d'accordo. Tutti sono sostanzialmente d'accordo con il testo dei dieci comandamenti, salvo poi non applicarli nella realtà o applicarli solo al limite della propria convenienza o protestare perché gli altri non li applicano. Comunque anche sui valori ci si può dividere. L'altro limite è che questo documento viene presentato alcune volte come la "carta d'intenti" dell'intera coalizione e altre volte come le proposte con cui il rassemblement progressista si presenterà al confronto con "le forze di centro di ispirazione costituzionale ed europeista". La questione non è di poco conto: questo testo, che nelle intenzioni di Bersani e nei toni è già una mediazione, dovrà essere ulteriormente mediato nel confronto con Monti e Casini? E se sì, quali sono i punti irrinunciabili, se ci sono? Come sa anche il più scarso negoziatore prima di una trattativa si devono definire condizioni alte, in modo che ci sia spazio per mediare; qui Bersani ha già mediato di suo e quindi la trattativa, se ci sarà, rischia di essere fallimentare per il Pd.
Come dicevo, sui valori è più facile concordare, ma poi bisogna definire i dettagli e - come ripete spesso il compagno Zani - è proprio lì che si nasconde il diavolo. Il limite di questo documento è proprio la mancanza di proposte concrete e quando poi si devono scrivere le leggi o fare scelte di governo questi limiti rischiano di venire tutti fuori e non basterà il richiamo - che si fa alla fine del documento - al vincolo di maggioranza. Inoltre senza proposte concrete sarà impossibile fare una vera campagna elettorale, capace di coinvolgere le persone che, con molte ragioni, sono stufe della politica. Di fatto le uniche due proposte immediatamente traducibili in legge sono l'introduzione dello ius soli per i figli di cittadini stranieri nati e cresciuti in Italia e il riconoscimento delle unioni omosessuali. Naturalmente anche su questi punti sarà necessario capire un po' meglio, perché mi pare che autorevolissime esponenti del partito sul tema delle unioni delle persone omosessuali abbiano una posizione un po' diversa. Comunque, anche ammettendo le migliori intenzioni, come ho già spiegato in un'altra "considerazione", sostenere il riconoscimento delle unioni tra persone omosessuali è indispensabile per un partito che si voglia collocare nel campo progressista, ma non serve da solo a definire che quel partito sia effettivamente progressista, dato che questa tesi in Europa è sostenuta da esponenti di destra come i conservatori inglesi e i liberali tedeschi. Comunque vediamo il bicchiere mezzo pieno, nel documento del Pd questo riconoscimento c'è, naturalmente dovrà superare la trattativa di cui parlavo prima e non sarà facile.
Leggendo il documento si nota una prima curiosità semantica. La parola "destra" è citata undici volte, sempre per parlarne male - e su questo naturalmente concordo. Per una strana zoppia lessicale la parola "sinistra" è citata una sola volta nella formula "un patto con le forze politiche democratiche, progressiste e di una sinistra di governo", in sostanza viene usata la formula "sinistra di governo" per non scrivere il nome di Nichi Vendola. Il Pd di Bersani, come quello di Veltroni, fa bene attenzione a non definirsi di sinistra ed evita con cura questa espressione. Se ho ben capito la parola sinistra è sostituita dall'espressione "i democratici e progressisti". Sarebbe utile capire chi sono i democratici e progressisti. Immagino ci siano tutti quelli che un tempo hanno militato nel Pci e che da tempo spiegano che è il momento di superare le categorie del Novecento. Poi c'è la varia compagnia che viene dalla storia centrista: le "sante laiche", gli ex compagni di partito di Lusi, i rottamatori in servizio permanente effettivo. Poi ci sono alcuni ex-socialisti. Poi naturalmente si guarda fuori dal Pd. Immagino ci sia Vendola e parte di quella sinistra un po' gruppettara che non disdegna qualche posto di governo o di sottogoverno. E poi naturalmente c'è la "società civile", è da vent'anni che c'è, l'Italia è l'unico paese europeo dove oltre ai funzionari di partito ci sono anche i funzionari della società civile, per dirla con Gramsci la "società civile di professione". Curiosamente vedo che Bersani cita tra gli interlocutori del Pd anche gli amministratori locali, ma se sono del Pd o eletti del Pd dovrebbero già essere gruppo dirigente del partito, non interlocutori esterni. Se capisco bene non c'è Casini, la cui storia politica, da Forlani a Berlusconi, sempre con la benedizione del cardinal Ruini, non è esattamente un esempio del progressismo italico. Quindi non ci sarà Fini, di cui tutti ci siamo dimenticati che è stato segretario del Msi. Monti è democratico? Sapete che ho qualche dubbio, ma Bersani pare non ne abbia. Monti è progressista? Neppure lui si definirebbe così. Tutti loro sono appunto il "centro di ispirazione costituzionale ed europeista". Come vedete si tratta proprio di un vasto schieramento, talmente vasto che quasi quasi io preferirei rimanere fuori: sono già in tanti loro.
Veniamo a qualche altra nota sul documento. Sapete che io - che sono un vecchio polemico - mi arrabbio tutte le volte che leggo l'espressione "dobbiamo superare la storia del Novecento" e simili. In questo documento non c'è e questo già mi ha messo di buonumore, ma c'è un'altra frase interessante e a suo modo significativa: "la grandezza e la tragedia del '900 in Europa si misurano in una sola parola: la pace". E' vero che la storia del Novecento in Europa è stata una storia di guerre - guerre terribili con milioni di morti - che ha trovato un possibile sbocco nella costruzione dell'Europa unita e quindi in una prospettiva di pace, ma non si può ridurre a questo la storia europea del secolo scorso e non lo può fare un partito che, pur non definendosi di sinistra, si definisce progressista. La storia del Novecento è stata anche la storia delle conquiste del movimento operaio e socialista, l'irrompere nella storia di questo nuovo protagonista e poi la storia - più recente e comunque a quella intrecciata - del movimento delle donne. Se si cita la storia bisogna citarla bene.
Il documento è condivisibile su molti punti, in particolare il paragrafo 5, dedicato al tema dell'uguaglianza. E' fondamentale ribadire che il nostro paese è diventato negli ultimi decenni uno dei più diseguali del mondo occidentale e che esiste un problema di redistribuzione. E mi piace e mi convince l'espressione "parlare di uguaglianza significa guardare la società con gli occhi degli “ultimi”". Vorrei capire come si concretizza questo sguardo, perché da nessuna parte lo si dice. Si dice però - in fondo, negli ultimi punti - due cose significative, che varrebbero quasi da premessa e che sono davvero la coda messa dal diavolo redattore dei dettagli: la futura maggioranza dovrà "assicurare il pieno sostegno, fino alla loro eventuale rinegoziazione, degli impegni internazionali già assunti dal nostro Paese o che dovranno esserlo in un prossimo futuro"; inoltre "appoggiare l'esecutivo - (quale? il futuro? l'attuale? n.d.r.) - in tutte le misure di ordine economico e istituzionale che nei prossimi anni si renderanno necessarie per difendere la moneta unica e procedere verso un governo politico economico federale dell'eurozona". Queste due frasi ci fanno capire che la politica del futuro governo è già scritta, indipendentemente da quello che è ben scritto nei paragrafi precedenti. E non è scritta - e non lo sarà - dal governo italiano. La futura coalizione è pronta a ribaltare il tavolo, in nome di quei valori di uguaglianza, di dignità del sapere, di tutela dei beni comuni che sono i cardini di questo documento? Temo di no. L'idea, sacrosanta, che occorre assumere "il lavoro come parametro di tutte le politiche" è compatibile con le politiche della "responsabilità" che sono enunciate nell'ultimo paragrafo? Io credo di no, per quello che vediamo già ogni giorno e che vedremo ancora di più - temo - nelle prossime settimane.
C'è un ultimo punto su cui voglio soffermarmi. Il documento del Pd insiste giustamente sul problema della democrazia o meglio del fatto che si stanno restringendo gli spazi della democrazia nel nostro paese. E' importante che questo tema, quello che la democrazia può essere a rischio, sia tenuto vivo anche da un grande partito "moderato", che si candida ad andare al governo, e non solo da noi "radicali" che al governo siamo destinati a non andarci. Vorrei ricordare agli amici del Pd che insieme al problema della democrazia, che è comune a tutti i paesi europei, agli Stati Uniti e anche ai paesi in cui la democrazia è una conquista più recente, in Italia c'è un problema tutto nostro, che è quello che voglio sintetizzare con la parola "memoria" e di cui ho parlato nella mia "considerazione" di ieri dedicata al ricordo del 2 agosto. Se in Italia rinunciamo ad affrontare la nostra storia non potremo sperare di fare molti passi in avanti.
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