Non sono uno sportivo, non lo sono mai stato, non sono sufficientemente atletico e non ho spirito agonistico. Ma siccome ho ormai una certa età, ho deciso di tenermi in forma e quasi tutte le mattine faccio un piccolo giro a piedi sulle colline di Salsomaggiore. Naturalmente non tutte le mattine sono uguali, alcune mi sento meglio, la camminata procede spedita e arrivo a casa senza essere troppo stanco, mentre altre impiego più tempo e faccio più fatica. Se una di queste ultime mattine un giornalista della Gazzetta di Parma, appostato davanti alla porta di casa, mi chiedesse le ragioni del ritardo, gli risponderei nervoso, gli ricorderei comunque che la mattina precedente avevo fatto lo stesso percorso in meno tempo e alla fine probabilmente accuserei della mia scarsa prestazione il fatto che la sera prima avevo mangiato le polpette con i peperoni, con una conseguente cattiva digestione. A questo punto il solerte giornalista intervisterebbe Zaira, responsabile della preparazione delle polpette, e lei, seccata di essere stata svegliata così all'improvviso, direbbe che forse non le avevo digerite perché ne avevo mangiate due razioni e si aprirebbe quindi una polemica dagli esiti imprevedibili; io nell'intervista potrei ricordare le polpette di mia madre, che Zaira invece ha sempre trovato indigeribili e così via. Dato che nessun giornalista segue le mie gesta atletiche, io arrivo a casa, sveglio Zaira, lei mi chiede come è andata, io bofonchio qualcosa, lei capisce che non è andata bene e non mi chiede più niente, poi facciamo colazione e tutto procede normalmente. Al di là del fatto che digerisco benissimo la cucina di Zaira, penso che avrete capito il motivo per cui ho scritto questo breve apologo.
Non ho una particolare simpatia per Federica Pellegrini e per Filippo Magnini, ne apprezzo le indubbie capacità atletiche, sono contento quando vincono, ma ho l'impressione che si siano fatti un po' prendere la mano dai loro personaggi. Detto questo, credo che un atleta che partecipa alle olimpiadi abbia una certa carica nervosa, tanto più se è un campione da cui ci si aspettano risultati di un certo livello; se poi questi risultati non arrivano, alla fatica si somma la rabbia. Se si fa una domanda a questa persona appena è uscita dalla piscina è abbastanza naturale che le sue parole non siano meditate, per usare un eufemismo. Immagino che se i giornalisti avessero intervistato Magnini due ore dopo la fine della gara le sue parole sarebbero state più ragionate e probabilmente la polemica, se fosse comunque nata, sarebbe stata un po' più costruttiva. Magari avremmo potuto parlare del fatto che mentre in altri paesi il movimento sportivo nasce nelle scuole e nelle università, in Italia gli atleti degli sport "normali" devono appoggiarsi alle forze armate; ci saremmo chiesti come mai nel corso di questi dieci anni non siamo riusciti ad "allevare" nuotatori in grado di sostituire - anche se non con gli stessi invidiabili risultati - i campioni che oggi faticano, per forza di cose, a tenere il passo. Invece tutto il dibattito di questi giorni, amplificato dai mezzi di informazione, è fatto di recriminazioni, pettegolezzi, reciproche accuse: questa discussione non serve nell'immediato a rendere più sereno il clima della squadra italiano di nuoto né servirà a capire come in futuro dare nuova spinta a questo sport. Serve unicamente a dare nuova popolarità extrasportiva ai due protagonisti, ormai pronti a intraprendere la carriera dei reality show.
Al di là di quello che è successo a Londra, che dopo tutto non è molto importante, credo che questa vicenda sia il segno di cosa è diventata l'informazione nel nostro paese. E' davvero necessario raccogliere ogni minima dichiarazione di Federica Pellegrini? E' necessario raccogliere ogni minima dichiarazione di una serie di politici che in ogni luogo vadano sono inseguiti da almeno una decina di giornalisti? Se il fantomatico cronista della Gazzetta mi seguisse ogni giorno e chiedesse continuamente la mia opinione su ogni argomento, anche su quelli di cui non so nulla, finirei per dire una montagna di stupidate. Succede la stessa cosa a Bersani, ad Alfano e a tutti gli altri: non possono avere cose intelligenti da dire ogni dieci minuti; qualcuno fatica a dire una cosa intelligente ogni due giorni, ma questo è un altro problema. E allora perché dobbiamo subire questa pioggia di dichiarazioni, in cui per lo più tutti questi intervistati si citano addosso l'uno con l'altro? E' giornalismo questo? Io credo di no, eppure adesso gran parte dell'informazione è fatta così. Ti danno perfino l'impressione di farti entrare nel vivo delle cose, ma alla fine non è così; sappiamo meno cose, anche se siamo ingozzati di informazioni. Non ci sono analisi, non ci sono approfondimenti, perché queste cose costano fatica, bisogna studiare, capire, confrontare; è molto più facile mettere il microfono davanti alla bocca di X e sperare che quello dica che Y è uno stronzo. Allora sicuramente Y dirà che il vero stronzo è X e così si possono scrivere alcune decine di articoli e confezionare altrettanti servizi televisivi, tra cui quello immancabile in cui si deplora lo scadimento dei costumi. Infatti nella vicenda di Pellegrini e di Magnini le migliori penne si sono esercitate proprio su questo tema, ossia sull'inopportunità di rilasciare dichiarazioni di quel genere. Siete davvero di un'ipocrisia farisaica: siete stati voi, con il vostro pressapochismo, a provocare le dichiarazioni che ora condannate.
Poi, come è noto, la stupidità è contagiosa e la rete è un terreno fantastico per diffondere ogni tipo di stupidaggini. Così le persone che prima si limitavano a fare dei commenti idioti al bar, avendo al massimo un'audience di dieci persone - che peraltro li ascoltavano con sufficienza perché sapevano benissimo di ascoltare un idiota - ora hanno la possibilità di diffondere le loro idiozie in rete e i soliti pigri e incapaci che scrivono sui giornali e parlano in televisione danno voce a queste stupidate, spacciandole come la voce dell'opinione pubblica. Alcuni teorizzano perfino che sia un esercizio di democrazia: no, sono sempre le stesse stupidate dette nei bar e che lì avrebbero dovuto rimanere. La rete ha contribuito non poco allo scadimento dell'informazione, anche se come al solito il problema non è nel mezzo in sé, ma nell'incapacità di chi lo usa. Quante volte vi è capitato di leggere su un sito una breve di cronaca e poi leggere quello che dovrebbe essere un approfondimento, in cui si ripetono alla lettera le stesse cose dette nel lancio precedente, senza aggiungere nulla? Sono state aggiunte solo delle parole, ma nessuna informazione. La velocità dell'informazione è un altro di quei terreni su cui si misura l'ignoranza di chi fa questo mestiere. Non è necessario essere i primi a dare una notizia, se poi quella notizia non è vera. In Italia ancora si discute se Tito Stagno diede in anticipo di qualche minuto la notizia dell'allunaggio; forse sì, ma stiamo parlando di un avvenimento unico - unico davvero - e comunque l'allunaggio ci fu. E' proprio necessario essere i primi a mettere sul proprio sito la fotografia dell'attentatore di Burgas, anche se fosse stato lui?
Mi rendo conto che quando si critica l'informazione il terreno è scivoloso, perché ci sono quelli sempre pronti ad approfittarne. In questi giorni autorevoli esponenti politici hanno sostenuto che la crisi è responsabilità dei giornali che l'hanno raccontata e ci ricordiamo ancora che qualcuno diceva che la mafia esisteva perché c'erano artisti e giornalisti che la raccontavano. La crisi e la mafia esistono per conto loro e per fortuna che ci sono giornalisti che ne parlano, in maniera non omologata. Purtroppo c'è tanta informazione - la maggioranza - sciatta, fatta male, che non cerca la notizia, ma solo la polemica. Uno dei motivi della crisi italiana - e non tra i secondari - è proprio questo modo di fare informazione che, quando va bene è inutile, ma che il più delle volte è dannoso. Ci sarebbe poi da aprire un capitolo sull'incapacità di scrivere in corretto italiano dei giornalisti, ma francamente questa mi pare ormai una battaglia perduta.
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