Questa crisi, in queste forme e con questi tempi, oggettivamente non era né inevitabile né prevedibile; chi dice il contrario è in malafede ed è comunque ostile alla sinistra. Non era neppure auspicabile, se non ancora da chi da sempre e per sempre osteggia questa parte dello schieramento politico, la nostra parte. Però i segnali c'erano ed è stato un nostro errore non coglierli. Uso volutamente il noi, non per malriposta immodestia, ma perché mi sento in qualche modo parte dei responsabili e sarebbe facile adesso dire che "loro" hanno sbagliato tutto, "loro" se ne devono andare. Come sapete io non mi sono mai iscritto al Pd, l'ho spesso criticato, in alcune occasioni non l'ho votato, ma l'ho votato alle ultime elezioni, perché mi ero convinto - e nulla mi ha fatto cambiare idea - che anche il mio voto fosse utile, in questa particolare circostanza, in questo definito passaggio storico. Io sono un uomo di sinistra, rimango tale e per questo non posso essere contento se nel maggior partito del mio schieramento, quello per cui ho votato, succede quello che vediamo in questi giorni e in queste ore. Per questo ho scritto a caldo su Twitter, immediatamente dopo l'annuncio delle dimissioni di Bersani, che non voglio unirmi al coro dei detrattori. Mi piacerebbe dare una mano, tra i ricostruttori.
Fatta questa necessaria premessa, credo che il nostro primo errore sia stato quello di non aver capito - o di non aver capito fino in fondo - perché il Pd e i suoi alleati, nonostante le condizioni fossero favorevoli, anzi favorevolissime, hanno perso le elezioni. Secondo me i motivi sono sostanzialmente due e su questo davvero mi piacerebbe confrontarmi con voi. Il primo è essenzialmente politico: l'errore fondamentale del Pd è stato quello di permettere, nel novembre del 2011, la nascita del governo di Mario Monti, un governo profondamente di destra, che ha duramente acuito la crisi sociale ed economica di questo paese. Su questa questione sono intervenuto molte volte - fin troppe - e non voglio rimarcare un mio giudizio noto. Poi siccome il Pd è - nonostante le ironie di questi giorni - un partito serio, Bersani ha sostenuto con rigore, con disciplina e con responsabilità il governo, anche quando il centrodestra si è sfilato, riuscendo ad attribuire al Pd tutte le colpe di questo esecutivo, che - per inciso - in questo vuoto di potere continua a far danni e quindi sarebbe ora di mandare a casa. Il secondo motivo per cui abbiamo perso le elezioni è stata l'incapacità - e in questo caso sì c'è stata anche un po' di ostinazione - a lanciare messaggi verso quei cittadini che hanno votato per il Movimento Cinque stelle sull'onda dell'antipolitica. Io per più di cinque anni della mia vita ho fatto di lavoro il funzionario di partito, ho avuto la fortuna di conoscere centinaia di compagne e di compagni che hanno dedicato energia, intelligenza, tempo e denaro al partito, per cui quando sento certi discorsi di Grillo e dei suoi emuli o leggo certi commenti qualunquisti nelle rete mi prudono le mani, li vorrei mandare a quel paese, eppure capisco che il loro malessere è anche figlio di una nostra incapacità a far prevalere il bello della politica. Io so che Bersani ha ragione quando difende il finanziamento pubblico ai partiti, ma questa linea adesso è indifendibile, perché troppi abusi sono stati commessi, dagli altri soprattutto, lo so; ma adesso paghiamo anche le loro colpe. Non c'è nulla da fare. Capisco che affrontare questi due nodi sarebbe stato molto difficile per il Pd, probabilmente lacerante, perché il Pd è nato da un lato con l'ambizione di superare le forme tradizionali del riformismo italiano, quello socialista e quello cattolico, per creare un riformismo di tipo nuovo, e dall'altro lato con la prospettiva di fare un nuovo partito. Temo che nessuno dei due risultati sia stato raggiunto; a me pareva impossibile già allora e mi sono fatto da parte, altri che ne erano convinti ci hanno provato con passione, ma mi pare che alla fine il risultato di oggi ci dica che anche questo generoso cammino si è interrotto. Tanto che qualcuno, come Barca, ha già provato a immaginare qualche altra strada e penso che anche altri lo stiano facendo, in una direzione o nell'altra. Per me, nel mio piccolissimo, sapete che andrò dove si ricostruirà, se si ricostruirà, un partito di ispirazione socialista.
In questa "considerazione" non vorrei calcare troppo la mano su quello che è successo, sinceramente non ci aiuta. Ha fatto bene Bersani ad annunciare le sue dimissioni, credo dovrebbero farlo anche altri; in molti, in troppi, si sono mossi in maniera autonoma, o perché sinceramente non condividevano la linea o perché hanno approfittato delle condizioni del momento. Si potrebbe parlare della sospetta duttilità di Renzi e della sua velocità a cambiare posizione a seconda di dove tira il vento, come del silenzio pesante di D'Alema, che pure ha un suo disegno o alcuni immaginano abbia e forse non ce l'ha. Questa però è una discussione che non ci fa fare un passo avanti, perché non affronta il nodo, ossia chi siamo e cosa vogliamo fare. Non è una questione da poco, è più semplice dire che questo è str... e quello pure, ma è di questo che bisogna parlare oggi, già oggi.
In genere, quando arrivi davanti al sindaco o al prete e questo ti chiede se vuoi sposare proprio quella persona lì, dici di sì, non ci stai a pensare. Ho l'impressione che ai nostri parlamentari stia succedendo qualcosa di simile. Il momento è solenne, tutti ti stanno osservando, anche se pensano al pranzo o guardano l'orologio, perché hanno altro da fare, e tu non sai esattamente cosa rispondere: ti vuoi proprio sposare? e proprio con questa persona? Fuor di metafora, dopo quello che è successo in questi giorni, a questo punto scegliere Rodotà vuol dire fare una scelta che ci impegna - e impegna il Pd o quel che ne rimane - in una direzione abbastanza precisa. Vista la crisi politica e visto che in questi anni c'è stata una riforma costituzionale non scritta che ha spostato pesi e contrappesi istituzionali a favore della presidenza della Repubblica, la scelta di questi giorni non può essere neutra. Non lo era Marini, non lo era Prodi, non lo sarà Rodotà. Personalmente è la direzione che imboccherei, provando a far fare un po' di strada a questa legislatura, con un accordo tra un pezzo di Pd e il Movimento Cinque stelle. Se ci fossero i numeri, sarebbe un tentativo da fare. Un parte dell'Italia ce lo chiede. Se però sarà così, allora in tanti dovremo impegnarci a fare in modo che questa possibilità abbia le gambe per andare avanti, non basterà scrivere un messaggio su Facebook o andare in piazza con un megafono: ci sarà da lavorare, ventre a terra.
d'accordo, meglio governare con Grillo checon il caimano
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