Strenna, sost. f.
Partiamo dall'etimologia, che in questo caso è particolarmente interessante.
I Romani chiamavano strena il regalo di buon augurio che i clientes portavano al loro patronus - e in seguito i cittadini all'imperatore - in occasione delle solennità, specialmente nelle calende di gennaio. La parola è molto antica, di origine sabina. Si racconta che il primo dell'anno i Sabini regalarono al loro re Tazio alcuni ramoscelli recisi nel bosco sacro dedicato a Strenua, dea della forza - da cui l'aggettivo strenuo e l'avverbio strenuamente. Il regalo gli fu così gradito che lo volle ad ogni inizio d'anno; e quindi la tradizione passò a Roma, quando Tazio divenne re della città insieme a Romolo, dopo il ratto delle Sabine.
Strenna è quindi il regalo di fine anno, di buon augurio. L’agenda, ogni anno sempre più sottile, che ci regala la banca e il calendario di cui ci fa omaggio il macellaio rientrano a pieno titolo in questa categoria. Banche e macellai ci augurano lunga vita e prospera fortuna, affinché possiamo continuare a essere loro clienti.
Con il passare dei secoli, non si è perso neppure l’uso di fare un regalo al proprio patronus.
Poco più di un anno fa è balzato agli onori delle cronache un tal Franco Fiorito, pingue discendente di quei Sabini che contribuirono a fondare l’Urbe.
Immaginate il via vai di clientes che nelle passate festività – prima che il nostro eroe cadesse in disgrazia – si sono recati nella sua bella casa di Anagni, recando strenne di ogni genere. In prima fila c’erano i suoi fornitori di generi alimentari: un cliente del genere, con un tale appetito, facevano bene a tenerselo caro e sperare che potesse continuare ad avere uno stipendio adeguato alla sua atavica fame. Poi c’erano quelli che, grazie a lui, erano stati assunti in qualche azienda pubblica e quelli che da lui erano stati raccomandati per qualche prebenda. Seguivano quelli che lui aveva aiutato, nella sua magnanimità, a trovare un posto all’ospedale o a cui ha reso meno lunga l’attesa per una tac. E poi c’erano quelli a cui ha permesso di costruire, saltando complicate pastoie burocratiche, dei condomini ad Anagni e anche quelli che in quelle case sono andati ad abitare. E naturalmente c’erano quegli imprenditori che hanno potuto costruire i loro nuovi capannoni in aree vincolate, senza sottostare ai pareri delle varie autorità di controllo, e gli operai che lavoravano in quelle fabbriche. Se poi aggiungiamo tutti i familiari avrete chiaro il movimento di clientes, che probabilmente in queste festività hanno già portato la loro strenna ad un nuovo patronus.
Certe tradizioni, come vedete, sono dure a morire.
A proposito, auguri…
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