venerdì 16 maggio 2014

Verba volant (91): barba...

Barba, sost. f.

Questa è una parola dall'etimologia incerta. Secondo il Pianigiani il termine latino deve in qualche modo essere collegato alla radice bhar del sanscrito antico, che significa portare, in quanto "ciò che l'uomo porta al mento"; l'etimologista ricorda anche un'altra parola del sanscrito, barbaras, che significa chioma lanosa.
Come noto, l'apparizione della barba segna nel maschio il passaggio dall'adolescenza alla virilità ed è uno dei cosiddetti caratteri sessuali secondari maschili. L'attesa del momento fatidico in cui spuntano i primi timidi e radi peluzzi sul mento è un ricordo comune a molti di noi maschietti, così come i primi tentativi di raderci, imitando i nostri padri.
Curiosa è la storia del rapporto tra noi uomini e la barba, già dal mondo antico. Mentre gli antichi Egizi consideravano il radersi un dovere religioso, oltre che un’utile pratica di igiene personale, i popoli mesopotamici consideravano la barba lunga, accuratamente pettinata, un segno distintivo della dignità regale. Nell’antica Grecia la barba venne considerata un segno di forza e di virilità, anche se durante l’età macedone si diffuse l’uso del rasoio, tanto che le immagini di Alessandro il grande sono tutte rigorosamente senza barba.
La barba è rimasta un attributo tipico dei filosofi. Probabilmente proprio dall’iconografia del filosofo è derivata, nell’arte paleocristiana, la figura di Gesù barbuto, mentre nelle immagini più antiche era imberbe. Anche il Dio dei cristiani è solitamente rappresentato con una fluente barba bianca - così come Zeus prima di lui - e in genere questo è diventato un attributo di saggezza, legato alla senilità e all’esperienza, più che di virilità.
Io sono uno di quelli che si è lasciato crescere la barba per pigrizia, anche se poi ho visto che mi serviva per dimostrare qualche anno in più, cosa di cui a quel tempo avevo bisogno, per sembrare più autorevole, avendo in genere a che fare con persone più “grandi” di me. Ovviamente non è la barba che ti fa essere rispettato – e non ti fa diventare neppure un filosofo, anche se qualcuno se l’è lasciata crescere con questo scopo precipuo – ma io continuo a tenerla, anche perché mia moglie mi ha conosciuto così e mi ha scelto così. E tanto basta ormai, visto che ho definitivamente rinunciato a diventare saggio e autorevole. E tantomeno filosofo.
Immagino che in questi giorni avrete visto qualche immagine di Conchita Wurst, la vincitrice austriaca dell’European song contest - quello che noi nostalgici continuiamo a chiamare Eurofestival. Conchita indossa abiti da donna, è pettinata e truccata come una donna, soprattutto canta come una donna, ma porta la barba. E riesce, nonostante questo piccolo particolare, a essere attraente come una donna.
Conchita Wurst è all’anagrafe Thomas Neuwirth, un giovane cantante austriaco, che qualche anno fa, dopo essersi esibito in abiti maschili (e senza barba), ha creato il personaggio di Conchita, una drag queen dalle forme sinuose e dalla barba curatissima. Sono passati cinquant’anni esatti da quando in questa manifestazione vinse la nostra Gigliola Cinquetti e oggettivamente da allora sono cambiate parecchie cose.
Devo ammettere che quando ho visto Conchita durante la semifinale di giovedì scorso la mia prima impressione non è stata particolarmente positiva, anzi ho provato un po’ di fastidio: mi è sembrata una scelta fatta ad arte per stupire, per fare parlare di sé, per fare diventare fuori dell’ordinario un personaggio che, senza la barba, probabilmente non ricorderemmo più, come avviene per la stragrande maggioranza dei cantanti di quella competizione. Ho avuto l’impressione, sgradevole, di un fenomeno da circo, usata - e sfruttata - come la “donna scimmia” del capolavoro di Marco Ferreri del ’64, lo stesso anno di Non ho l’età. Poi la mia idea è radicamente cambiata e sono stato molto contento, nella finale di sabato, che abbia vinto proprio lei l’European song contest, nonostante la mia canzone preferita fosse quella del concorrente, anche lui con la barba, della Svizzera.
Io non so se Thomas sia un furbetto che in questo modo è riuscito a ritagliarsi i suoi quindici minuti di fama e comunque, anche se fosse soltanto questo, credo abbia fatto un buon servizio all’Europa. Le reazioni sdegnate dei tanti benpensanti basterebbero da sole a farmi stare simpatica Conchita.
In particolare nei paesi dell’Europa orientale, Conchita è stata vista come uno scandalo. I bielorussi stavano per ritirare il loro concorrente, un personaggio di cui s’è persa memoria, e in Russia ci sono state reazioni vibranti. Il vicepremier di quel paese ha detto:
Il risultato di Eurovision ha mostrato ai sostenitori dell’integrazione europea il loro futuro europeo… una donna barbuta.
Si sa che in genere i vicepremier non li scelgono tra i più intelligenti - pensate all’Italia - ma l’affermazione è stata forte, così come quella di un leader nazionalista, che ha rimarcato:
È la fine dell’Europa. Loro non hanno più uomini e donne, hanno ”questo”.
E’ vero, noi abbiamo Conchita, e ne dobbiamo essere orgogliosi, in barba agli omofobi di tutto il mondo, e ce la dobbiamo tenere cara. Quasi sempre questi giudizi vengono dati da uomini seri, magari con la barba, segno evidente che gli antichi si sbagliavano: la vecchiaia non è sempre sinonimo di saggezza. Che barba questi vecchi omofobi!
Io sono contento che l’Europa sia “questo”.
Francamente credo sia stata più volgare di Conchita l’esibizione di molte altre partecipanti al concorso, tutte ugualmente belle, tutte ugualmente svestiste, tutte ugualmente provocanti. Ovviamente non ce l’ho con loro, fanno il loro mestiere, ma con chi le “alleva” e le fa esibire così, sfruttando soltanto la loro bellezza e la loro sensualità.
Conchita ha spiegato in un’intervista che ha deciso di usare questo nome d’arte, perché in tedesco la parola wurst viene utilizzata in sostituzione dell’espressione non me ne importa niente. Cos’è esattamente Conchita? Un uomo? una donna? un uomo che si veste da donna? una donna che si fa crescere la barba? Se a lui/lei non importa, non dovrebbe importare neppure a noi; Conchita ci insegna che la cosa importante sono le emozioni.
Che sia Conchita la filosofa della nuova Europa? La barba ce l’ha.

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