lunedì 14 luglio 2014

Verva volant (104): garantismo...


Garantismo, sost. m.

Io ho imparato ad essere garantista grazie a un film e ad una serie di articoli dell’Unità.
Cominciamo dal film. La parola ai giurati - Twelve Angry Men, in originale - è stato il primo lungometraggio di Sidney Lumet del 1957. Cerco di rivederlo sempre quando lo trasmettono in televisione e spero l’abbiate visto anche voi.
Il film racconta la seduta di una giuria chiamata ad esprimersi su un caso di omicidio. La vicenda è apparentemente semplice: un uomo viene trovato morto in casa sua con un pugnale nel petto e il primo sospettato è il figlio, le cui liti con il padre erano molto frequenti. Il ragazzo è membro di una gang, è il colpevole ideale, e tutte le prove sembrano confermare che sia stato proprio lui. I membri della giuria sono convinti che il ragazzo sia colpevole, non sembra neppure necessario discuterne, tanto forte è l’evidenza dei fatti. Però uno dei dodici giurati - uno splendido Henry Fonda - getta un granello di sabbia nell’ingranaggio e dichiara di avere un ragionevole dubbio sulla colpevolezza del ragazzo e chiede di discutere nuovamente il caso. Il film è in sostanza la storia del modo in cui il giurato n. 8 convince gli altri undici suoi compagni che quel ragionevole dubbio esiste, sfidando le loro pigrizie, i loro pregiudizi, i loro rancori, i loro preconcetti. E proprio perché quel ragionevole dubbio esiste, il ragazzo non può essere condannato.
Parecchi anni fa, quando l’Unità non viveva la crisi in cui si trova in questi giorni - una crisi cominciata molto tempo fa e che temo purtroppo sia arrivata adesso al punto finale - tra i collaboratori del giornale c’era Mario Gozzini. Il politico e giornalista fiorentino aveva una rubrica settimanale in cui affrontava in particolare i problemi della giustizia. Gozzini ha legato il suo nome alla legge dell’86, grazie alla quale nel nostro paese si è affermato il principio della prevalenza della funzione rieducativa della pena.
Garantismo era allora una parola di sinistra, tanto che il Movimento sociale fu l’unico partito che votò contro alla legge proposta dal senatore del Pci. Anzi negli anni successivi fu sempre la destra ad accusarci di essere troppo lassisti, di essere buonisti, come si cominciò a dire, con un brutto neologismo. Anzi cominciò a passare l’idea che la sinistra per essere “moderna”, per sfondare al centro - soprattutto quando si affermò lo strano bipolarismo italiano - in sostanza per vincere, dovesse essere meno garantista. I sindaci del centrosinistra ad esempio assunsero come modello molto più Rudolph Giuliani e la sua tolleranza zero, piuttosto che le teorie garantiste di Gozzini, su cui pure anche loro si erano formati.
Legge e ordine divennero in qualche modo parole di sinistra. O almeno, anche parole di sinistra. Poi, quasi per un curioso contrappasso, fu la destra a sventolare la bandiera del garantismo, in particolare dopo che il leader indiscusso di quello schieramento cominciò ad essere oggetto di indagini: la storia è fin troppo nota perché io la racconti ancora una volta in questa sede. Il garantismo di Berlusconi è però qualcosa di molto diverso dal garantismo di Gozzini. E anche dal garantismo di Sidney Lumet. E’ il garantismo dell’impunità, per chi ha il potere e i soldi. E’ il garantismo dell’ingiustizia.
Ho visto che in questi giorni il novello leader del Pd ha rivendicato di essere garantista e di esserlo sempre stato - e il suo partito con lui - commentando la vicenda di Vasco Errani. Al di là del merito - personalmente anch’io credo che l’ormai ex presidente dell’Emilia-Romagna sia penalmente innocente e mi auguro riesca a dimostrarlo - trovo un po’ sospetto l’affanno con cui Renzi si è affrettato a dichiarare la sua fede garantista, peraltro verso una persona che non ama, che ha contribuito a isolare e che è ben felice di sostituire con un suo uomo di fiducia. Mi viene il sospetto che il cosiddetto patto del Nazzareno abbia un addendum segreto sulla giustizia, che presto ci sarà rivelato, e che, ancora una volta - come sta accadendo con le riforme istituzionali - ci farà digerire quello che fino a qualche anno fa ci pareva indigeribile.
A Renzi e al Pd interessa limitare l’autonomia della magistratura, in particolare di quella inquirente, magari sottomendola al potere esecutivo - in questo sarebbero perfettamente esauditi i desiderata di Berlusconi, ma anche quelli del Piano di rinascita nazionale di gelliana memoria. A Renzi e al Pd non importa nulla - al di là di qualche efficace e retorica petizione di principio - della condizione dei detenuti o delle difficoltà di applicare davvero i principi della legge Gozzini, che sono sempre più disattesi nelle carceri italiane, dove stanno ormai solo i poveri cristi, colpevoli o innocenti poco importa, che non possono pagarsi un avvocato abbastanza bravo da farli uscire.
Diceva Mario Gozzini:
Il pianeta carcere con i suoi abitanti non può essere considerato qualcosa di siderale, di «totalmente altro» da noi che ne stiamo fuori. È una parte della società che, a causa dei suoi comportamenti antisociali, dei reati commessi violando le leggi, sconta la pena inflitta al termine di un processo non solo legittimo, ma doveroso, inderogabile. Dunque la società libera non può lavarsene le mani come se non la riguardasse, deve, al contrario, farsene carico. Non ci si può limitare a chiedere che i rei siano posti in condizione di non nuocere più: ci si deve innanzitutto interrogare se del reato commesso non esista una responsabilità collettiva, sia pure indiretta, in quanto non abbiamo saputo intervenire in tempo per risolvere un disagio e prevenirne le conseguenze criminose, perché la prevenzione, di cui tanto si parla, non è delegabile interamente agli organi di polizia, è compito di tutti.
Ecco, per riformare la giustizia, io partirei da qui. E dal giurato n. 8. Piuttosto che dalla coppia di fatto Renzi-Berlusconi.

Nessun commento:

Posta un commento