Sembra che tanti in questi giorni si siano accorti, come all'improvviso, che a Roma ci sono moltissime puttane. E non mi riferisco a tutti quelli che hanno tradito i loro ideali - spesso anche i loro amici - e che hanno venduto la propria coscienza e qualunque altra cosa si potesse vendere, per un seggio parlamentare o per un posto in Rai o per un qualche incarico nel sottobosco ministeriale; a tutti costoro ormai ci siamo assuefatti. Dico proprio le puttane, quelle che stanno lungo le strade, che ci forniscono un servizio che viene più o meno congruamente retribuito. Anzi pur essendo una delle tante categorie di lavoratori atipici di questo paese, sono tra le poche che vengono ancora pagate, a differenza di molti altri lavoratori che pare debbano lavorare gratis. Anche a loro però - come a tutti noi - non è garantita alcuna previdenza.
Comunque sia, tanti intellettuali, giornalisti, commentatori e compagnia cantante della nostra capitale hanno scoperto che nella loro città ci sono le puttane, dal momento che l'amministrazione comunale ha detto che sperimenterà, a partire dal mese di aprile, la creazione di una specie di zona "a luci rosse", dove la prostituzione sarà tollerata. A dire la verità la prostituzione adesso è "tollerata" in tutta la città di Roma, come in tutte le altre città italiane, piccole e grandi, proprio perché facciamo finta che non ci sia. L'ipocrisia di tutti quelli che in questi giorni si sono detti contrari a questa proposta mi ricorda quella di certi sussiegosi giornali di provincia, i cui direttori tuonano in prima pagina contro la prostituzione, mentre l'ultima pagina raccoglie - ovviamente dietro pagamento - sotto l'innocente titolo "annunci personali", una serie di inviti, spesso piuttosto espliciti, a provare i servizi di questa o quella "signorina". Forse quei direttori sono così ingenui da credere che parte del loro stipendio venga pagato da persone che fanno davvero i massaggi o che cercano, con sempre meno speranza, l'anima gemella; oppure non leggono tutto il giornale che dirigono.
Al di là dei commenti di tutti questi, che fanno finta che il problema non ci sia e che anzi la creazione di una zona "a luci rosse" favorirebbe la prostituzione - una stupidata colossale detta da chi evidentemente ignora, e vuole ignorare, i numeri di questo fenomeno - questa decisione ha alcuni aspetti positivi, per quanto limitati. L'obiettivo dell'amministrazione è quello, attraverso il lavoro di alcune squadre di operatori sociali, di effettuare controlli sanitari, di distribuire preservativi e soprattutto di evitare infiltrazioni da parte dei cosiddetti "protettori". Un compito improbo, che evidentemente non è realizzabile in un'area molto vasta, sostanzialmente grande come la città, ma che può essere tentato in una zona più delimitata. Si tratta della logica della riduzione del danno e se in questo modo anche soltanto poche ragazze potranno essere aiutate, saranno comunque soldi pubblici spesi bene.
Ovviamente non è con questa proposta che si combatte lo sfruttamento. Le giovani donne di tanti paesi poveri continueranno a essere vendute, spesso dalle loro famiglie, a mercanti di schiavi che le faranno arrivare qui, nell'evoluto e ricco Occidente, per buttare i loro corpi sul mercato. E quindi il discorso ritorna inevitabilmente - come sempre succede - sulle ingiustizie del mondo e su quello che possiamo fare per combatterle. E questa lotta è quello che dovrebbe dare il senso alla nostra vita.
La tratta degli esseri umani è dopo il commercio illegale di droga e di armi la terza voce del "fatturato" della grande criminalità internazionale. E quindi bisogna necessariamente lavorare sulla repressione del crimine. Eppure lo spaccio di droga è considerato un allarme sociale, perché tanti ragazzi sono vittime di questo mercato, mentre non c'è lo stesso allarme contro la prostituzione, forse perché i padri di quegli stessi ragazzi ne sono clienti soddisfatti. Un drogato è una persona a cui non affideremmo sicuramente i nostri risparmi, mentre non ci importa che il direttore della nostra banca vada regolarmente a puttane. Un drogato è una persona a cui non affideremmo la nostra salute, mentre non ci importa che il primario che ci ha in cura vada regolarmente a puttane. Un drogato è una persona a cui non affideremmo l'educazione dei nostri figli, mentre non ci importa che il loro professore vada regolarmente a puttane. Non ci importa neppure che i nostri politici vadano regolarmente a puttane; lo sappiamo per certo, ma in fondo non ci interessa. Forse perché anche noi andiamo regolarmente a puttane. E quindi siamo solidali, e complici.
Ormai parecchi anni fa Peppino Impastato, per combattere non tanto la mafia, quanto l'atteggiamento di complice acquiscienza dei suoi concittadini verso le persone che aderivano alle cosche, urlava: la mafia è una montagna di merda. Il suo grido scosse le coscienze di molti giovani, perché finalmente qualcuno diceva qualcosa che nessuno fino ad allora aveva avuto il coraggio di dire. Ecco io credo che noi dovremo cominciare a dire che chi va a puttane è una montagna di merda, o se preferite che i maschi che vanno a puttane sono pezzi di merda. Credo possiate sbizzarrirvi negli insulti: la nostra lingua lo permette.
Poi dovremo finalmente insegnare ai nostri figli, maschi - purtroppo il problema sta lì, perché sono i maschi che vanno a puttane - a vivere meglio, con maggiore consapevolezza, la propria sessualità, ovviamente nel rapporto con le altre persone. Perché è anche in questa debolezza, in questa mancanza di educazione, che si crea il bisogno di andare a puttane. In questa idea perversa che tutto si può comprare. Ma prima dobbiamo dire che andare a puttane fa schifo e che ci va fa schifo.
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