Vittima, sost. f.
Secondo l'etimologista Otorino Pianigiani ci sono diverse ipotesi per spiegare l'origine di questa parola. Potrebbe derivare da victus, ossia vitto, perché si trattava appunto del cibo offerto agli dei; oppure potrebbe essere legata al termine victoria perché gli antichi immolavano agli dei affinché questi li aiutassero a vincere le battaglie e, una volta ottenuta la vittoria, erano proprio i vinti le prime vittime dei loro sacrifici; infine potrebbe essere collegata al verbo vigere, ossia essere forte, perché venivano sacrificati gli animali più robusti, migliori, per compiacere in questo modo gli dei. Fortunatamente non esiste nessun dio e, se esistesse, non si curerebbe affatto di queste nostre inutili offerte.
Oggi voglio parlarvi di una vittima, il cui sacrificio è stato certamente inutile e l'etimologia mi viene davvero in aiuto. Ashley era certamente migliore dell'uomo che l'ha uccisa, che forse lo ha fatto proprio perché si è sentito più debole di quella donna indipendente e libera. Ashley era certamente migliore di molti di quelli - per lo più maschi - che hanno parlato e scritto di quell'omicidio. Perché Ashley è stata non solo la vittima di quell'uomo che l'ha uccisa, ma è stata soprattutto la vittima di un'ipocrisia diffusa, di una morbosità pornografica imperante nei mezzi di informazione. Se la vittima di quella tragica notte di sesso fosse stato il maschio, i commentatori avrebbero certamente accusato la donna, colpevole di aver eliminato quell'uomo che l'aveva voluta solo per una notte; quel maschio sarebbe stato presentato come un dongiovanni, un donnaiolo, ma nessuno avrebbe scritto se l'è andata a cercare. Ashley invece è colpevole anche se è stata uccisa, perché evidentemente una donna, per di più fidanzata, che si porta a letto un uomo, per di più nero - e irregolare ricordano i leghisti - solo per una notte, in fondo è un po' zoccola e quindi lei se l'è andata a cercare, come molti hanno pensato, o almeno non è stata prudente, come molti altri, più ipocriti, hanno scritto. Niente candele sui social per una così, niente di quelle forme di pietà a buon mercato che esibiamo quando muore qualcuno di cui ci importa poco o nulla, ma che ci servono a far bella figura in questa piazza virtuale.
Ashley era una donna di trentacinque anni - smettiamola anche di etichettarla come giovane, solo in una società gerontocratica, maschilista e sessuofoba come la nostra una donna di trentacinque anni è una giovane, e quindi stupida - era una donna libera e capace di scegliere, che aveva il diritto di scegliere e doveva essere sicura quando lo faceva, libera anche di scegliere chi portarsi a letto; anche solo per una notte.
Sono più di vent'anni che la nostra sedicente civiltà è in guerra, con il pretesto di portare in un altro mondo il nostro stile di vita, giustificando quell'eterno conflitto con la necessità - che nessuno di noi nega - di riconoscere alle donne di quei paesi i diritti che sarebbero riconosciuti alle nostre donne. Anche il diritto di fare sesso con chi vogliono? Anche per una sola notte? Curiosamente quelli che sono così battaglieri nel voler togliere il burqa alle donne islamiche sono gli stessi che dicono che una donna occidentale - nostra figlia, nostra sorella, una nostra amica - in minigonna o con i jeans attillati non può essere considerata una vittima, perché ha provocato il povero uomo, evidentemente incapace di intendere e di volere. Sono davvero pedanti questi maschi che pretendono di dire cosa le donne devono o non devono indossare. Forse allora il problema di questi maschi non sono i vestiti, ma sono proprio le donne, perché si sentono minacciati da loro.
So bene che le donne di questa parte del mondo - diciamo per semplicità la nostra - stanno meglio delle donne dell'altra parte, per merito soprattutto delle donne, della loro capacità di lottare, perché se avessero aspettato noi maschi sarebbero rimaste ancora un bel po' indietro. Però la storia di Ashley ci dice che quel cammino non è compiuto, perché in una società in cui la mobilità sociale è così frenetica può succedere che si incontrino elementi di culture così differenti e che l'incontro tra un maschio cresciuto in una società fortemente misogina - perfino più della nostra - e una donna libera abbia esiti drammatici. Perché per molte persone - specialmente maschi purtroppo - il sesso è ancora qualcosa di misterioso, difficile da capire e da interpretare; e quello che potrebbe essere un atto di gioia, un momento di incontro, anche occasionale, diventa una relazione di potere, qualcosa che possiamo ottenere pagando, in segno del nostro potere, visto che, finite le guerre di conquista e la possibilità di stuprare le prigioniere, ci rimangono solo le puttane. Perché ancora per troppi giudici dei nostri civilissimi paesi se una donna apre le gambe non è stupro. E perché, nel modo in cui raccontiamo questo incontro - specialmente quando diventa scontro, come nel caso di Ashley - c'è ancora qualcosa che tradisce tutti i nostri pregiudizi, tutta la la nostra arretratezza, tutta la nostra ignoranza.
Dovremmo riconoscere che sono più forti, migliori di noi, ma non per questo devono diventare vittime.
"Forse allora il problema di questi maschi non sono i vestiti, ma sono proprio le donne, perché si sentono minacciati da loro."
RispondiEliminaTemo che il punto sia questo, il resto solo "scuse".
Adottato ;)