domenica 3 aprile 2016
Verba volant (259): parco...
Parco, sost. m.
Indispensabile premessa per i miei lettori - la maggioranza, a dire il vero - che non sono di Bologna. Se invece abitate o avete abitato in quella città, potete risparmiare tempo e andare direttamente al secondo capoverso. A dispetto del nome, il Parco Nord non è affatto un parco, come potreste immaginarlo voi: non ci sono alberi, non ci sono fiori, non ci sono viali, non c'è neppure un laghetto. A dire la verità è difficile definire il Parco Nord, che in buona sostanza è un grande pezzo di terra, di proprietà pubblica, che si trova oltre la tangenziale, nella parte più settentrionale del territorio comunale di Bologna. Al Parco Nord non c'è niente, non c'è mai stato niente, e proprio per questo all'inizio degli anni Settanta la Federazione del Pci scelse quell'area per realizzare la Festa dell'Unità, la festa più grande, la provinciale, che qualche anno diventava nazionale e si concludeva con il grande comizio del segretario nazionale. E' notizia di questi giorni che il pd bolognese ha deciso che dal prossimo anno la loro festa - che continuano a chiamare con lo stesso nome - non si svolgerà più al Parco Nord, ma all'interno e all'esterno del palazzetto dello sport di Casalecchio, in un'area che ospita anche un grande centro commerciale e il negozio di una nota azienda svedese di arredamento.
Un pezzo della mia vita è legata al Parco Nord, perché un pezzo rilevante della mia vita è legata alla storia delle Feste dell'Unità. Da bambino i miei genitori mi portavano con loro quando andavano in servizio al Pic, uno dei grandi ristoranti gestiti dalle sezioni della provincia: ricordo che mia madre, impegnata a togliere dai tavoli i piatti e i bicchieri lasciati da chi aveva finito di mangiare, mi ordinava, spesso senza successo, di stare attaccato al carrello con cui li trasportava. Poi - ormai grande - ho lavorato, insieme alle compagne e ai compagni di Granarolo, al ristorante Casaro e infine, dal 1999 al 2015, sono stato responsabile delle Feste dell'Unità per la Federazione di Bologna e quindi la palazzina rossa - una piccola e mal messa casa colonica che si trova nell'area - diventava dall'inizio di luglio alla metà di ottobre, il mio posto di lavoro e in qualche modo la mia casa.
Francamente non mi interessa molto dove il pd di Bologna abbia deciso di organizzare la prossima festa, da quando ci sono "loro" non vado più alle feste e quindi che la facciano in un posto piuttosto che in un altro cambia poco, almeno per me. A dire la verità, in quegli anni io ero uno di quelli che provava a pensare cosa sarebbe successo nel futuro, dal momento che molti dei compagni che facevano funzionare quella "città nella città" stavano lasciandoci e non c'erano sempre le persone pronte a sostituirle; ero consapevole che quel modello, nato in un'altra stagione, quando i partiti - e il nostro partito in particolare - erano un'altra cosa, lo avremmo dovuto prima o poi abbandonare. E forse avremmo dovuto anche lasciare il Parco Nord, perché ogni anno che passava era sempre più difficile far bene quello che sapevamo fare molto bene. Il Parco Nord è un luogo, non ti puoi legare ai luoghi, come non ti puoi legare alle cose, perché i luoghi - come le cose - cambiano; ovviamente nessuno avrà mai il potere di cancellare i miei ricordi e questo sinceramente mi basta.
Se non mi interessa dove faranno quella loro festa, mi interessa però come la chiameranno; su questo vorrei dire qualcosa. So bene che "loro" hanno il diritto legale di utilizzare quel nome, ma penso che non abbiano - o meglio abbiano perso - il diritto politico di utilizzarlo, perché quel nome - per quello che vale, non per me, ma per la storia della cultura della sinistra in Italia - ha un valore che loro non riconoscono, non vogliono più riconoscere. Lo usano perché ha un valore commerciale, perché è un marchio che funziona, perché a quel nome sono associate le idee di buona cucina, di musica, di divertimento, ma questo è una mancanza di rispetto. Il nome Festa dell'Unità non può essere un marchio, come quello di Ikea.
Ripeto che è una questione di rispetto. Immagino che questo rispetto i nuovi non lo possano avere, perché alcuni di loro sono troppo giovani per conoscere quella storia, mentre altri sono nati e cresciuti in un mondo che la considerava con sufficienza, se non con disprezzo. Per un giovane democristiano come renzi, cresciuto in una famiglia e in un ambiente ostili al Pci, per uno che è cresciuto con il mito della modernità, dell'innovazione, e tutte quelle cose che ci propina ogni giorno, per uno così cosa volete che significhino le Feste dell'Unità? Sono al massimo un nome da sfruttare per raccogliere un po' di soldi e per farsi un po' di pubblicità. Mi dispiace molto che questo rispetto manchi però anche a persone che, come me, sono cresciute in quell'ambiente. L'attuale segretario del pd di Bologna è un giovane, almeno è abbastanza più giovane di me, e me lo ricordo quando lavorava con me al Parco Nord, insieme a compagne e a compagni che ci hanno insegnato tanto, a me come a lui. Mi dispiace che lui, come tanti altri, si siano dimenticati di quegli anni, non poi così lontani.
A loro in particolare vorrei fare una proposta: so che non verrà nemmeno presa in considerazione, ma la voglio fare lo stesso. Impegniamoci tutti a non usare più quel nome, a non chiamare più una nostra manifestazione Festa dell'Unità. Anche se noi, che adesso siamo confusi e smarriti, dovessimo riuscire a costruire un partito, a dargli un qualche radicamento territoriale, perfino a organizzare delle feste, vorrei che non usassimo quel nome, che nessuno lo usasse più. Perché quella stagione è finita, come ormai non ci sono più molti dei protagonisti di quella stagione. Consegniamolo alla storia e proviamo a difenderne la memoria, senza sfruttarlo a fini commerciali. Sarebbe un bel gesto verso compagne e compagni come Nello Bonetti - ne cito uno per tutti, perché per molti di noi, Nello è il Parco Nord - che non ci sono più e che ci hanno permesso di fare quello che abbiamo fatto, anche che voi diventaste quello che siete diventati adesso.
Io ho avuto la fortuna di fare le Feste dell'Unità al Parco Nord e nulla mi potrà togliere la gioia di aver fatto quell'esperienza, che è stata insieme umana e politica. Probabilmente noi allora non siamo stati abbastanza bravi da far capire quanta ricchezza ci fosse nelle Feste, perché anche noi forse pensavamo che fosse un qualcosa del vecchio modo di fare politica, che avremmo dovuto abbandonare per entrare nella modernità. Quando invece ripenso a quegli anni, capisco che quello che so della politica - e della vita - l'ho imparato tra quegli stand, in quelle cucine, tra il gioco del tappo e la balera. Il rispetto per le persone. Il riconoscimento che il lavoro è importante, che il lavoro di tutti è importante, anche di quello che deve "sgurare" i tegami, perché non ci sono lavori meno importanti di altri, ma persone che lavorano bene e con coscienza e persone che non lo fanno. Il valore del lavoro, del lavoro per gli altri, per un fine che trascende il proprio interesse, anche il giusto riconoscimento delle proprie capacità, perché quel nostro lavoro, quelle nostre capacità, vengono messe a servizio di una comunità che ne ha bisogno per sostenersi. Tutte queste cose sono politica, non conosco un altro modo per chiamarle, e io le ho imparate al Parco Nord, mentre dovevo decidere quante persone potevano sedersi a tavola in un certo spazio o a che prezzo vendere un piatto di gramigna alla salsiccia. E anche se quel mondo lì non c'è più - anche per colpa nostra - però quei valori lì continuano a indicarci una strada. Sta a noi, se ne abbiamo ancora la forza, percorrerla.
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