Soccorso, sost. m.
Non so se qualcosa di simile accade anche in altre città, ma a Bologna, se ti fai male a una gamba, hai due possibilità: se sei povero, vai al pronto soccorso, aspetti il tuo turno - magari anche per un po' di tempo, che a te che hai male sembra lunghissimo - e sarai curato; se sei ricco, puoi andare in una specie di pronto soccorso privato dove ti cureranno immediatamente, spendendo 100 euro, fatti salvi altri costi che ti potrebbero richiedere, per esami o l'intervento di specialisti. Questo però se ti fai male dal lunedì al venerdì e dalle 8.30 alle 18.30; perché se ti fai male durante la notte o alla domenica, ricco o povero che tu sia, dovrai sempre andare al pronto soccorso e assoggettarti alla fila.
Ovviamente i privati sono liberissimi di aprire un'attività come questa e i ricchi sono liberi di scegliere dove farsi curare, ma il pronto soccorso, per i ricchi e per i poveri, è qualcosa di indispensabile, che serve a tutti, e che tutti dovremmo finanziare, pagando le tasse. Purtroppo in Italia i ricchi le tasse per lo più le evadono e quindi la sanità pubblica la dobbiamo sostenere quasi solo noi poveri, mentre ovviamente ne beneficiano tutti. Poi sarebbe importante che gli ospedali avessero sufficienti risorse per potenziare l'attività di pronto soccorso, ad esempio per fare in modo che i tempi di attesa fossero un po' più brevi. Questo non sempre avviene, anche perché i politici decidono di investire sempre meno soldi sulla sanità pubblica, e magari si fanno fotografare mentre inaugurano le strutture private. Anzi si ha quasi l'impressione che chi amministra la sanità non si impegni poi troppo per migliorare la condizione degli ospedali, per favorire la nascita e la crescita di attività private. Non sono anni che ci raccontano che la sanità pubblica funziona male mentre quella privata è una fucina di eccellenze? Sarà anche così, peccato che il pronto soccorso dei privati chiuda alle 18.30, perché evidentemente costerebbe troppo tenerlo aperto tutta la notte e tutte le notti.
Ricordiamocelo la prossima volta che ci facciamo male a una gamba, ma soprattutto ricordiamocelo la prossima volta che andiamo a votare.
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