Razzismo, sost. m.
Per anni nel nostro paese ci siamo illusi - e ci hanno fatto illudere - che il razzismo da noi non esistesse: italiani brava gente era il motto di questa forma strisciante e asfissiante di revisionismo storico. Perfino quando il tema era ineludibile, ad esempio di fronte all'antisemitismo di epoca fascista che si tradusse nelle cosiddette leggi razziali, tanti hanno minimizzato, sostenendo che si è trattato del tentativo maldestro da parte di Mussolini di imitare Hitler e che quelle leggi hanno rappresentato il primo vero e proprio scollamento tra il regime e il paese, in maggioranza contrario all'antisemitismo. Balle. Gli italiani erano allora - e sono oggi - razzisti.
Sembra che qualcuno se ne accorga solo oggi, dopo che un razzista italiano ha ucciso un nigeriano, colpevole di non aver "accettato" gli insulti rivolti a lui e alla compagna. A molti di questi che oggi si indignano consiglierei di salire su un autobus all'ora di punta o di prendere un treno per pendolari e di guardare il modo in cui tanti nostri connazionali scrutano i loro vicini stranieri, specialmente quando sono neri. Fate una fila alla posta o andate in un ufficio pubblico, sentirete battute sprezzanti, vedrete occhiate cariche di disprezzo.
In Italia poi esiste una forma di razzismo di stato. Il vicepresidente del Senato ha chamato "orango" un'avversaria politica di origini congolesi e la stragrande maggioranza dei senatori, compresi quelli del pd, non hanno censurato questo comportamento. E quel personaggio lì è ancora vicepresidente del Senato.
Otto anni fa ci eravamo illusi che il fatto che i cittadini degli Stati Uniti avessero eletto per la prima volta un presidente di origini afroamericane fosse il segnale che qualcosa stesse cambiando anche in quel paese, in cui pure le questioni razziali sono state - ed evidentemente sono ancora - molto sentite. Le vicende di questi giorni sembrano raccontarci tutt'altra realtà. Forse pensavamo che la lotta per sconfiggere il razzismo fosse un cammino inarrestabile, magari lento - troppo lento - ma con una direzione segnata. I più pessimisti di noi pensavano che quel cammino avrebbe conosciuto delle battute d'arresto, ma adesso dobbiamo constatare che abbiamo fatto dei passi indietro, la direzione di marcia si è invertita e, nonostante Obama, il razzismo negli Stati Uniti è più forte, al netto delle dichiarazioni ipocrite, degli appelli retorici, e anche dello sforzo sincero di tanti.
Purtroppo non basta l'ignoranza a spiegare il razzismo. Io credo invece che il razzismo venga alimentato, diffuso, fatto crescere nelle nostre società. Perché il razzismo serve. In fondo la storia qualcosa dovrebbe pure insegnarci. Al di là delle farneticazioni pseudoscientifiche di alcuni intellettuali, a cosa è servito l'antisemitismo nella prima metà del secolo scorso? A creare un nemico. I "bravi" cittadini della Germania, che avevano perso la guerra, che avevano perso l'impero, che erano finiti sul lastrico a causa delle condizioni imposte dalle potenze vincitrici, potevano finalmente spiegarsi di chi era la colpa: non dei generali che li avevano portati a quel conflitto folle, non degli industriali e dei banchieri che erano diventati ricchissimi con le forniture all'esercito e con i crediti di guerra, la colpa era degli ebrei. E visto che molti ebrei erano ricchi il premio per credere a questa menzogna così palese erano i soldi degli ebrei, e poi le case degli ebrei, e ancora i posti di lavoro degli ebrei, dalle fabbriche fino alle università.
E oggi vogliamo forse dare la colpa ai banchieri, ai padroni delle multinazionali, a chi ogni giorno ci sfrutta? Come è più facile dire che è colpa di quella scimmia, di quel negro di merda. E poi anche noi, nel nostro piccolo, abbiamo il nostro vantaggio a essere razzisti, affittiamo loro in nero le nostre case cadenti, li facciamo lavorare pagandoli una miseria, risparmiamo perfino sulle puttane: le nere costano di meno. Italiani brava gente.
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