La questione non è capire se renzi abbia scelto la persona più capace e neppure per quale ragione abbia scelto proprio quella persona e non un'altra. Personalmente credo che renzi - per cui la ricostruzione di quel pezzo così bello d'Italia è importante solo a fini elettorali - abbia scelto Vasco Errani più per togliersi un problema all'interno del pd che per una reale convinzione; e credo anche che, nonostante queste premesse, sia la scelta migliore che poteva fare. Considero Vasco Errani un traditore, uno di quelli che ha gettato al vento la storia della sinistra in Italia, non lo voterei mai - anche se l'ho votato molte volte nella mia vita - ma penso che abbia le qualità per fare bene, perché è uno che sa cos'è la politica e come si fa; e per ricostruire un territorio così malandato servono prima di tutto i politici, e non i tecnici.
Quello che però trovo davvero sbagliato è ridurre tutto al dibattito: Errani sì Errani no. La democrazia in Italia - come nel resto del mondo - sta morendo proprio perché la riduciamo solo alla scelta di alcuni leader. Vasco Errani, per quanto sia capace, non può fare tutto da solo; per un compito così impegnativo occorrono persone, molte persone, che lavorino insieme a lui, che ne condividano il progetto, che seguano gli aspetti tecnici delle questioni in campo, che sappiano fare quello che occorre fare. In fondo se la ricostruzione in Emilia è andata meno peggio che in altre realtà del nostro paese è merito non solo di Errani, ma proprio di questo contesto. Vasco Errani era il presidente della Giunta regionale e quindi aveva già una serie di poteri ordinari, a cui ne sono stati aggiunti altri in via straordinaria; aveva a disposizione la struttura della regione; e soprattutto conosceva quel territorio e ne era, per funzione e per autorevolezza politica, un leader riconosciuto. Non esiste un "modello Emilia" per la ricostruzione - credo che il primo a esserne consapevole sia proprio Errani - ma semplicemente c'era ancora un po' di politica, sempre meno, ma quel po' sufficiente per evitare i disastri che abbiamo visto in altre realtà.
Quello che però trovo davvero sbagliato è ridurre tutto al dibattito: Errani sì Errani no. La democrazia in Italia - come nel resto del mondo - sta morendo proprio perché la riduciamo solo alla scelta di alcuni leader. Vasco Errani, per quanto sia capace, non può fare tutto da solo; per un compito così impegnativo occorrono persone, molte persone, che lavorino insieme a lui, che ne condividano il progetto, che seguano gli aspetti tecnici delle questioni in campo, che sappiano fare quello che occorre fare. In fondo se la ricostruzione in Emilia è andata meno peggio che in altre realtà del nostro paese è merito non solo di Errani, ma proprio di questo contesto. Vasco Errani era il presidente della Giunta regionale e quindi aveva già una serie di poteri ordinari, a cui ne sono stati aggiunti altri in via straordinaria; aveva a disposizione la struttura della regione; e soprattutto conosceva quel territorio e ne era, per funzione e per autorevolezza politica, un leader riconosciuto. Non esiste un "modello Emilia" per la ricostruzione - credo che il primo a esserne consapevole sia proprio Errani - ma semplicemente c'era ancora un po' di politica, sempre meno, ma quel po' sufficiente per evitare i disastri che abbiamo visto in altre realtà.
Invece con questa nomina passa l'idea che basta fare un commissario per risolvere ogni cosa. Se ci pensate la stessa riforma costituzionale di cui discutiamo in questi mesi è figlia di questa idea: affidiamo tutto il potere a una persona e poi ci assicurano che, se quella persona sbaglia o non fa bene, la possiamo cambiare. La democrazia non è soltanto avere la possibilità ogni cinque anni di scegliere chi ci dovrà governare nei cinque successivi, ma essere informati, avere le condizioni per partecipare ogni giorno alle scelte politiche e amministrative della nostra città e del nostro paese, avere la possibilità di incidere e di determinare le scelte. La democrazia, anche quella rappresentativa, non è una mera delega, ma è partecipazione; altrimenti finisce per diventare un'altra cosa, come stiamo vivendo purtroppo ogni giorno sulla nostra pelle.
Io non sono contrario alla nomina di Errani, ma critico proprio la decisione di nominare un commissario, chiunque egli sia. Il problema è che in Italia sembra che non riusciamo ad amministrare se non attraverso queste figure con poteri straordinari. E infatti nel corso degli anni abbiamo visto la nomina di una pletora di commissari, non solo per rispondere a eventi imprevedibili e così gravi, ma anche per risolvere situazioni ordinarie o per gestire cose che sapevamo in anticipo che sarebbero successe. La scelta di nominare un commissario in questo caso è stata giustificata dal governo con il fatto che questo terremoto ha interessato ben quattro Regioni e quindi non sarebbe stato possibile nominare come commissario uno dei presidenti. Il sottinteso è che ci sarebbero stati ben quattro commissari.
Io non sono contrario alla nomina di Errani, ma critico proprio la decisione di nominare un commissario, chiunque egli sia. Il problema è che in Italia sembra che non riusciamo ad amministrare se non attraverso queste figure con poteri straordinari. E infatti nel corso degli anni abbiamo visto la nomina di una pletora di commissari, non solo per rispondere a eventi imprevedibili e così gravi, ma anche per risolvere situazioni ordinarie o per gestire cose che sapevamo in anticipo che sarebbero successe. La scelta di nominare un commissario in questo caso è stata giustificata dal governo con il fatto che questo terremoto ha interessato ben quattro Regioni e quindi non sarebbe stato possibile nominare come commissario uno dei presidenti. Il sottinteso è che ci sarebbero stati ben quattro commissari.
Il problema non è solo questo, ma è che sono già in campo altri commissari, tutti con poteri straordinari, la cui presenza però è finita per diventare ordinaria. E infatti c'è il capo della Protezione civile, poi c'è il presidente dell'Autorità anticorruzione, poi sappiamo che è stato nominato il responsabile del progetto Casa Italia: Errani di fatto si trova a essere una sorta di commissario dei commissari. E temo per lui che sarà più complesso coordinare tutte queste strutture, per lo più autoreferenziali, piuttosto che riuscire a contemperare gli interessi di realtà locali diverse, su cui pesa, come nel resto del nostro paese, una storia di localismi.
In un'altra definizione di Verba volant vi ho già parlato del documentario Non arretreremo! Zangheri, il sindaco professore. In una delle interviste, Aureliana Alberici, all'epoca assessore al Comune di Bologna, ricorda che al momento della strage del 2 agosto Zangheri era in vancanza in una cittadina della Crimea; i collegamenti telefonici erano complicati, non c'era la rete e anche i viaggi aerei non funzionavano come oggi e quindi ci vollero alcuni giorni prima che il sindaco potesse tornare nella sua città così terribilmente colpita, che evidentemente aveva bisogno della sua guida. Quell'assenza - spiega Aureliana - naturalmente si sentì e pesò, ma non fermò la città, perché eravamo abituati a funzionare.
Ecco adesso l'Italia non è più abituata a funzionare. Non esiste più una struttura amministrativa degna di questo nome, una burocrazia, in grado di saper fare quello che occorre fare, senza che qualcuno ti dica cosa fare. Non esiste più una classe politica capace di sapere qual è il proprio posto quando succede una tragedia del genere - e non solo essere lì per farsi le foto - e anche noi cittadini non sappiamo più funzionare. In Italia l'unica cosa che funziona quando succede un terremoto è la criminalità: sono loro che si svegliano di notte, che decidono immediatamente cosa fare e cosa rubare, che dislocano i propri uomini dove servono, che hanno pronti gli strumenti e le risorse per intervenire; ovviamente al loro prezzo.
In questi venti anni abbiamo parlato, senza molto costrutto in verità, di riforme istituzionali. Mentre la riforma necessaria è proprio quella di far funzionare quello che c'è. Non siamo riusciti a parlare di un'amministrazione sempre più vecchia, sempre più incapace e che, anche quando vorrebbe e saprebbe fare, è impastoiata da una legislazione bizantina e da una miriade di controlli così assurdi da diventare inefficaci, tanto che bloccano i funzionari perbene e non impediscono di commettere ruberie a quelli che perbene non sono. E di una classe politica che gira a vuoto, che non è più capace di stare in contatto con quei cittadini che pure dovrebbe rappresentare e che invece risponde a interessi sempre più oscuri e sempre più lontani. Dovremmo immaginare una riforma in cui non sia necessario nominare un commissario per realizzare una grande opera o per organizzare un evento o perfino per fronteggiare le conseguenze di un disastro naturale e per organizzare la ricostruzione. Dovrebbero bastare il governo, le amministrazioni, nazionali e locali, le leggi che ci sono, senza doversi inventare ogni volta nuovi livelli di governo, nuovi uffici, nuove leggi.
Se non faremo questa riforma - e temo ormai che non la faremo - arriverà qualcuno che si prenderà la briga di nominare un commissario per la ricostruzione dello stato. E noi, terremotati della democrazia, finiremo per ringraziarlo.
Ecco adesso l'Italia non è più abituata a funzionare. Non esiste più una struttura amministrativa degna di questo nome, una burocrazia, in grado di saper fare quello che occorre fare, senza che qualcuno ti dica cosa fare. Non esiste più una classe politica capace di sapere qual è il proprio posto quando succede una tragedia del genere - e non solo essere lì per farsi le foto - e anche noi cittadini non sappiamo più funzionare. In Italia l'unica cosa che funziona quando succede un terremoto è la criminalità: sono loro che si svegliano di notte, che decidono immediatamente cosa fare e cosa rubare, che dislocano i propri uomini dove servono, che hanno pronti gli strumenti e le risorse per intervenire; ovviamente al loro prezzo.
In questi venti anni abbiamo parlato, senza molto costrutto in verità, di riforme istituzionali. Mentre la riforma necessaria è proprio quella di far funzionare quello che c'è. Non siamo riusciti a parlare di un'amministrazione sempre più vecchia, sempre più incapace e che, anche quando vorrebbe e saprebbe fare, è impastoiata da una legislazione bizantina e da una miriade di controlli così assurdi da diventare inefficaci, tanto che bloccano i funzionari perbene e non impediscono di commettere ruberie a quelli che perbene non sono. E di una classe politica che gira a vuoto, che non è più capace di stare in contatto con quei cittadini che pure dovrebbe rappresentare e che invece risponde a interessi sempre più oscuri e sempre più lontani. Dovremmo immaginare una riforma in cui non sia necessario nominare un commissario per realizzare una grande opera o per organizzare un evento o perfino per fronteggiare le conseguenze di un disastro naturale e per organizzare la ricostruzione. Dovrebbero bastare il governo, le amministrazioni, nazionali e locali, le leggi che ci sono, senza doversi inventare ogni volta nuovi livelli di governo, nuovi uffici, nuove leggi.
Se non faremo questa riforma - e temo ormai che non la faremo - arriverà qualcuno che si prenderà la briga di nominare un commissario per la ricostruzione dello stato. E noi, terremotati della democrazia, finiremo per ringraziarlo.
la tua analisi come al solito è molto precisa e corretta, ma non riesco acapire per quanto mi sforzi come si possa uscire da questo stato di cose....forse non più possibile perchè sono cambiate troppe cose in peggio e quindi...sempre di più penso che sia necessaria una rivoluzione pacifica ma come !!!!!!!!!!!!!!
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