Una studentessa alla Sorbona, nata a Venezia, che faceva la volontaria a favore dei
clochard; un tassista portoghese; una cameriera corsa; un violinista di
origina algerina; un ingegnere spagnolo esperto di energia nucleare; due
sorelle nate in Tunisia; un architetto nato in Marocco, professore alla
Scuola superiore di architettura; un musicista cileno, sposato con una
ragazza francese; un ingegnere belga; due
giovani rumeni che si erano sposati a Parigi e avevano messo in piedi
un'azienda di ascensori; un organizzatore di eventi musicali nato
nell'Essex. Apparentemente queste persone hanno poco in comune, se non il fatto che vivevano a Parigi il 13 novembre 2015 e in quella città sono stati uccisi.
Queste persone hanno in comune il fatto di essere l'Europa, l'Europa che esiste nei fatti, nelle vite reali di
tante e tanti europei; è l'Europa vera, di cui però non parliamo mai.
Perché c'è anche un'Europa rappresentata e sceneggiata nei palazzi di Francoforte
e di Bruxelles, un'Europa che non esiste e di cui purtroppo parliamo continuamente. La strage del 13 novembre 2015 è stata europea più che
francese, una strage le cui vittime sono cittadine e cittadini europei
che casualmente vivevano a Parigi. E quindi anche la nostra risposta, al di là degli
ipocriti che siedono nei cosiddetti "palazzi europei" - e che con
l'Europa non hanno nulla a che fare - deve essere europea, delle donne e
degli uomini di Europa, che sono spesso meglio di come vengono
rappresentati.
E deve essere delle donne e degli uomini del mondo, anche loro migliori di come vengono rappresentati.
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