Congresso, sost. m.
Il termine latino congressus, da cui la parola oggetto di questa definizione, deriva dal verbo congredi, che significa propriamente camminare insieme. Nulla di più lontano da quello che avviene in queste ore nel pd: nessuno degli esponenti di quel partito sembra intenzionato a intraprendere questo cammino, tanto più in compagnia degli altri. E qui è evidenziato il primo limite di un partito che non è mai davvero nato, perché manca - è sempre mancato - il senso di appartenere a una stessa comunità.
Il pd è nato perché qualcuno ha pensato che fosse improduttivo continuare uno scontro elettorale tra i due partiti, uno erede della tradizione popolare e uno di quella socialista, che, a causa dell'anomala presenza di Berlusconi, avevano stipulato una solida, per quanto innaturale, alleanza politica a partire dalla prima metà degli anni Novanta del secolo scorso. In tanti ricordano oggi, strumentalmente, il Prodi "padre" dell'Ulivo, il Prodi super partes, ma il rancoroso professore bolognese fu anche il teorico del competition is competition, ossia dello scontro frontale con gli "alleati" dell'allora Ds. E, in questa prospettiva, ciascuno dei fondatori del pd pensava che avrebbe finito per avere la meglio sugli altri: D'Alema riteneva che con la sua intelligenza avrebbe finito per prevalere, Bersani confidava invece nella organizzazione emiliana, nella forza della "ditta", mentre i democristiani sapevano che alla fine avrebbero vinto loro. E così è stato. Come scrivo da tempo, renzi non è un corpo estraneo al pd, come tanti anche in queste ore continuano a ripetere, renzi è la naturale evoluzione di un partito che già dall'inizio non si volle di sinistra e soprattutto non si volle neppure partito. E quindi adesso i vari D'Alema e Bersani, per tacere degli altri comprimari, degli allora giovani ormai precocemente incanutiti, non possono continuare a fingere che un partito esista ancora e che funzionino ancora i meccanismi che funzionavano in un'altra epoca, come quelli di un congresso.
Anche per chi, come me, è fuori da quel partito, ne è un avversario, è però deprimente la scena offerta in questi giorni, perché tutta la discussione, per quanto accesa, per quanto animata, è segnata da un'assenza incredibile: quella della politica. Anche nel dibattito in direzione, il luogo in cui pure avrebbe finalmente dovuto esserci una sorta di redde rationem, nonostante la sfilata di tutti i notabili e di tutti i satrapi del partito, non si è mai affrontato il nodo politico. La discussione è stata - e continua a essere - sul calendario del congresso, ma sinceramente non si capisce quali siano le posizioni in campo. Ovviamente renzi sta personalmente antipatico anche a me, ma non si può costruire una piattaforma congressuale su questo dato, caratteriale e non politico, eppure mi pare che la discussione sia ridotta a questo.
Eppure i temi ci sarebbero. Occorre intanto provare a capire cosa è successo in questi ultimi venticinque anni, analizzare l'evoluzione della nostra società, e provare a dare una prospettiva per il futuro. Personalmente io ho una qualche idea, che legittimamente credo sia diversa da quella di molti che militano in quel partito, e credo che i nostri errori di questi anni ci abbiano condotto a questa rovina e che adesso occorra intraprendere una strada nuova, radicalmente diversa da quella percorsa fino adesso. Immagino che nessuno del pd la pensi allo stesso modo, ma almeno vorrei sentire qualcosa che non sia un dibattito sulla data di un congresso prossimo venturo.
Naturalmente da nemico del pd mi potrebbe anche far piacere veder morire quel partito - in politica non valgono i principii decoubertiniani - ma siccome so che dalla morte del pd non ne trarrà vantaggio una sinistra che qui in Italia è ancora esangue, ma la destra peggiore, quella alla Trump e alla Le Pen, vedere questa agonia mi preoccupa.
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