Merito, sost. m.
Nei giorni scorsi non ho commentato le dichiarazioni della sindaca pd di Codigoro contro i migranti, che sono seguite a quelle del senatore pd contro le ong, che a sua volta sono seguite a quelle di un'altra esponente del pd sulla razza; e l'elenco potrebbe continuare. E certamente continuerà anche a settembre. Chi ha la pazienza di leggere con una qualche regolarità le cose che scrivo sa che io considero da tempo quel partito culturalmente di destra e quindi queste affermazioni mi stupiscono assai poco. Sapete anche che io considero tutto il pd un partito di destra, perché non ho mai accettato l'alibi di renzi: il pd non è quello che è perché a un certo punto è arrivato renzi. Fosse così, di conseguenza, cacciando renzi, diventerebbe un partito di sinistra; invece il pd è nato per essere un partito di destra e tutti quelli che l'hanno guidato in questi anni hanno dato, a vario modo, il loro contributo a questa involuzione. Di questo gli amici che sono transitati nella "cosa" bersaniana non vogliono parlare, eppure è il punto dirimente. Ma proviamo ad andare avanti.
A questo punto mi interessa capire come siamo arrivati fino a qui. Credo che ragionare su questo non sia ozioso, visto che tanti amici e compagni in queste settimane sono impegnati nella costruzione di una "nuova" sinistra in Italia. Quantomeno noi della "vecchia" sinistra, noi che in questi vent'anni abbiamo provocato tutto questo, dovremmo offrire loro alcuni strumenti affinché non commettano i nostri stessi, esiziali, errori.
Una delle cause di questo suicidio è stato il nostro poco coraggio. Partendo dall'assunto che l'Italia sia un paese culturalmente di destra - quante volte lo abbiamo sentito ripetere in questi anni da autorevolissimi nostri esponenti - abbiamo avuto paura di dire, e soprattutto di fare, cose di sinistra. Certo ci sono caratteri originari distintivi di ogni paese, ma questa visione così schiettamente determinista, e in fondo razzista, è sbagliata. Certamente ognuno di noi tende naturalmente a pensare prima a se stesso e alla propria famiglia che agli altri, ciascuno di noi è naturalmente di destra: homo homini lupus dicevano gli antichi. Poi ci hanno insegnato negli anni che essere di sinistra, essere solidali, smettere di credere che la sfortuna degli altri sia la nostra fortuna, è non solo eticamente giusto, ma anche utile, perché certe conquiste si fanno quando si combatte insieme, quando si cominciano battaglie che sembrano solo a favore degli altri, che parrebbero non riguardarci nell'immediato, ma che tra qualche anno potrebbero essere vitali per noi e per i nostri figli.
In questi vent'anni abbiamo smesso di proporre questo ragionamento apparentemente banale, eppure a suo modo rivoluzionario, e ne abbiamo assunti altri, sempre dando maggior peso all'individuo che alla collettività. Ci sono parole che in questi vent'anni si sono insinuate nel nostro vocabolario e che in qualche modo sono diventate infestanti: una di queste è merito, non a caso una delle parole chiavi della prima Leopolda, quella in cui c'era anche Civati. Apparentemente sembra un ragionamento di buon senso che uno debba essere valutato in base alle sue capacità: nel paese in cui i notai sono figli di notai, i giornalisti figli di giornalisti, gli attori figli di attori, e così via di casta in casta, parrebbe perfino rivoluzionario proporre un sistema per cui il figlio dell'operaio può diventare avvocato.
Però l'idea che stava dietro a questa proposta era che tu che eri nato in una famiglia di operai dovevi fare di tutto per diventare avvocato e l'accento cadeva solo sul tu, che dipendesse solo da te; e quindi che fosse solo una tua battaglia. Non veniva mai messo l'accento su cosa dovevamo fare tutti noi, indipendentemente dal fatto che avessimo o meno dei figli, affinché anche tu potessi studiare.
Perché tu possa avere un'educazione occorre che tutti noi - anche noi che non abbiamo figli - paghiamo più tasse per garantire a te, con cui non abbiamo alcun legame, una istruzione di qualità, universale e gratuita. Invece in questi anni, mentre dicevamo che bisognava valorizzare il merito, abbiamo anche detto che bisognava diminuire le tasse, e il modo più veloce per farlo è quello di tagliare i servizi. Quindi noi che non abbiamo figli non dobbiamo più curarci dell'istruzione di quelli degli altri, mentre quelli che ne hanno debbono fare più sforzi. E ovviamente solo una famiglia che ha molte risorse può garantire ai propri figli un'istruzione di qualità. Quando si parla di merito senza inquadrare questa idea in uno sforzo collettivo, si scivola fatalmente a destra, perché ciascuno di noi farà di tutto per garantire un futuro migliore ai propri figli, anche a scapito del futuro dei figli degli altri, anzi soprattutto a scapito loro, perché in una società in cui le risorse si riducono tutti vogliamo correre per prendere qualcosa prima degli altri, dimenticando che l'unica battaglia che vale la pena combattere è quella di aumentare le risorse disponibili, prendendole ai pochi che ne hanno molte, affinché tutti ne possano godere, anche quelli che fanno più fatica a correre.
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