giovedì 26 luglio 2018

Verba volant (552): fuoco...

Fuoco, sost. m.

In greco antico pyr è la parola che indica il fuoco e in questo termine ritroviamo una radice antichissima che esprime ciò che è puro, ciò che rende puro. E infatti questo aggettivo italiano deriva etimologicamente, attraverso il latino, proprio dalla parola greca che indica il fuoco, mentre focus ha un significato etimologico molto più strumentale: è ciò che riscalda, ciò che cuoce.
Il fuoco quindi per gli antichi greci è un elemento capace di purificare, è qualcosa di sacro. E' difficile in questi giorni associare questo significato al fuoco, mentre una parte della Grecia, l'Attica centrale e occidentale, è devastata dagli incendi, mentre vediamo le immagini del fumo che nasconde l'Acropoli, mentre piangiamo per la morte di donne e di uomini uccisi da quell'elemento così potente.
Gli antichi greci raccontavano che fu Prometeo a donare il fuoco agli uomini, sottraendolo a Zeus. Anche Prometeo era un dio, ma più antico degli dei dell'Olimpo, di una generazione più vecchia rispetto a Zeus. Aveva assistito alla sconfitta dei Giganti, aveva visto Zeus spodestare il padre Crono, aveva visto i nuovi dei prendere il potere, ma questo a Prometeo non importava, vedeva gli uomini soffrire e capì che poteva fare qualcosa. Decise di rubare una fiaccola dal braciere che ardeva perennemente sull'Olimpo, la nascose in una canna e la portò agli uomini. Sapeva che sarebbe stato punito, che Zeus si sarebbe vendicato, ma sapeva anche che quella fiamma avrebbe rappresentato per l'umanità l'inizio di un cammino che l'avrebbe condotta lontano. La punizione di Zeus fu terribile: incatenò Prometeo alle rocce del Caucaso e ogni giorno un'aquila gli dilaniava il fegato, che si riformava durante la notte, in un supplizio infinito.
La storia di Prometeo ha affascinato gli antichi e i moderni, perché Prometeo fa quello che è giusto fare, è disposto a sfidare il potere pur di farlo, è disposto a sacrificarsi.   
Il giovane Karl Marx scrive:
La filosofia, fintanto che una goccia di sangue ancora pulserà nel suo cuore assolutamente libero, dominatore dell'universo, griderà sempre agli avversari con Epicuro: "empio non è colui che nega gli dèi del volgo, ma colui che attribuisce agli dèi i sentimenti del volgo". La filosofia non fa mistero di ciò. La confessione di Prometeo: "francamente, io odio tutti gli dèi", è la sua propria confessione, la sentenza sua propria contro tutte le divinità celesti e terrestri che non riconoscono come suprema divinità l'autocoscienza umana. Nessuno può starle a fianco.
Alle tristi lepri marzoline, che gioiscono della apparentemente peggiorata condizione civile della filosofia, essa replica quanto Prometeo replica al servo degli dèi Ermete: "io, t’assicuro, non cambierei la mia misera sorte con la tua servitù; molto meglio lo star qui legato a questa rupe io stimo, che fedele messaggero esser di Zeus". Prometeo è il più grande santo e martire del calendario filosofico.
A un giovane rivoluzionario, credo possiamo perdonare questa enfasi, che oggi ci appare inutilmente retorica. Non è inutile però combattere ancora contro gli dei del capitale e contro le lepri marzoline, sempre al loro servizio.
In questi giorni chiaramente la Grecia è stata vittima di un attacco. Non sappiamo ancora chi di preciso ha voluto appiccare questi incendi, ma certamente sappiamo chi è responsabile del fatto che questi incendi abbiano colpito così duramente quel paese, a causa delle durissime condizioni economiche che, attraverso l'Europa, le forze del capitale ha imposto a quel governo. Questi incendi attaccano un paese che è stato scientemente reso più debole. Chi ha ordinato questi incendi ha voluto continuare con il fuoco, quello che i governi europei, le istituzioni monetarie, le banche centrali, hanno fatto con le loro politiche. L'obiettivo è colpire un popolo che ostinatamente non si è piegato e che ha scelto un governo diverso da quello che il capitale avrebbe voluto imporgli.
Forse oggi il giovane Karl Marx ci direbbe che, come aveva fatto Prometeo, il fuoco si combatte con il fuoco, al fuoco bisogna rispondere con il fuoco. A chi brucia la Grecia noi dobbiamo rispondere non bruciando i loro palazzi, le loro belle case - anche se la tentazione di punirli in questo modo è molto forte e difficile da domare - ma facendo ardere le nostre idee e le nostre passioni. Noi sappiamo che il capitale ci infliggerà terribili supplizi e che, come dice il Prometeo di Eschilo:
non posso tacere nè gridare la mia sorte, il mio essere.
Ma sappiamo anche che una volta che la fiamma è stata portata tra gli uomini non è più possibile tornare indietro, quella fiamma continuerà a bruciare e nessuno riuscirà a togliercela, come Zeus ha dovuto rinunciare a levare il fuoco agli uomini.

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