giovedì 9 settembre 2010

Considerazioni libere (160): a proposito di donne vittime delle guerre...

In qualunque guerra le prime vittime sono le persone più deboli, i poveri, gli ammalati, ma soprattutto le donne e i bambini. E naturalmente l'Iraq non fa eccezione. Da pochi giorni gran parte dei soldati statunitensi hanno lasciato il paese mediorientale, ma si continua ancora a combattere: come ho scritto in una mia precedente "considerazione" la guerra non è finita il 1 settembre, così come non era finita il 1 maggio del 2003.
Il periodico statunitense The Nation ha dedicato un articolo alle oltre 50 mila donne irachene che, a causa della guerra, sono intrappolate nella schiavitù sessuale: è un fenomeno di cui bisognerebbe parlare, ma di cui finora si occupati in pochissimi.
La guerra ha lasciato in Iraq moltissime donne vedove e orfane. Il conflitto tra etnie ha comportato l'aumento del numero di divorzi e la fine, più o meno ufficiale, di tanti matrimoni misti.
Molte di queste donne, rimaste all'improvviso sole, hanno deciso di continuare a vivere in quel paese, ma tante, a causa delle condizioni di vita sempre più dure, hanno deciso di cercare una situazione migliore in Siria e in Giordania. In questo viaggio della speranza vengono spesso irretite delle trappole dei trafficanti di sesso; a volte non hanno documenti e sono facili prede in paesi dove le burocrazie e le forze dell'ordine sono spesso corrotte. Alcune di loro sono costrette a fare le ballerine nei locali di Damasco, Amman, Beirut, moltissime, ormai alla mercé dei loro protettori, diventano prostitute.
Ancora più tragica è la sorte delle donne che sono vendute dalle loro famiglie, per pagare debiti o per risolvere dispute tribali: cadono immediatamente nel mercato del sesso, senza neppure la speranza di poter raggiungere un futuro diverso.
Gli Stati Uniti avrebbero potuto salvare molte di queste donne. Il Congresso nel 2008 ha approvato il Refugee crisis in Iraq Act, un programma speciale per i rifugiati iracheni, che però non è mai stato avviato. I rifugiati iracheni, in particolare le donne vittime del tratta, avrebbero dovuto essere qualificati con la cosiddetta "priorità 2". Si tratta di una misura che gli Stati Uniti hanno già utilizzato con successo ai tempi della guerra del Vietnam, per soccorrere gli amerasians, ossia i figli nati dai rapporti tra i soldati americani e le donne vietnamite e cambogiane. Secondo quanto stabilito dalla legge, il Dipartimento di Stato americano potrebbe occuparsi direttamente di queste donne - indicate appunto con la qualifica "priorità 2" - scavalcando le pratiche previste dall'agenzia delle Nazioni Unite che si occupa dei rifugiati e portandole nel territorio statunitense.
Purtroppo il Dipartimento di Stato non ha avviato il programma. Gli Stati Uniti inoltre non si stanno neppure impegnando per garantire che l’Unhcr, che finora ha gestito con scarsi mezzi la situazione, possa affrontare seriamente il problema delle rifugiate fra Iraq, Siria e Giordania.
Non dimentichiamoci delle donne irachene e non dimentichiamo che sono tra le vittime di questa guerra.

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