lunedì 19 ottobre 2009

Considerazioni libere (18): a proposito di precarietà...

Oggi provo a raccontarvi una storia, sforzandomi di essere il più imparziale e oggettivo possibile, quindi eviterò di fare commenti, più o meno espliciti; voglio provare - non so quanto ci riuscirò, nel caso non riuscissi, scusatemi - a non esprimere giudizi, che lascio a voi, se vorrete.

Si tratta di una storia di lavoro precario, molto simile a tante altre di questi tempi. E' ambientata in un call center, ma voglio sgombrare subito il campo da un possibile pregiudizio: non si tratta assolutamente di un posto come quello descritto da Paolo Virzì in "Tutta la vita davanti". Posti come quelli naturalmente ci sono, portano all'alienazione delle persone, esasperando al massimo il raggiungimento dei risultati e la competizione, ma non si tratta del nostro caso: l'ambiente della nostra storia è tranquillo, non particolarmente stressante (ogni lavoro in qualche modo lo è, inevitabilmente), si vende un prodotto utile e si è abbastanza certi di non dare una fregatura al cliente che si sente per qualche minuto al di là del telefono e con cui si cerca di instaurare quel minimo di rapporto necessario per la vendita. In sostanza è un lavoro "onesto", retribuito in rispondenza ai risultati (e anche questo pare ormai diventata la regola), cominciando con contratti di collaborazione a progetto, sperando in un'assunzione a tempo determinato. Vista la crisi che c'è in giro - nonostante ci siano i "soloni" che ci assicurano che ne stiamo uscendo - è un posto di lavoro ricercato, in cui si trovano non soltanto studenti che hanno bisogno di un lavoro part-time per pagarsi le tasse universitarie e l'affitto, ma anche trentenni e quarantenni, donne e uomini, che ricavano da qui il loro stipendio e quindi il sostegno per le loro famiglie. E' un luogo di lavoro - a differenza di alcuni altri - dove c'è la Rsu e sono instaurati normali rapporti sindacali, nonostante una scarsa sindacalizzazione di chi ci lavora.

Fin qui tutto bene, tanto che i dipendenti e i collaboratori hanno accettato per parecchi mesi di ricevere lo stipendio mensile in due tranche e hanno anche sopportato in più di un'occasione il ritardo di qualche giorno nei pagamenti; in fondo quando c'è la crisi, non bisogna troppo lamentarsi. Dalla scorsa estate sono emersi alcuni problemi, i cui elementi fondamentali non sono noti ai lavoratori, che hanno portato alla sospensione del pagamento degli stipendi: è stata pagata la prima tranche dello stipendio del mese di agosto e ci si è fermati qui. Non sono stati pagati la seconda parte dello stipendio di agosto e tutto quello di settembre. Peraltro pare non sia un problema legato ai committenti, che pagherebbero regolarmente per i servizi offerti dall'azienda.
Si continua a lavorare, ma in una situazione di incertezza, anche perché non arrivano segnali chiari dalla proprietà. L'azienda controlla diversi call center in Italia, e in tutti c'è la stessa situazione; in un caso la disperazione ha spinto una giovane madre ad andare nella sede centrale di questa azienda armata di un coltello. Stiamo parlando di più di seimila persone, ciascuno con la propria storia, i propri problemi, le proprie speranze; e naturalmente con le loro famiglie.
A rendere ancora più incerta la vicenda c'è la notizia che l'azienda sia stata acquistata da un'altra, che non dà alcun segnale, non partecipa ai tavoli convocati dal Ministero per lo sviluppo economico, non informa né i sindacati né i lavoratori. Esiste purtroppo un precedente preoccupante. Questa stessa grande azienda ha acquistato alcuni mesi fa un'altra azienda operante nel settore dei call center e questo ha comportato di fatto il licenziamento di oltre duemila lavoratori, con il rischio molto concreto di non vedersi neppure riconosciuto il tfr maturato nella prima azienda.
La cosa più preoccupante è che tutto questo sta avvenendo in silenzio, è una non-notizia nel tempo della crisi.

1 commento:

  1. Una situazione del genere non ha bisogno di commenti, resoconto esauriente al punto da apparire agghiacciante. Bisogna provare a spingere la gente a parlare con i sindacati e in questo caso a fidarsi. La gente non si fida più, nè della destra, nè della sinistra: ecco perchè si armano di coltello per risolvere il problema di aziende che, approfittando della enorme crisi, fanno del vero e proprio sciacallaggio. Bisogna partire dalla testa, fare in modo che si indaghi sui misteri di questa azienda. Solo l'ispettorato del lavoro può farlo, ma non devo essere io a dirlo a te Luca. Tu sei l'esperto. In bocca lupo a tutti i dipendenti e che sia fatta giustizia al più presto.

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