venerdì 5 marzo 2010

Considerazioni libere (81): a proposito di infanzia negata...

Ecco una storia dei nostri tempi, purtroppo.
Sarah è una ragazzina brillante e vivace. Le piace andare alle riunioni degli scout il lunedì, fare danza moderna il martedì ed è appena stata ammessa nella squadra di ginnastica del locale Circolo delle Aquile, il che significa tre allenamenti settimanali e gare in giro per tutto il paese. Ha un buon carattere, che a scuola la trasforma in una piccola “calamita”, sempre al centro del divertimento. Passa molto tempo al computer e ultimamente ha cominciato a usare internet per giocare e chattare.
Sarah ha anche un segreto: essendo una ragazzina piena di impegni e con molti contatti, è stata reclutata attraverso la chat-room di un sito per bambini per lavorare come venditrice del lettore mp3 firmato Barbie. È un lavoro piuttosto duro; d’accordo, il contratto le fornisce un lettore Barbie rosa nuovo di zecca, ma Sarah deve portarlo sempre con sé: a scuola, in palestra, ai ritrovi degli scout, agli allenamenti, a danza, ovunque. E non può lasciarlo nel suo armadietto: le è stato detto di magnificarne i pregi per tentare di convincere chiunque incontri ad acquistarne uno. Inoltre, deve scattare svariate fotografie per documentare ognuna di queste “operazioni di marketing” e spedirle alla chat room del marchio Mattel.
Questo lavoro, di certo impegnativo, prevede mansioni quali la progettazione e la realizzazione di un proprio blog come fan del lettore nonché il reclutamento di nuovi sostenitori nella sua ampia rete di amicizie. E non è finita. Sarah deve entrare nei suoi siti web preferiti e inserire commenti entusiastici sul lettore Barbie, per poi convincere tutti i suoi amici a raggiungerla sul sito di Barbie Girl, così da poter raccomandare l’acquisto del prodotto nelle conversazioni. Trattandosi di un rapporto di lavoro a tutti gli effetti, Sarah risulta assunta con contratto a provvigione. Può collezionare punti lasciando su altri siti giudizi positivi sul marchio Barbie e può ottenere un bonus fornendo convincenti prove fotografiche del fatto che sta vendendo un sacco.
A proposito, Sarah ha 7 anni.

E' una storia vera - raccontata da Ed Mayo e Agnes Nairn, nel loro libro Consumer kids - e si svolge nella Gran Bretagna dei nostri giorni.
Tutti ci indigniamo - giustamente - quando leggiamo che in Africa o in Asia i bambini vengono fatti lavorare, magari costretti a cucire, a bassissimo costo, quei palloni con cui giocano i loro coetanei in Europa e negli Stati Uniti.
Spero che molte persone si indigneranno anche leggendo la storia di Sarah, che personalmente non considero meno grave. Sarah ha perso parte della propria libertà: per lei il gioco, che dovrebbe essere un diritto sacrosanto per ogni bambino, è diventato un lavoro; per lei ogni amicizia, che per definizione e naturalmente a quell'età, dovrebbe essere spontanea e disinteressata, è finalizzata alla vendita di un oggetto; per lei il valore più importante è diventato il denaro e quello che con esso si può comprare. A Sarah qualcuno ha tolto le favole e l'innocenza.
In questa storia Sarah, e le altre bambine che, come lei, sono le agenti di marketing della Mattel, sono certamente le vittime. I responsabili, a livelli diversi, sono molti: ci sono prima di tutto i genitori, che forse per incapacità a capire o forse per un senso di malriposto orgoglio, hanno accettato supinamente questo stato di cose; poi ci sono gli "esperti" della Mattel che hanno pensato a questa nefandezza: servi zelanti dei maggiori responsabili, quei manager, quegli amministratori, quegli azionisti che, in nome del profitto, sono disposti a commissionare ogni cosa pur di aumentare le vendite e i guadagni. Mi rendo conto che magari farò la figura del "vetero-sinistro", eppure qui mi pare che ci troviamo di fronte alla faccia peggiore del capitalismo.
Però sarebbe troppo facile dare soltanto a queste persone la colpa di questa situazione. Anche noi siamo un po' responsabili se Sarah è diventata, a soli sette anni, una pedina di questo ingranaggio: i modelli che la società le mette di continuo di fronte - a lei come ai suoi genitori - sono persone che diventano "qualcuno" perché sono ricche o il cui obiettivo è diventarlo, a qualunque mezzo. Nella nostra società il valore sociale della "roba" diventa ogni giorno più importante, abbiamo accettato che questo sia un elemento di progresso, dimenticando che dovrebbe esserci di più e di meglio.
Soprattutto per le bambine come Sarah che hanno il diritto a un mondo diverso.

Nessun commento:

Posta un commento