giovedì 17 giugno 2010

Considerazioni libere (129): a proposito di potere e di poteri...

Lo ammetto: Berlusconi ha proprio ragione.
Immagino che i miei sparuti lettori siano rimasti stupiti da questa mia frase così perentoria. Non fraintendete; penso che in questi giorni stia dicendo delle terribili castronerie - come quella sui sette milioni di intercettati - ma credo che almeno una cosa l'abbia detta giusta: in Italia il presidente del consiglio ha pochi poteri, non così pochi come lamenta lui, ma ne ha effettivamente pochi. Il presidente del consiglio italiano ha certo meno potere di Gheddafi e di Putin - i modelli internazionali a cui Berlusconi ama ispirarsi - ma ne ha meno del presidente francese, del premier inglese e del cancelliere tedesco, per rimanere in un ambito democratico. Parlo qui di potere costituzionale, formale, di quello che i latini chiamavano imperium; poi c'è l'auctoritas, l'autorevolezza, il carisma, che esula da qualunque meccanismo costituzionale, e qui, come il coraggio per don Abbondio, se uno non l'ha, c'è poco da fare. E Berlusconi, almeno per una parte degli italiani, non ce l'ha.
Nel suo modo rozzo e semplicistico Berlusconi mette il dito in una contraddizione su cui prima o poi sarà necessario intervenire; realisticamente sarà possibile farlo soltanto quando lo stesso Berlusconi avrà lasciato la politica e questo è uno dei grandi problemi del nostro paese. Per una serie di ragioni storiche ormai a lungo approfondite e studiate, i costituenti immaginarono una forma di governo in cui ci fosse una distruzione equilibrata del potere. Al di là dei giudizi di merito, la nostra Costituzione disegna una repubblica di tipo parlamentare con un esecutivo piuttosto debole e una presidenza della repubblica dalle prerogative limitate e rigide: si tratta di un sistema complesso i cui vari elementi si tengono in equilibrio reciproco. Si tratta però di un equilibrio molto fragile.
Senza tener conto di questo, dalla metà degli anni novanta sono stati introdotti degli aggiustamenti, non sempre coerenti gli uni con gli altri, e quell'equilibrio si è perso, forse definitivamente. Abbiamo modificato diverse volte la legge elettorale che, seppur non prevista dalle norme costituzionali, fa parte integrante della nostra Costituzione materiale; si è introdotto il meccanismo di designazione popolare del primo ministro, senza però modificarne il ruolo; abbiamo modificato il rapporto tra stato e regioni, lasciando una confusione che sta intasando la Corte costituzionale di cause per conflitti di competenza.
Se a questo sciagurato "taglia-e-cuci" istituzionale, si somma il fatto che, sempre dall'inizio degli anni novanta, è tramontato il sistema di partiti che aveva creato e tenuto in equilibrio quel disegno costituzionale, si capisce a che punto siamo arrivati. Nell'Italia di prima di Tangentopoli - non mi piace l'espressione "prima Repubblica" perché non è mai nata la "seconda" - non era necessario che il presidente del consiglio avesse molti poteri, perché questi, chiunque fosse, faceva parte di un sistema in cui c'erano altre figure, inclusi i segretari di partito - ormai spariti come ruoli simbolici e di potere - che contribuivano a governare il paese. Quel sistema aveva moltissimi difetti, ma ha avuto il merito storico di trasformare un paese poverissimo, uscito pesantemente sconfitto dalla guerra, in uno dei paesi più ricchi del mondo, solidamente inserito nel sistema di relazioni europee. Questo è stato pagato a un prezzo altissimo da una parte del paese, dagli operai ad esempio, ed è avvenuto a discapito di una parte del paese, il nostro Mezzogiorno, che è rimasta sostanzialmente ferma e purtroppo vittima di una criminalità organizzata sempre più ramificata e potente, eppure questo progresso è avvenuto.
Bisognerà prima o poi, passati questi lunghi anni di "regime" berlusconiano e questa transizione, che sta abbattendo il paese, cominciare a riflettere sulla nostra storia e rimettere mano davvero alla Costituzione, nella consapevolezza che ritocchi non sono più necessari e serve uno schema nuovo. Non so se ci arriveremo.

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