Al punto in cui è giunto lo scontro politico all'interno della maggioranza che ha vinto le elezioni del 2008, non è improbabile che il parlamento venga sciolto prima della scadenza naturale e che si torni a votare nella prossima primavera.
Purtroppo il Partito Democratico è la forza politica al momento più impreparata ad affrontare il voto, perché mancano - o almeno non appaiono ai più - né uno schema strategico né un disegno tattico. Purtroppo altrettanto impreparato è lo schieramento a sinistra del Pd, che non si è ripreso dalla sconfitta bruciante di due anni fa e non riesce ancora a trovare in Vendola un leader capace di riunire le forze della sinistra che ci sono nella società; lo stesso Vendola peraltro fatica a trovare un proprio ruolo e probabilmente il fatto di avere un compito istituzionale piuttosto complesso non lo aiuta in questo lavoro.
E' comunque il Pd a essere in maggior difficoltà. Il leader del maggior partito di opposizione dovrebbe essere il candidato naturale a guidare la coalizione e a proporsi come futuro capo dell'esecutivo, ma da diversi settori del partito questo automatismo è più o meno implicitamente negato: Chiamparino si è autocandidato a future primarie, Fioroni dice che è necessario un nuovo Prodi capace di essere sintesi di una coalizione vasta che dovrebbe andare dalla sinistra radicale all'Udc, lo stesso Bersani pare incerto, dando l'impressione che tema la sconfitta e il conseguente dibattito interno sulla sua segreteria che ne deriverebbe.
Tutte la valutazioni che in questi giorni fanno i dirigenti del Pd ruotano attorno al tema delle alleanze ed è naturale che sia così, ma il Pd pare sempre in posizione subordinata. Nella fantasiosa ipotesi si una sorta di rassemblement democratico, che includerebbe anche Fini, il Pd si troverebbe gioco forza in una posizione di minoranza. Nello schema che vede un'alleanza tra l'Udc e il Pd, guidata da Casini, al di là di un forte ridimensionamento delle tematiche progressiste, non ci sarebbe nulla di quello che rappresentò Prodi nel '96; in quel caso non si trattava soltanto di un'alleanza tattica, guidata da una personalità di centro potenzialmente capace di attrarre maggiormente i ceti moderati, ma c'era un progetto politico con caratteri innovativi, c'era l'idea di costruire un nuovo polo politico, l'Ulivo, che finì purtroppo senza riuscire a mostrare il suo potenziale riformista e che non si riuscì più a far rinascere nel 2006. Anche l'ipotesi di tornare alla cosiddetta vocazione maggioritaria, se fosse vissuta come nel 2008, ossia come un elemento di isolamento - magari mantenendo la sola alleanza con l'Italia dei valori - sarebbe un segno di debolezza e l'annuncio di una nuova sconfitta. I dirigenti del Pd, e Bersani prima di tutto, dovrebbero lavorare affinché il partito diventasse l'elemento catalizzatore della futura alleanza di centrosinistra: sono le altre forze politiche che dovrebbero porsi il problema se e come allearsi con il Pd, e non il contrario, come sta avvenendo invece ora. Questo naturalmente richiede una chiarezza di proposte che, al momento, non c'è.
Come è noto, comunque, i dirigenti del Pd pensano che la soluzione migliore allo stallo provocato dalla rottura traumatica avvenuta nel principale partito del centrodestra non sia il ricorso al voto, ma la formazione di un nuovo governo - definito di volta in volta di garanzia o di transizione o di responsabilità istituzionale - che abbia il compito minimo di cambiare l'attuale legge elettorale, la "porcata", secondo la definizione di Calderoli, che l'ha elaborata. A parte il fatto che investire tutto su questa unica possibilità è piuttosto rischioso, perché le variabili sono davvero tante e piuttosto aleatorie, non è affatto chiaro come dovrebbe essere cambiata la legge elettorale. I dirigenti del Pd dicono che occorre restituire ai cittadini la facoltà di scegliere i propri parlamentari, ma questo risultato si può ottenere sia con un sistema maggioritario a collegi elettorali sia con il ritorno al proporzionale puro con le preferenze, per citare soltanto i due estremi, tra cui si trovano una serie piuttosto ampia di varianti, come dimostra anche la nostra storia recente in fatto di sistemi elettorali. Qual è il sistema sostenuto dal Pd? Forse i sostenitori della vocazione maggioritaria preferiranno un sistema con una forte quota maggioritaria, mentre coloro che lavorano per una nuova aggregazione delle forze politiche preferirebbero un sistema con una più forte proporzionale. Non si tratta di una questione peregrina, ma l'ennesima dimostrazione della difficoltà di avere una linea chiara e comunque questa indecisione renderà ancora più difficile, se non impossibile, coagulare una maggioranza ampia su una proposta di riforma. O, anche in questo caso, il Pd dovrà andare a traino di una proposta non sua, come quella elaborata dall'Udc e dai fautori del cosiddetto "terzo polo".
A scanso di equivoci, ripeto che non sono contento dei problemi del Pd; spero sempre che qualcosa cambi...
Considerazione scritta giovedì 12 agosto
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