giovedì 9 dicembre 2010

Considerazioni libere (187): a proposito di due giovani italiane...

Degli adolescenti si parla pochissimo in questo paese, come se non esistessero, come se non avessero diritti. Non ci preoccupiamo, a parte le loro famiglie - e non tutte purtroppo - e i più consapevoli dei loro educatori di come stanno crescendo in questa società "vuota", come la racconta il Rapporto del Censis e come la vediamo ogni giorno, se solo abbiamo il coraggio e la voglia di alzare lo sguardo dai nostri piccoli interessi di tutti i giorni.
Degli adolescenti non ci occupiamo, a meno che non diventino protagonisti di fatti di cronaca nera. Di Sarah Scazzi ci sembra ormai di conoscere tutto, non solo il suo bel viso di quindicenne; conosciamo i suoi segreti più intimi, i suoi sogni, la sua voglia di andare via da Avetrana, il suo desiderio di sentirsi più grande, il suo bisogno di un rapporto affettivo che non trovava nella famiglia. I giornali e soprattutto le reti televisive hanno scavato oltre il lecito nella vita di questa ragazza, uccisa dalla follia, più o meno lucida, di un suo familiare. Di Yara Gambirasio - che nauralmente si spera possa tornare dalla sua famiglia, dimenticando, per quanto possibile, questa terribile storia - sappiamo meno, per la riservetezza della sua famiglia e della sua comunità; ci sono diventati ormai consueti il sorriso con l'apparecchio e lo sguardo intenso dopo un'esercizio, conosciamo la sua normalità, e pare che questo non sia sufficiente agli sciacalli che hanno bisogno di un nuovo caso da prima pagina. Giorni fa ho notato lo stupore di un cronista che faceva notare che nei tabulati telefonici di Yara c'erano soltanto una decina di numeri telefonici ricorrenti, quelli dei genitori, dell'allenatrice, delle compagne di scuola e di palestra. Spero sinceramente che analizzando i tabulati telefonici di molte tredicenni si possa fare un'analoga scoperta.
C'è una prima considerazione che nasce intorno a queste due storie. Di fronte alla morbosità dei media la famiglia di Sarah e la comunità di Avetrana non hanno saputo opporre alcuna difesa. Sarah era scomparsa da pochissimo tempo quando già i vari protagonisti della vicenda erano stati intervistati da questa o quella rete televisiva e le giornaliste appostate davanti alla casa di Sarah si mandavano messaggini con le cugine. Ho visto brani di un'intervista - naturalmente "esclusiva" - alla madre di Sarah condotta insieme dagli inviati del Tg1 e del Tg5, in cui questi due impuniti si rivolgevano alla signora dandole del tu. Durante i collegamenti non sono mai mancati quelli che facevano capolino nello sfondo, fino ad arrivare ai "viaggi tutto compreso": villetta degli Scazzi, villetta dei Misseri, pozzo del ritrovamento. Ad Avetrana abbiamo assistito - e assistiamo ancora purtroppo - al peggio che può offrire di sé una famiglia e una comunità, compreso il monumento funebre alla memoria di Sarah offerto dal Comune.
Della famiglia Gambirasio non ci sono interviste, non ci sono foto, se non quelle strettamente necessarie di Yara, e le immagini dei genitori che entrano ed escono dalla stazione dei carabinieri. Dietro agli inviati non appare mai nessuno, ma sappiamo che da giorni, nonostante le difficile condizioni meteorologiche, gruppi di volontari di Brembate perlustrano le campagne per trovare un qualche indizio che porti a Yara. Non ci sono state fiaccolate, ma soltanto una veglia di preghiera, a il parroco ha vietato l'accesso ai giornalisti. Naturalmente Brembate non è il paradiso: Yara è scomparsa probabilmente rapita da una persona che conosceva e di cui si fidava; quando i carabinieri hanno arrestato per errore un giovane marocchino, sono comparsi cartelli razzisti, che invocavano una vendetta sommaria. Va dato atto al sindaco leghista e alla maggioranza di quella comunità di aver saputo condannare queste pulsioni, rientrate prima che si sapesse definitivamente che si era trattato di un tragico errore.
Esiste un'Italia solidale, che non si fa irretire dalle sirene delle telecamere e la dignità della famiglia Gambirasio dovrebbe essere di insegnamento per tanti.
Naturalmente rimane il dramma di Sarah, uccisa dalla sua famiglia. Non è inutile ricordare che la grande maggioranza dei delitti e delle violenze contro le donne avviene dentro le mura di case e per responsabilità di uomini che loro conoscevano bene: in questo la vicenda di Sarah è purtroppo di una tragica normalità, anche se è più semplice trovare il "mostro" fuori, magari tra gli "altri" oppure in Facebook, da subito considerato il colpevole della vicenda. Speriamo che la storia di Yara non diventi l'ennesimo dramma di questo tipo e francamente a questo punto non è determinante se il "mostro" sia di fuori o uno di Brembate, la cosa importante è che la ragazza possa essere salva. In ogni caso è importante che la punizione, per chi ha ucciso Sarah, per chi ha rapito Yara, per chi uccide ogni giorno donne, più o meno giovani, sia durissima. Come ha ricordato ieri Claudio Magris, "troppo spesso si dimentica che Dio è anche collera".
Poi sarebbe necessario che tutti noi cominciassimo a occuparci di più degli adolescenti e delle adolescenti, anche al di là della cronaca nera.

Nessun commento:

Posta un commento