In un primo momento avevo deciso di non scrivere nulla sul cosiddetto caso Battisti. Mi pare che il centrodestra utilizzi questo tema in maniera strumentale; B e i suoi gerarchetti si esercitano a fare la faccia truce, sperando di far dimenticare che di fatto non c'è più una solida maggioranza parlamentare e che il governo continua a vivere solo grazie alla paura delle elezioni che hanno i partiti di opposizione, di destra, di centro e di sinistra. L'elemento più interessante dell'intera vicenda è l'ormai acquisita consapevolezza che il Brasile è diventato uno dei nuovi protagonisti della politica internazionale: penso che Lula si sia interessato ben poco della storia personale e politica di Battisti e che sia prevalsa la voglia di prendere a pesci in faccia un paese dell'ormai decaduto club dei G7. Inoltre sulla credibilità all'estero di B e del suo vacuo ministro degli esteri è meglio stendere un velo pietoso.
Ho cambiato idea, tediando i miei sparuti lettori con questa lunga premessa, perché il caso Battisti mi ha portato a una riflessione più interessante, che voglio condividere con voi. La vicenda del terrorista dei Pac e i commenti che ne sono seguiti dimostrano ancora una volta che il nostro paese non ha fatto i conti con il fenomeno del terrorismo politico che lo ha colpito dalla fine degli anni Sessanta alla prima metà degli Ottanta.
Di quel periodo e di quello che ha significato nella storia italiana parlano unicamente o le vittime e i loro familiari o gli stessi ex-terroristi: francamente nessuna delle due "categorie" può dare un giudizio sereno e obiettivo su quei fatti. Non voglio affatto sminuire l'altissimo valore morale e civile della testimonianza e dell'impegno dei familiari delle vittime e delle loro associazioni, che sono rimasti soli nella loro sacrosanta battaglia per la verità. Proprio per questo penso che non si possa chiedere a loro di svolgere una funzione che dovrebbe essere svolta dalle istituzioni. Recentemente un magistrato incapace ha vincolato la sua decisione di autorizzare uno sconto di pena per un terrorista all'approvazione dei familiari delle sue vittime. A chi ha perso un padre, un marito, un figlio non si può chiedere di essere santi e sante, non si può negare loro il desiderio, più o meno esplicito, di avere vendetta e non solo giustizia. Torregiani del tutto legittimamente potrebbe chiedere che Battisti fosse incarcerato per sempre.
Trovo poi difficilmente accettabile che alcuni ex-terroristi salgano in cattedra - in alcuni casi non solo metaforicamente - non per spiegare e raccontare tutta la verità, ma quasi per rivendicare alcune scelte di quegli anni, per giustificare e giustificarsi. Chi ha ucciso, chi ha usato la violenza per sostenere le proprie idee politiche, non ha diritto a simili platee.
Uno stato serio, passati ormai alcuni anni da quei momenti così drammatici, dovrebbe fare una grande operazione di verità. Assicurati prima di tutto i rimborsi e i diritti alle vittime e alle loro famiglie - che invece ora troppo spesso sono bloccati e ritardati da leggi cervellotiche e da una burocrazia ottusa - uno stato serio dovrebbe proporre una riflessione nazionale su un fenomeno storico che non solo ha sconvolto la vita di tante famiglie, ma ha oggettivamente cambiato il corso della storia nazionale. Senza gli attentati neofascisti di piazza Fontana e di piazza della Loggia da un lato e senza il rapimento e l'uccisione di Aldo Moro d'altro il corso degli eventi sarebbe stato certamente diverso. Fatta questa riflessione, fatti conti con la verità, si potrebbe anche immaginare una soluzione extragiudiziale per gli ex-terroristi, almeno per quelli che avessero collaborato davvero alla riscrittura di quelle pagine di storia. Purtroppo questa storia non la si vuole raccontare, evidentemente perché nasconde troppi segreti. Perché non sappiamo ancora chi non volle fermare o, peggio ancora, utilizzò i peggiori gruppi neofascisti, perché non sappiamo ancora chi guardò con favore alla morte di Moro, perché non sappiamo perché fu messa una bomba così potente nella sala d'attesa di seconda classe della stazione di Bologna.
Finché non sapremo cosa avvenne davvero, ascolteremo ancora troppe storie autoassolutorie da parte di ex-terroristi e ascolteremo ancora le richieste di verità delle vittime.
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