La soddisfazione è legittima e giustificata: con le amministrative e con i referendum di questa meteorologicamente incostante fine di primavera abbiamo raggiunto alcuni risultati che, se non impossibili, ci apparivano difficilmente raggiungibili solo alcuni mesi fa. Penso sia un errore farsi prendere dall'euforia e dall'entusiasmo e pensare che ormai il più sia fatto, ma sarebbe altrettanto sbagliato sottovalutare i dati positivi, che provo a mettere in fila, almeno per come mi sembrano a me.
Il primo dato è che le forti mobilitazioni per le amministrative e i referendum non sono state estemporanee, ma si inseriscono in una fase della vita sociale italiana che ha visto due importanti momenti di partecipazione: la manifestazione delle donne con lo slogan "se non ora quando?" dello scorso febbraio - per inciso il voto delle donne è stato determinante sia per la vittoria di Pisapia a Milano sia per il raggiungimento del quorum - e lo sciopero generale promosso dalla Cgil nel mese di aprile. Questi due appuntamenti - a cui aggiungerei, seppur con un minor rilievo, l'inaspettato successo della trasmissione di Fazio e Saviano su RaiTre - sono stati importanti per scuotere un clima di apatia e di rassegnazione, che pareva andare generalizzandosi.
Il secondo dato è che queste elezioni ci hanno tolto un alibi: si vince anche senza televisioni. La televisione, sfruttata come al solito da B., non gli è servita per ribaltare l'esito del voto. Questo non significa - si badi bene - che in Italia non ci sia un'emergenza democratica: è grave che non ci sia una legge per impedire una concentrazione, al limite del monopolio, dell'informazione e dell'intrattenimento televisivi e della raccolta pubblicitaria nelle mani di una sola persona o di un solo gruppo editoriale, ed è ancora più grave che non ci sia una legge che impedisca a questo monopolista di candidarsi alle elezioni. Questi sono due nodi da risolvere se vogliamo che l'Italia torni a essere un normale paese europeo. A B. però le televisioni non sono bastate, perché non si può continuare a dire che tutto va bene, quando i problemi sono sotto gli occhi di tutti: il trucco può reggere per un po', ma alla lunga mostra la corda. Le persone hanno riscoperto il gusto di andare in piazza, magari le piazze virtuali di Facebook e di Twitter, ma comunque in tanti hanno voluto dire la propria opinione, hanno voluto metterci la faccia. E questo è un segno di maturità importante.
Il terzo elemento è che la "piazza" del centrosinistra, nella sua accezione più larga, ha mostrato una maturità che negli ultimi anni non aveva saputo trovare. Le manifestazioni di queste giorni non sono né le riunioni un po' snobistiche dei girotondini né i comizi sguaiati di Grillo e infatti, a differenza di quei momenti di partecipazione, hanno vinto e convinto. Bersani e la maggioranza del Pd hanno avuto l'intelligenza e la capacità di capire che i loro elettori erano nettamente schierati per il sì e hanno saputo mettersi a fianco della loro gente. I comitati referendari hanno avuto l'intelligenza di non recriminare il fatto che le firme erano state raccolte contro il parere del Pd, che non aveva concesso ad esempio le Feste dell'Unità, e che una parte di esponenti del partito - una parte dei quali per fortuna se ne sono andati - erano e sono per il no (vero caro "rottamatore" Renzi?).
L'intelligenza, specialmente in politica, non è però qualcosa che si conquista una volta per tutte, bisogna coltivarla; il centrosinistra è maestro nel mandare in malora i risultati positivi ottenuti. Gli italiani si sono espressi in netta maggioranza contro il nucleare e contro una gestione dei bene pubblici affidata ai privati. Bene, proviamo a partire da qui, giocando in positivo questi risultati. Il centrosinistra si faccia promotore di un piano energetico nazionale - che peraltro manca dal 1991 - che, escludendo il nucleare, dica come garantire il fabbisogno di energia in Italia nei prossimi vent'anni; faccia una proposta organica su come gestire un bene come l'acqua. Le teste ci sono, e per fortuna ci sono anche alcune amministrazioni che possono mettere in pratica, per la loro parte, queste proposte. Probabilmente su questo si troveranno dei compagni di strada inaspettati. Non dimentichiamo che in particolare nei referendum c'è stata una parte di elettori che, indipendentemente dal merito dei quesiti, è andata a votare per votare contro B. - penso a una parte degli elettori leghisti e a parte significativa degli elettori della sinistra; questi non sono elettori che automaticamente voteranno per il centrosinistra alle politiche, potrebbero continuare a votare a destra o scegliere l'astensione. Per questi, ma per tutti, c'è bisogno di costruire alcune proposte - non un'enciclopedia - ma che si possano realizzare. Come ho scritto in una "considerazione" dell'anno scorso a proposito della scelta di Pisapia e del voto milanese, si potrebbe perfino vincere.
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