In linea di massima, da cittadino, sarei disposto a subire dei sacrifici - e un così pesante intervento sul territorio è indubbiamente un sacrificio - se ciò significasse un vantaggio per la collettività. Il problema è che in questa vicenda sono ben chiari i sacrifici, ma sono molto più aleatori e vaghi i vantaggi. Personalmente ritengo che, in queste condizioni, la Tav sia un errore e provo a spiegare perché.
Mi pare che in questa vicenda siano state finora prevalenti due opposte visioni ideologiche, quelli che considerano la Tav come un indispensabile elemento di progresso, una necessità strategica per l'Italia e per l'Europa e quelli che la considerano un danno, a prescindere. Fino a quando la discussione rimarrà su questo piano è evidente che nessuno riuscirà a convincere nessuno, tutti rimarranno sulle proprie posizioni, la Tav probabilmente non si realizzerà - e questo per alcuni è evidentemente un fatto positivo - ma non si riuscirà nemmeno a ragionare sul futuro dei trasporti e della logistica in questo Paese - e questo è un grave problema per tutti.
Viaggiare in Italia e far viaggiare le merci in Italia è un'impresa forse paragonabile a quella dei pioneri del selvaggio West: si sa quando si parte, ma non quando si arriverà. In Italia viaggiare è quasi sempre sinonimo di utilizzare l'automobile, far viaggiare le merci significa quasi sempre caricarle su camion. La rete del trasporto ferroviario, al netto della linea ad alta velocità tra Roma e Milano, è nettamente al di sotto degli standard degli altri paesi europei. Discorso analogo può essere fatto per il trasporto pubblico locale, nelle grandi città come nei piccoli centri.
In queste condizioni tra le priorità dell'Italia non c'è la linea Torino-Lione. Prima occorre rendere più snello il traffico locale, migliorando le reti di trasporto pubblico e creando reti di piste ciclabili; decongestionare il traffico di lungo raggio, potenziando la rete ferroviaria, tutta la rete ferroviaria, da nord a sud; ridurre il traffico dei tir, con una politica di disincentivi, attraverso l’imposizione di pedaggi molto più costosi. Come è evidente si tratta di uno sforzo economico incredibile - molto più gravoso di quello necessario per realizzare la Torino-Lione - che richiederebbe miliardi di investimenti diffusi sul territorio. Tra l'altro è lecito chiedersi che visione dell'Italia c'è dietro un'opera che potenzia il traffico di persone e merci tra ovest ed est dell'Italia settentrionale, mentre i collegamenti tra il nord e il sud dell'Italia, quelli sì veramente strategici alla luce dello sviluppo mediterraneo, sono al livello che conosciamo, basti pensare alla Salerno-Reggio Calabria o alle ferrovie siciliane.
Alcuni giorni fa, pochi giorni dopo gli incidenti in Val di Susa, quando sono partiti i lavori del cantiere, mi è capitato di parlare con un'amica "indignata" (credo che la definizione le possa star bene) - pendolare come me e quindi, come me, soggetta ai capricci di Trenitalia. Io criticavo Grillo per le sue estemporenee dichiarazioni sui dimostranti "tutti eroi", lei sosteneva che l'atteggiamento di chi criticava Grillo di fronte a un problema grave come quello della Tav era paragonabile a quello di chi, puntando alla luna, guarda il proprio dito piuttosto che l'astro notturno. Penso avessimo ragione entrambi. Le dichiarazioni di Grillo sono state inopportune, oltre a essere sbagliate, perché hanno alimentato ulteriormente quella discussione ideologica a cui mi riferivo all'inizio di questa "considerazione"; il problema è che le forze politiche, comprese purtroppo le forze di sinistra, preferiscono confrontarsi sui "massimi sistemi", senza affrontare i dati reali.
La linea Torino-Lione riuscirà a diminuire in maniera sensibile il traffico di automobili su quella tratta, come sta avvenendo per la linea Milano-Roma? No, anche perché i flussi di traffico su queste due tratte non sono paragonabili. L'alta velocità sposterà considerevolmente il traffico merci dalla gomma al ferro? No. Per raggiungere questo scopo non serve l'alta velocità, facendo guadagnare un'ora o due di tempo, basterebbe penalizzare la circolazione dei tir sulla strada, mentre in Italia avviene esattamente il contrario. Il problema è che Svizzera e Austria sono impegnati a potenziare la propria rete di trasporto su ferro, mentre in Italia preferiamo "impiccarci" a un progetto che interessa un angolo del paese dove viaggia solo una piccola parte delle merci.
Magari partendo da questi dati potremmo perfino trovare una soluzione. Perfino in Italia.
post scriptum del 2 marzo 2012
In questi mesi non è sostanzialmente cambiato il mio giudizio sul progetto di realizzare la Tav in Val di Susa e quindi ripubblico questa "considerazione", confidando nella consueta pazienza dei miei lettori. Non scriverei più la frase "la Tav probabilmente non si realizzerà"; a luglio del 2011 c'era un governo ben più debole e arrendevole di quello che c'è adesso e quindi penso che su questo - come è avvenuto sulle pensioni e come avverrà sulla riforma dello Statuto dei lavoratori - il governo Monti giocherà la sua partita fino in fondo, dando un segnale ben preciso al paese. A questo tema - che riguarda più direttamente la democrazia di questo paese - proverò a dedicare una nuova "considerazione" nei prossimi giorni.
Rispetto alla riflessione di alcuni mesi fa voglio fare una sola aggiunta, riferita ai costi dell'opera. A chi dice che bisogna comunque andare avanti, credo si debba rispondere che da quando è stata decisa la realizzazione della Torino-Lione a oggi è cambiato il mondo. Anche solo nei pochi mesi che ci separano da luglio scorso - quando ho scritto le righe precedenti - la situazione economica europea - e italiana - è radicalmente mutata. Siamo entrati in un periodo di recessione e questo credo obblighi a maggiore attenzione sull'uso delle poche risorse di cui disponiamo.
Mi preoccupa il fatto che su quanto costerà effettivamente la Torino-Lione ci siano forti divergenze. I comitati della Val di Susa stimano che quest'opera costerà almeno 23 miliardi di euro, a cui si devono aggiungere altre spese difficili da prevedere, ad esempio per la gestione della sicurezza presso i cantieri (per Chiomonte si è arrivati a spendere 90mila euro al giorno); gli stessi comitati denunciano anche una sproporzione nell'accordo con la Francia per la ripartizione dei costi: l'opera sarà per un terzo sul suolo italiano, ma il nostro paese sosterrà il 57,9% delle spese; infine ci sono dei dubbi sull'effettiva misura del contributo europeo. Chi sostiene la necessità di realizzare la Tav, dice invece che costerà 2,8 miliardi di euro, e che questa spesa, dilazionata in dieci anni, è sostenibile; dicono inoltre che il contributo europeo è certo e che potranno esserci anche investimenti privati, sul modello di esperienze simili fatte in Europa. La differenza tra i due dati è troppo grande, anche perché, in buona sostanza, il tracciato non è ancora stato stabilito definitivamente e di conseguenza è difficile credere che i costi possano essere individuati in maniera univoca. Chi sostiene che la Tav debba essere completata gioca con le parole; i lavori non sono mai cominciati veramente né sul versante italiano né su quello francese. E' stata impiantato un cantiere dove saranno raccolti i detriti dei primi scavi conoscitivi che serviranno a ottenere informazioni sul tipo di rocce, in modo da stabilire il tracciato definitivo della linea. Forse siamo ancora in tempo a fermarci, magari decidendo di spendere quei soldi in maniera diversa.
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