giovedì 19 luglio 2012

Considerazioni libere (292): a proposito di come vengono raccontate le donne...

Non so cosa succeda negli altri paesi, ma sicuramente in Italia non riusciamo a parlare di donne senza fare riferimenti, più o meno espliciti, più o meno volgari, al sesso. E non parlo delle cosiddette chiacchiere da bar, ad esempio quando ci si ritrova tra uomini e si millantano le conquiste degli anni ormai passati, ma mi riferisco proprio ai discorsi pubblici, agli articoli dei giornali, alle dichiarazioni rilasciate in televisione, insomma alle parole che riempiono la nostra sfera pubblica. Pensate a quello che è stato detto nei giorni scorsi in riferimento a due persone molto diverse tra di loro, come Nicole Minetti e Rosy Bindi, che però, ciascuna a modo suo, fa notizia.
Purtroppo per lei, il caso della Minetti è esemplare della condizione delle donne in Italia. Come è ormai noto, Nicole Minetti è una giovane donna che si è concessa a un uomo anziano dal "culo flaccido", ricevendone in cambio alcuni notevoli benefici, proporzionali alla ricchezza e al potere di questo personaggio. La storia in sé non è particolarmente originale: sono cose che sono successe e che succederanno, almeno finché esisteranno vecchi con quella sgradevole caratteristica. La novità - direi quasi eversiva - di questo caso è che tra i benefici concessi alla giovane c'è stata la carica di consigliere regionale della Lombardia, facendo diventare quella vicenda privata una questione pubblica. In altri tempi queste transazioni si risolvevano in maniera più discreta, attraverso denaro o regali, o al massimo con un'assunzione in un posto defilato nell'azienda di famiglia. La donna in questione, al di là dei problemi con la propria coscienza, doveva vedersela solo con la maldicenza di un numero ristretto di persone, quella gente che - per dirla con il poeta - "dà buoni consigli, se non può più dare cattivo esempio". La povera Nicole invece se la deve vedere con la maldicenza - e l'invidia - di un intero paese. E in maniera altrettanto discreta si chiudevano questi rapporti. In questo caso invece si è fatto tutto in pubblico, compreso l'irrituale "licenziamento" della consigliera, demandato al fedele Angelino, lesto maggiordomo del principale. Io non sono cattolico e quindi penso che nessuno in questa storia abbia commesso un qualche genere di peccato, ma, anche ammettendo che qualche peccato sia stato compiuto, i peccati - come noto - si fanno e non si dicono. Concordo con voi che può essere un atteggiamento ipocrita, ma ci sono momenti in cui l'ipocrisia serve al vivere civile; almeno io ne ho nostalgia. Nessuno di voi - almeno quelli con un po' di buon senso - ha mai detto durante il pranzo di Natale cosa pensate davvero dei vostri parenti: è la stessa forma di "sana" ipocrisia, che ci permette di convivere in maniera decente con persone che detestiamo. Ho da sempre un giudizio negativo verso gli uomini che vanno a prostitute, come verso quelli che esibiscono le loro amanti come trofei, ma trovo ancora più preoccupante che siamo arrivati al punto che questa esibizione sia così plateale, sfacciata, volgare; lo considero un segno di grave scadimento etico, prima di tutto nei riguardi delle donne, che sono l'oggetto di questo mercimonio. La cosa che mi ha ancora più infastidito è stato leggere, su grandi quotidiani nazionali - non sul Vernacoliere - titoli a tutta pagina come "Trombata la Minetti", in cui si insiste gravemente sul gioco di parole tra il significato, già di per sé poco elegante, del verbo usato ormai sistematicamente per indicare i politici che non ce l'hanno fatta, e il suo significato per così dire "tecnico". Se poi vi prendete la briga di fare un piccolo giro nella rete, ad esempio in un social diffuso come Facebook, dove pure qualche forma di controllo c'è, le volgarità si sprecano e sono tutte naturalmente a sfondo sessuale; io la rete la uso e non sono di quelli che dicono "ci sono volgarità nella rete, chiudiamo la rete", è una stupidata, ci sono volgarità nella rete perché il nostro mondo è volgare, il nostro modo quotidiano di parlare è volgare, i giornali che leggiamo sono volgari, la televisione che guardiamo è volgare. Sarebbe curioso se la rete, che per di più gode di una qualche forma di anonimato - come il becero che nella folla poteva urlare il suo insulto, certo di passare inosservato in mezzo alla massa - non rispecchiasse il mondo che c'è fuori. Un mondo che sempre più non mi piace, a cui non mi voglio adeguare: invecchiare offre almeno questo vantaggio. E - ahi noi - la vicenda della Minetti non è ancora conclusa: leggo che una delle possibili contropartite per ottenere le sue dimissioni sarebbe la possibilità di condurre un programma televisivo. Capite che siamo all'apoteosi degenerativa di un modo di pensare e di vivere: al confronto la cena di Trimalcione ci appare davvero come una "cena elegante", sempre per citare un noto puttaniere italiano.
Alla Bindi è successa più o meno la stessa cosa, quando è incappata nel tema scivoloso del riconoscimento delle famiglie formate da persone dello stesso sesso. Non entro qui nel merito della vicenda, lo hanno fatto molto bene altri in questi giorni, a me interessa il contorno. Ora io non sono mai stato un sostenitore di Rosy Bindi, anche quando lei era di moda nello stesso mondo di sinistra che ora la dileggia. Uno dei motivi - ovviamente non il solo - perché non sono entrato e non entrerò nel Pd è perché è entrata e ci resta Rosy Bindi, con cui io sono politicamente incompatibile. Ovviamente è un problema mio e non certo della Bindi né degli amici del Pd, che l'hanno legittimamente eletta presidente del loro partito. Della Bindi mi spaventa il fatto che sia una persona dall'adamantino rigore etico e dalle convinzioni filosofiche e religiose molto nette: in una persona così l'integralismo è sempre in agguato, tanto più pericoloso perché ammantato di buoni sentimenti. Bindi - come succede alle persone come lei - vive in un proprio mondo ideale, che è ovviamente molto diverso da quello che c'è realmente là fuori e su cui chi fa politica dovrebbe esercitarsi, magari sbagliando. Per questi motivi da una persona come la Bindi io non mi aspetto arrivi una proposta sulle famiglie delle persone dello stesso sesso e mi stupisco quando qualcuno pensa il contrario. Ora io non sono d'accordo con Bindi, la critico, usando argomenti su cui voi potete dissentire, su cui certamente lei dissentirebbe - perché è convinta di essere una perfetta democratica - ma non mi verrebbe mai in mente di collegare le sue idee alle sue scelte personali e sessuali, come invece è successo nei giorni scorsi. Sono state volgari - come di consueto - le parole di Grillo - che si sta specializzando nel genere, come il Bossi dei giorni migliori - e sono volgari molte delle battute che circolano, ancora una volta, nella rete. A nessuno sarebbe venuto in mente di fare le stesse battute su Fioroni, se fosse stato lui a presiedere quella seduta e a prendere quella decisione, perché Fioroni è un uomo.
Quando c'è un problema culturale tutti noi portiamo una parte di responsabilità. A molti di noi è capitato di pensare - e di dire - che una nostra collega di lavoro che ci ha risposto male lo ha fatto perché era in "quei" giorni o perché non aveva avuto adeguate soddisfazioni la sera precedente. No, la risposta è molto più semplice: quella collega ci ha risposto male perché è una stronza, così come lo è un nostro collega maschio o anche un nostro collega omosessuale. Il sesso non c'entra. Se ci pensate di casi come questi ce ne sono di più di quanti ci piaccia ammettere. Le teste, come si sa, sono difficile da cambiare; però bisognerebbe provarci.

1 commento:

  1. Mi trovo d'accordo, soprattutto pensando a come, anche nei quotidiano rapporti personali, critichiamo gli altri. Se una donna al volante ci taglia la strada, spesso la si insulta riferendosi al mestiere più antico del mondo. Quando invece lo fa un uomo, l'insulto è diverso.
    Bisognerebbe partire dai comportamenti, piccoli e quotidiani, per migliorare noi stessi; perché è lì che si può annidare quel maschilismo che viene poi foraggiato e slleticato dai media e dai politici.

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