giovedì 26 luglio 2012

Considerazioni libere (294): a proposito i soldi che vanno e che vengono...

Spulciando nella rete ho scoperto una "piccola" storia greca che, secondo me, merita di essere maggiormente conosciuta, anche perché spiega bene il funzionamento dei cosiddetti "mercati", questa anonima e potente entità, che regola le nostre vite molto più di quanto facciano o abbiano mai fatto i governi. Visto che con questi "mercati", e soprattutto con i mercanti, dovremo convivere a lungo, è meglio imparare a conoscerli.
E' una storia di qualche settimana fa, prima delle elezioni greche, quando il capo del governo era ancora il "tecnico" Papademos, messo lì dalle autorità finanziarie internazionali a commissariare il paese, con il beneplacito dei governi europei e il tacito atto di sottomissione dei partiti greci "responsabili". Il governo, che pure avrebbe annunciato qualche giorno dopo che a luglio non ci sarebbero stati i soldi per pagare le pensioni e gli stipendi dei dipendenti pubblici - un annuncio che, nell'imminenza delle elezioni, doveva servire a spaventare i greci affinché non votassero per i pericolosi "bolscevici" di Syriza - ha deciso di ripagare all'intero valore nominale 436 milioni di titoli del tesoro emessi dieci anni prima e che stavano per scadere. Tra chi ha beneficiato di questo pagamento ci sono alcuni fondi privati, quelli che di solito indichiamo sinteticamente all'interno della voce "mercati", ma che forse sarebbe ora di cominciare a chiamare con il loro nome e cognome: Elliot Associates del Regno Unito, Loomis Sayles e Blackrock degli Stati Uniti, la banca svizzera Julies Baer, il gestore di fondi francese Natixis, il tedesco StarCap e il lussemburghese Ethenea Independent Investors. Questi fondi fanno parte di quel 4% dei creditori greci che non ha accettato i termini dell'accordo di ristrutturazione del debito di 206 miliardi di euro, accordo stipulato nello scorso mese di marzo sotto l'egida della famosa troika, ossia Commissione europea, Banca centrale europea e Fondo monetario internazionale. Questi fondi - definiti "avvoltoi" - hanno fatto una scommessa, solo apparentemente rischiosa: l'accordo imposto dalla troika, che prevedeva la perdita di più della metà del valore nominale dei titoli del tesoro emessi dalla Grecia, sarebbe entrato in vigore soltanto se fosse stato sottoscritto da almeno i tre quarti dei creditori. Il 96% ha sottoscritto l'accordo, accettando che i loro titoli perdessero valore, e questo ha fatto sì che arrivassero nuovi soldi "freschi" ad Atene: dei 130 miliardi dati alla Grecia dall'Europa, 90 erano vincolati a pagare i debiti con le banche europee, con una sorta di partita di giro, per cui i governi europei hanno dato soldi alle loro banche. Con questi soldi, per avere i quali è stato cancellato ogni forma di stato sociale in Grecia, il governo ha pagato sia i creditori "buoni" sia gli "avvoltoi", che non avevano accettato gli accordi e quindi la riduzione del valore dei loro titoli, come è appunto avvenuto con i 436 milioni pagati da Papademos poche settimane fa.
Il punto fondamentale - che fa capire perché l'operazione non sia stato un "rischio", ma un saggio investimento - è che i titoli greci, a seguito delle valutazioni estremamente negative delle agenzie di rating, che avevano già condannato il paese al fallimento, non avevano più valore ed erano già stati considerati "persi" dai grandi investitori; in questa situazione incassare anche solo il 40% del loro valore nominale, come hanno fatto i creditori "buoni" - in primis le banche tedesche e francesi - era già considerato un guadagno, perché anche nell'alta finanza, vige l'adagio contadino, secondo cui "piuttosto che niente, è meglio piuttosto". Immaginate invece cosa ci hanno guadagnato gli "avvoltoi", che si sono visti ripagare il 100% di titoli che valevano ormai zero. Da notare che gli "avvoltoi", presagito il possibile guadagno, non si sono limitati a portare all'incasso i titoli comprati dieci anni prima, ma hanno rastrellato sui mercati secondari i titoli greci, che non valevano più niente e che quindi sono stati comperati a prezzi molto inferiori al loro valore; in particolare hanno comprato quei titoli i cui contratti di vendita erano registrati a Londra e non in Grecia e che quindi non potevano ricadere in possibili cambiamenti retroattivi della legge greca. Inoltre avendo in mano titoli registrati in Gran Bretagna, se il governo greco si fosse mai rifiutato di pagare, avrebbe potuto essere citato in giudizio di fronte a una corte internazionale, come successe dieci anni fa con l'Argentina. Papademos comunque non era il tipo per un'operazione del genere, il suo compito - quello per cui era stato messo lì da Draghi e "compagni" - era quello di "dare fiducia" ai mercati, ossia di pagare i debiti, senza fare troppe distinzioni tra creditori "buoni" e "avvoltoi". Il conto è stato pagato dai cittadini greci, ma questo per Draghi, per Lagarde e per gli altri protagonisti di questa storia è davvero l'ultimo dei pensieri.
Il vero problema è che la distinzione tra investitori "buoni" e "avvoltoi" è un'ipotesi di scuola, una distinzione che ho usato io per spiegare meglio quello che è successo nelle scorse settimane ad Atene. Come si sa, "di notte tutti i gatti sono bigi" e adesso è veramente scuro. Questi 436 milioni pagati dall'Europa, attraverso Papademos, agli "avvoltoi" sono soltanto una parte, neppure troppo significativa, della prima tranche di 4,2 miliardi che l’Europa ha appena erogato ad Atene. Gli "avvoltoi" per operare sul mercato prendono a prestito gran parte del denaro da banche private; molto probabilmente i titoli greci sono stati rastrellati con soldi presi a prestito da banche che avevano avuto accesso alla liquidità offerta a tassi bassissimi dalla Banca centrale europea negli ultimi mesi. Naturalmente non potremo mai saperlo, perché i soldi circolano molto velocemente e a un certo livello diventa impossibile seguirne i tortuosi percorsi. Non ne conosciamo i passaggi intermedi, ma sappiamo da dove sono partiti e dove sono arrivati: sono soldi nostri, soprattutto dei cittadini tedeschi - con buona pace della faccia feroce che frau Merkel fa in occasione di ogni vertice europeo - che diventiamo ogni giorno più poveri, anche perché viene man mano cancellata ogni forma di ammortizzatore sociale - avrete visto che negli ultimi dieci anni gli stipendi degli italiani sono rimasti fermi - mentre questo fiume di denaro va a beneficio dei pochissimi grandi investitori e dei manager delle società, sia le "buone" che gli "avvoltoi", che lucrano su queste operazioni finanziarie. I creditori, "buoni" e "avvoltoi", che aspettano di essere pagati dalla Grecia - e che alla fine pagheremo noi cittadini, greci, tedeschi, italiani, poco importa di che paese siamo, sempre dobbiamo pagare - possiedono titoli per 6,4 miliardi di euro.
Naturalmente tutte queste operazioni di rastrellamenti, di vendite, di speculazioni sono perfettamente legali; anzi, in questo tempo di pensiero unico ultraliberista, viene tendenzialmente considerato illegale chi osa criticare questi benefattori dell'umanità, questi campioni del capitalismo. Noi vediamo che la miseria in Grecia, in Spagna, in Italia - in tutta Europa - aumenta,  grazie agli "avvoltoi" che possono continuare a volteggiare indisturbati su di noi, perché né la Bce né i governi europei fanno davvero qualcosa per cacciarli. E se proviamo a lanciare un sasso contro di loro, rischiamo noi.

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