Del nuovo governo, qualche giorno prima che nascesse, ho già parlato nella "considerazione" nr. 385, a cui vi rimando, se non avete già avuto la pazienza di leggerla. Anche se non l'avete letta, immaginerete come il mio giudizio su Renzi e compagnia sia totolmente negativo.
Quando si fa un nuovo governo, i nomi contano - anche se tutti si affannano a dire che sono più importanti i programmi: balle - soprattutto se quel governo è sostenuto dalla stessa maggioranza di quello che c'era prima e se ne condivide gli stessi obiettivi di fondo. Renzi ha spiegato agli italiani, con una franchezza che, se fosse vera, si potrebbe perfino giudicare lodevole in un paese dove l'ipocrisia tende sempre a prevalere, che il governo precedente non era in grado di fare le riforme necessarie per salvare questo paese. Questo è stato il motivo esplicito della sua decisione di sfiduciare Letta e di prenderne il posto, assumendo su di sé tutti i rischi dell'operazione, che oggettivamente ci sono. I veri motivi - come ho cercato di spiegare - sono altri, ma sono meno spendibili dal punto di vista mediatico e soprattutto molto meno commendevoli.
Ora vediamo i nomi. Al di là della retorica dei renziani e degli organi di informazione già schierati con il nuovo "salvatore della patria", un qualche risultato è stato raggiunto: è un esecutivo snello, il più giovane dell'età repubblicana e soprattutto con lo stesso numero di donne e di uomini. Sono colpi ad effetto di un politico che sa maneggiare queste cose.
Mi permetto comunque di far notare alcune cose che tendono a rendere un po' meno brillante questo risultato. Il ministro dell'interno è lo stesso del governo uscente, per quanto non sia più vicepresidente; era inevitabile visto che si tratta del leader del secondo partito della coalizione, ma almeno gli si poteva affidare un altro dicastero, visto che non ha esattamente brillato alla guida del Viminale, come lo stesso Renzi aveva fatto notare in altri momenti. Quattro dei "nuovi" ministri erano già membri del gabinetto precedente. In particolare è stato riconfermato quello a cui Letta aveva assegnato il "coordinamento dell'attività di governo" e che era diventato il numero due di fatto dell'esecutivo. Ovviamente Renzi può scegliere chi vuole, ma questa scelta desta qualche sospetto, come fosse il pegno per qualche "servizio" non proprio rispettabile compiuto da questo personaggio; e comunque il nuovo presidente spero ricorderà che chi è abituato a tradire, tende a farlo sempre e, in questo caso, si tratta ormai di un "traditore seriale". Anche il "nuovo" sottosegretario alla presidenza era ministro del governo uscente; due sottosegretari sono stati promossi a ministri negli stessi dicasteri e un altro è stato promosso, cambiando competenze (poco male, il nostro non capisce nulla di ambiente quanto non capiva nulla di istruzione).
Dal momento che i già visti li conosciamo, nel bene e soprattutto nel male, Renzi deve avere proprio una gran fiducia nei nuovi.
Partiamo intanto dal ministro che non c'è. Come è ormai noto, l'incontro tra Napolitano e Renzi è stato così lungo, perché il vecchio non ha accettato la nomina di Nicola Gratteri a ministro della giustizia e ha imposto una soluzione diversa. Sarà necessario capire perché il vecchio si è imposto con tale tenacia, al punto da sacrificare un'amica di vecchia data come Bonino, che infatti stava a casa, certa della riconferma, grazie ai buoni uffici del Quirinale. Non sarò così maligno da dire che la criminalità organizzata ha influito sulla scelta del vecchio: sinceramente non lo penso neppure io, che pure penso tutto il male possibile dell'inquilino abusivo del Quirinale. Neppure Renzi avrebbe mai voluto nominare qualcuno davvero in grado di sconfiggere mafia, camorra e 'ndrangheta, ma voleva fare, anche in questo caso, un colpo ad effetto, capace di mettere in qualche difficoltà una parte del movimento di Grillo e Casaleggio. Certo Gratteri non avrebbe fatto dei miracoli, ma probabilmente avrebbe messo in subbuglio una struttura gerontocratica e sclerotizzata come quella giustizia italiana, e siccome Napolitano di questa gerontocrazia sclerotizzata è il nume tutelare, ne ha impedito la nomina. Questa mancata designazione è il segno più evidente di quanto sia ormai potente la burocrazia centrale in questo paese, fatta di satrapi e mandarini sempre più potenti e corrotti. Contro questo blocco di potere Renzi è destinato a essere sconfitto, a meno che non si allei con una parte di esso, come farà, affinché questi gli concedano di gestire una fetta di sottogoverno. Ed è anche il segno che il vecchio, pur essendo stato sconfitto dai poteri che sostengono Renzi, non intende mollare la presa e venderà cara la pelle. Non illudiamoci - e non si illuda Renzi - in sue dimissioni; deve intervenire la natura per risolvere il problema del Quirinale.
Quindi il ministro della giustizia non l'ha deciso lui. Neppure il ministro dell'economia l'ha deciso lui, ma con tutta evidenza l'hanno scelto quelli della troika, che hanno commissariato i nostri conti pubblici; non si potrà derogare dai vincoli da loro imposti, nonostante perfino il vecchio ora dica - con un'ipocrisia che sfocia nella presa per il culo - che l'Europa deve rivedere le politiche di austerità. Renzi non ha deciso neppure il ministro dello sviluppo economico, con delega alle comunicazioni, che è stata decisa da Confindustria e accettata da B., visto che è di area centrodestra.
Di quelli che gli sono rimasti da decidere - non moltissimi, a dire la verità - Renzi è stato abile a gestire l'equilibrio delle correnti del suo infelice partito. E' stato generoso perfino con i civatiani, promuovendo a ministro Maria Carmela Lanzetta.
Mi pare abbastanza chiaro cosa possiamo aspettarci da un governo nato così.
L'ultima riflessione riguarda la parità di genere. In un paese come l'Italia, con una classe dirigente maschile e maschilista, la notizia che, per la prima volta, nel governo donne e uomini sono rappresentati con la stessa percentuale è sicuramente qualcosa di importante sul piano simbolico, anche al di là del merito delle persone. Poi, se crediamo davvero alla parità e vogliamo sia un valore non solo aritmetico, dobbiamo dire che questo non è sufficiente; non basta che ci siano donne ministri, ma occorre vedere cosa vorranno e sapranno fare, esattamente come i loro colleghi di sesso maschile. Nel precedente governo tra i ministri che hanno dato peggior prova di sé, per manifesta incapacità, per interessi opachi, per idee retrograde e di destra, si sono distinte Bonino e Cancellieri.
Aspettiamo l'insediamento del governo e su cosa e come otterrà la fiducia, ma se il buon giorno si vede dal mattino...
E comunque aspettiamoci un lungo ciclo; il fenomeno Renzi non si esaurirà in breve tempo, ma di questo parlerò nella prossima "considerazione".
Analisi condivisibile, ma sulla durata del fenomeno Renzi, non sarei così sicuro; ci sono molte variabili, come le future, non so quanto lontane, elezioni, e una crisi economica e politica di portata eccezionale. Fino ad ora le ha sapute cavalcare abilmente entrambe, ma si vedrà alla prova dei fatti, cioè con una vera elezione con lui candidato, se mai succederà.
RispondiEliminasottoscrivo in pieno: Napolitano sta imprimendo una svolta presidenzialista; è vero che la Costituzione dice il Presidente "nomina" i ministri su proposta del presidente del consiglio (incaricato), ma credo che l'atteggiamento di Napolitano sia una forzatura... ci sono dei nomi come la signora Guidi, che mi pare un omaggio per teere buono B. E di certo Grattieri sarebbe stato sgradito a Forza Italia...
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