domenica 9 novembre 2014

da "Esterhazy. Storia di un coniglio" di Hans Magnus Enzensberger e Irene Dische

Non si sa bene perché, ma le famiglie hanno spesso dei figli.
Gli Esterhazy ne hanno avuti da tempi immemorabili. Già duecento anni fa erano probabilmente la più grande famiglia dell'Austria. Cioè, non che fossero molto grandi, erano solo in tanti. Per dire la verità, gli Esterhazy con il passare del tempo erano diventati sempre più piccoli, perché purtroppo non mangiavano mai abbastanza insalata e carote, ma quasi solo cioccolatini, caramelle, torte alla crema e strudel di mele. E così avvenne che gli Esterhazy di cui narra la nostra storia, fossero molto molto piccoli e molto molto intelligenti.
Il Principe regnante Esterhazy era preoccupato per i suoi innumerevoli figli e nipoti. Nei negozi di scarpe li prendevano in giro visto che non gli andavano nemmeno le scarpe per neonati; anche in bicicletta avevano qualche difficoltà perché il sellino era troppo alto e con le zampe non arrivavano ai pedali. E quando il più piccolo degli Esterhazy cadde in un cestino della carta dal quale non riuscì a venire fuori, il Principe pensò: "Così non si può andare avanti! Bisogna fare qualcosa". Per tre giorni si chiuse nella sua stanza a pensare. Poi disse: "Voglio mandare tutti i miei nipoti all'estero. Ciascuno deve andare in una parte diversa del mondo, cercarsi una moglie grande e mettere su famiglia. Perché purtroppo il mondo è fatto in modo che i conigli piccoli hanno figli piccoli, mentre i conigli grandi diventano sempre più grandi e alla fine quasi non stanno più nei loro lettini. Per questo gli Esterhazy devono cercarsi mogli grandi, e più grandi sono, meglio è".
Un bel giorno, la primavera era ormai alle porte, il Principe indossò la sua giacca di velluto color vinaccia più elegante e portò tutti i suoi coniglietti alla Stazione occidentale di Vienna. "E ricordatevi - disse ai nipoti - di non accontentarvi mai, scegliete sempre solo il meglio del meglio! Carote, insalata e prezzemolo! E che ogni cosa sia fresca. E soprattutto: niente dolciumi!". I nipoti schierati iniziarono ad acclamarlo e a lanciargli praline di cioccolata.
Il nome intero del più giovane di tutti gli Esterhazy era Michele Paolo Antonio Maria, 12792º principe di Insalatinia e Carotopoli, conte di Lattughino, signore di San Prezzemoloburgo, Agliogrado e Corterapa. Ma naturalmente nessun essere umano, e a maggior ragione nessun coniglio, lo chiamava così: intanto perché è un nome troppo lungo, e poi perché ai conigli ci si rivolge chiamandoli con il cognome. Cercate di ricordarvelo! Per questo d'ora in poi chiameremo il nostro eroe semplicemente Esterhazy.
Ora, come dicevamo, Esterhazy era il più giovane di tutti gli Esterhazy e per questo fu anche l'ultimo a partire per l'estero. La famiglia aveva deciso che avrebbe dovuto tentare la fortuna a Berlino. La sera prima della partenza, il Principe lo prese in disparte e gli diede qualche buon consiglio. "Adesso o mai più, caro nipote, - disse.- Se vuoi avere una vera famiglia, è arrivato il momento che ti trovi una moglie. E mi raccomando: cercane una bella grande. E un' altra cosa, - aggiunse: - sa il cielo perché, ma i conigli di Berlino vivono tutti dietro un grande muro. Però non temere! Chi cerca, trova".
Pieno di gratitudine, Esterhazy baciò la mano al vecchio Principe e prese il treno per Berlino.
[...] "Sarebbe proprio strano, - pensò Esterhazy, - se nella grande, lontana Berlino non trovassi una moglie grande e lontana; e quando l' avrò trovata ce la spasseremo". Quando il treno arrivò a Berlino, alla stazione che si chiamava Zoo, Esterhazy aveva sulle labbra un grande sorriso malinconico. Ma a prenderlo non era venuto nessuno e nessuno lo degnava di uno sguardo. La stazione gli sembrò abbastanza malandata e triste, e faceva anche molto freddo. Le persone erano davvero strane. Si lanciavano sguardi cattivi, e a Esterhazy non piacque per niente che avessero l'aria tanto famelica.
[...] Esterhazy era ormai così lontano che non riusciva più a sentirli. Correva come un pazzo, e quando si fermò vide il muro. Era un muro infinitamente lungo e grigio, e il prato che c'era davanti aveva un odore meraviglioso. Odore di coniglio.
"Ciao, - disse una voce conigliesca. - Ci siamo già incontrati?". Tutto il prato era pieno di conigli, ed Esterhazy venne salutato con grande entusiasmo. Quando gli altri si accorsero che era un vero Esterhazy, furono molto orgogliosi. "Mancavi solo tu, - dissero. - Vieni, ti mostriamo la nostra tana".
Esterhazy era appena entrato quando vide una donna molto bella, con il pelo a macchie bianche e marroni. All'inizio si spaventò, perché non aveva mai visto una coniglia così grande. Ma lei lo abbracciò subito. "Esterhazy! Mio caro Esterhazy!" - gridò. "Mimì" - esclamò lui e le diede un bacio. Dovette alzarsi in punta di piedi, perché lei era alta quasi il doppio di lui. Ma si ricordò dei preziosi consigli del Principe. "Per avere figli più grandi, dovete trovare una donna particolarmente grande", aveva detto. E inoltre Mimì aveva un odore meraviglioso.
Poi lei gli fece vedere tutta la tana e lo invitò nel suo piccolo appartamento. Gli raccontò di quanto fosse tranquilla la vita di un coniglio dietro il muro. I soldati erano lì apposta per stare attenti che le automobili non li mettessero sotto. Quando gli avanzava una fetta di pane e burro la gettavano ai conigli, e a volte arrivavano anche delle carote. Certo, aggiunse Mimì, la cucina non era buona come a Vienna, e non c'erano nemmeno le Mozartkugeln, però in compenso si viveva in pace.
[...] Così i due vissero felici e contenti nella loro tana dietro al muro; finché un bel giorno, in piena notte, sentirono un chiasso infernale. Tutto il prato era invaso da centinaia di persone che ce l'avevano a morte con il muro. Avevano portato martelli pneumatici e altri attrezzi e iniziarono a distruggerlo. "Ma cosa succede?" - chiese Esterhazy. "Il muro deve scomparire" - gridava la gente.
La sera successiva il prato era addirittura strapieno di persone. C'erano bottiglie rotte dappertutto e del muro non restava che qualche brandello. La gente era fuori di sé dalla gioia, ma Esterhazy e Mimì non capivano per quale motivo. "Senza il muro, - disse Mimì, - Berlino è abbastanza inospitale, non trovi? Per noi conigli, intendo". "Sai cosa ti dico? - rispose Esterhazy, - andiamo a stare in campagna".
Saltellando fuggirono sempre più lontano, fino a quando non si lasciarono alle spalle le ultime case. Allora si sedettero per riposare un po'. "Mi rendo perfettamente conto di essere abbastanza piccolo, - disse Esterhazy. - Però mi potresti sposare lo stesso...". "Ma certo che ti sposo, stupidotto che non sei altro!" - disse Mimì.

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