mercoledì 15 novembre 2017

Verba volant (456): numero...

Numero, sost. m.

Domenica sera. La protagonista di uno sceneggiato televisivo - anche se adesso fa più moderno chiamarla fiction - scrive il proprio numero di telefono su un pezzo di carta, accanto alla firma - Rosy - a una faccina sorridente - che adesso voi chiamate smile - e alla frase "non avrai un'altra occasione...". Non ho visto quello sceneggiato e quindi non so se la persona a cui era indirizzato quel biglietto abbia poi raccolto l'invito e abbia telefonare a Rosy. Non so neppure se quel biglietto fosse una promessa o nascondesse una minaccia: si tratta di una storia e quindi dovremo aspettare la prossima puntata per sapere come va a finire.
Quella stessa domenica sera. Una coppia di Domodossola che ha deciso di non guardare la televisione e di cenare fuori comincia a ricevere delle telefonate incomprensibili, una dopo l'altra, insistenti, continue; telefonate che durano per tutta la notte. Il numero apparso per un attimo sugli schermi di migliaia di italiani è purtroppo il loro numero di telefono. Molte di quelle telefonate sono mute: quando l'ignara coppia risponde, all'altro capo riattaccano. Qualcuno chiede notizie di Rosy, pensando che il sorriso di quella bella ragazza sia rivolto proprio a loro, qualcuno invece la minaccia, perché Rosy è una donna di mafia, che ha abbandonato quella vita. Rosy Abate è un personaggio molto noto, che ha una lunga storia, che nella sua vita ha sofferto e ucciso, è a suo modo un'eroina, una giovane donna amata e odiata, ma Rosy Abate non esiste, come non esistono né Amleto né Paperino. Qualcuno di quelli che telefona è consapevole che a quel numero non possa rispondere Rosy, perché Rosy non esiste, ma chiama lo stesso, sperando che sia un'occasione per parlare con qualcuno della televisione, qualcuno che possa garantire i 15 minuti di notorietà, secondo la celebre definizione di Andy Warhol.
Evidentemente il problema esiste. Nei film e nel telefilm americani quando qualcuno cita un numero di telefono comincia sempre con 555, perché quel prefisso non esiste e quindi non c'è il pericolo che quel numero possa corrispondere a quello di un vero abbonato. Gli autori di Rosy Abate - La serie avrebbero dovuto pensarci e quindi fa bene la coppia di Domodossola a rivalersi sulla produzione per i danni subiti. Ma quella notte di telefonate ci racconta una società che evidentemente non riesce più a distinguere tra realtà e finzione e che risponde in maniera condizionata a tutto quello che appare sullo schermo della propria televisione. Basta che un numero appaia in televisione e subito in tanti si precipitano a telefonare, che sia per fare una donazione o per ricevere i numeri vincenti del lotto.
Arthur Conan Doyle quando dovette scegliere un indirizzo per Sherlock Holmes decise di usare, come noto, il 221B di Baker street, perché allora i civici di quella via si fermavano all'85. Quando nel 1930 fu cambiata la toponomastica della città di Londra e Baker street venne "allungata" fino al Regent's park, il 221B divenne l'indirizzo di una palazzina in stile art decò, sede della Abbey Road Building Society e cominciarono ad arrivare da tutto il mondo lettere indirizzate al celebre investigatore, tanto che la società aprì una vera e propria "segreteria di Sherlock Holmes" per la gestione di quella copiosa corrispondenza.
Chi scriveva al 221B di Baker street pensava davvero che Sherlock Holmes - o magari il fido dottor Watson - leggesse la sua lettera? Probabilmente qualcuno ne era convinto, ma la maggioranza sapeva che quella lettera sarebbe stata cestinata. E perché la scriveva? Perché si sottoponeva allo sforzo di scrivere? Forse perché quella lettera a un personaggio immaginario era il pretesto per mettere in fila le proprie idee, per svelare un segreto che pesava da tempo, per raccontare una nostra storia a qualcuno che non ci avrebbe giudicati, quella lettera serviva a chi la scriveva, indipendentemente dal fatto che qualcuno l'avrebbe letta. Anche noi da bambini scrivevamo a Babbo Natale, anche se non eravamo proprio del tutto convinti che avrebbe letto la nostra lettera: comunque eravamo felici quando ricevevamo il regalo richiesto. Evidentemente chi la doveva leggere l'aveva letta.
Non so se Rosy Abate riceva anche delle lettere. Probabilmente sì. Ma quelle telefonate notturne raccontano tutta un'altra storia, un mondo in cui abbiamo rinunciato a capire e ci siamo assuefatti a essere guidati, in cui abbiamo perso l'innocenza e l'abbiamo sostituita con la stupidità.

Nessun commento:

Posta un commento