mercoledì 6 giugno 2018

Verba volant (529): fantoccio...

Fantoccio, sost. m.

Signore e signori, buonanotte è un film del 1976 firmato da un collettivo di registi italiani dal forte intento satirico: viene raccontata una giornata televisiva, con telegiornali, sceneggiati, spettacoli di intrattenimento, quiz. Luigi Magni è l'autore di Il Santo Soglio, un immaginario sceneggiato ambientato nella Roma del Cinquecento. Il conclave non riesce a eleggere il nuovo papa, perché due potenti cardinali aspirano al soglio pontificio e le loro forze si equivalgono. Dal momento che nessuno dei due riesce a prevalere e il loro scontro rischia di minare la stessa chiesa (in una sola notte fanno uccidere ben diciotto cardinali, ma dato che sono nove di una fazione e nove di un'altra, l'equilibrio non cambia), decidono di far convergere tutti i loro voti su Felicetto de li Caprettari, un vecchio cardinale, che vive in povertà perché ha donato tutti i suoi beni, quasi un santo per l'epoca, ammalato da tempo, che sta per morire e che non si alza da letto da anni: il perfetto papa di transizione, troppo malato e troppo onesto per disturbare i loro traffici. Ma quando finalmente il cardinal de li Caprettari - un grandissimo Nino Manfredi - riceve la tiara pontificia, svela il suo inganno: per dieci anni si è finto moribondo proprio perché immaginava che alla fine lo avrebbero fatto papa, per continuare indisturbati i loro maneggi, sapendo che sarebbe stato innocuo e che sarebbe morto presto. E il primo atto del nuovo pontefice, che scopriamo non meno spietato dei suoi avversari, è quello di condannare a morte i due cardinali che lo hanno eletto. 
Ovviamente non mi aspetto che Giuseppe Conte faccia altrettanto: Matteo e Giggino possono dormire sonni tranquilli e soprattutto non rischiano di perdere la testa. Ma in un tempo come questo, in cui si può diventare leader senza averne le qualità, senza essere l'espressione di un blocco sociale, senza rappresentare una storia e un sistema di valori, Giuseppe Conte potrebbe essere scelto per sostituire i due dioscuri della coalizione giallo-verde. In fondo anche Di Maio è "nato" così, è diventato il leader di quel partito perché qualcuno ha cominciato a dire che lo sarebbe diventato, perché è stato ospitato in ogni possibile trasmissione televisiva e ogni volta veniva indicato come il futuro leader, e così, quando alla fine i militanti di quel partito sono stati chiamati a scegliere il loro "capo politico", hanno scelto quello che qualcun altro aveva già scelto, hanno ratificato una scelta fatta da altri. E più o meno analogo è il cursus honorum di Salvini, per quanto svolto all'interno di un partito più strutturato, ma anche in questo caso hanno cominciato a dire che sarebbe diventato il segretario della Lega e la profezia si è autoavverata.
Questa è la post-democrazia, baby. Quindi se decideranno che Conte sarà il prossimo leader, vedrete che non ci vorrà molto: più competente di Di Maio, più presentabile di Salvini, ieri Conte si è esibito in un lungo intervento democristianissimo, più di un'ora per non dire quasi nulla. Giuseppe Conte sarà un fantoccio? La domanda così è mal posta. La vera domanda è chi tiene i fili. E Salvini e Di Maio non sono certo burattinai, al massimo burattini. Se Conte è il fantoccio di qualcuno, non lo è certo di loro due.
Nel racconto cinematografico di Luigi Magni - peraltro attinto a episodi avvenuti nella storia non sempre gloriosa e commendevole di quella potente organizzazione - noi assistiamo senza riuscire a intervenire allo scontro tra poteri e non ci rimane che obbedire a quello che alla fine vincerà. Ora invece siamo parte attiva dello scontro, perché siamo continuamente "usati". Crediamo sia democrazia la tifoseria con cui esaltiamo il "nostro" campione o insultiamo quello degli "altri", pensiamo di contare, perché ci chiamano a ratificare le loro scelte, perché votiamo perfino. Certo votare è meglio che non votare, ma essere costretti a votare tra opzioni che altri costruiscono per noi e tra cui non ci sono davvero differenze significative è una libertà sempre più relativa. Temo che i fantocci siamo noi.

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