lunedì 13 gennaio 2020

Verba volant (745): gelo...

Gelo, sost. m.

Terminate le sfarzose e sfiancanti cerimonie - Ping, Pang e Pong sono davvero i migliori a organizzare queste cose - finita la festa che l'ha stordita per giorni, Turandot rimane finalmente sola e la giovane donna si rende conto quanto le costerà essere stata sconfitta, quanto sarà infelice quel matrimonio che ha subito. Calaf non la ama, non l'ha mai amata, l'ha usata per salire al trono: quando Altoum morirà - e non ci vorrà molto - sarà lui a diventare il nuovo imperatore. Calaf ama solo il potere, non gli basta essere il figlio di un re, vuole di più, vuole il potere più grande che un uomo possa ottenere. Per questo ha abbandonato suo padre a un destino di miseria, per questo ha guardato senza fiatare Liù sacrificarsi per lui, per questo ha stuprato Turandot.
E noi assistiamo impotenti a questa violenza. Il principe ancora ignoto afferra la giovane donna che si nega, che gli chiede di lasciarla, ma a lui questo non importa. Non può fermarsi proprio in quel momento in cui il traguardo è così vicino, solo per le grida di una donna. Anzi le dice che è lei a volerlo, perché "il gelo tuo è menzogna" e consuma lo stupro, dicendole chiaramente che "il bacio tuo mi dà l'Eternità". Non finge di amarla, le dice che quello stupro gli serve per diventare imperatore. E Calaf, come fanno spesso gli stupratori, le getta in faccia quella violenza, le dice che le è piaciuto, che dovrebbe ringraziarlo per quello che le ha fatto: "Sei mia! Tu che tremi se ti sfioro!". E poi la annichilisce con una frase che svela tutta la sua grettezza: "La mia gloria è il tuo amplesso". Turandot solo in quel momento capisce quanto deve aver sofferto quella sua ava che lei ha voluto con tenacia vendicare. Anche a lei il maschio che le ha fatto violenza avrà detto che in fondo ti è piaciuto. E gli altri le hanno detto che te la sei cercata e che adesso non devi lamentarti. Perché quel no non è stato accettato, non viene mai accettato, ma viene considerato un .
Turandot è sconfitta perché suo padre l'ha abbandonata: finalmente ho trovato un uomo che l'ha rimessa al suo posto, che l'ha domata, e io ho trovato un erede maschio degno di me. È sconfitta perché il popolo vuole un re, e non quella donna che si è messa in testa di diventare regina. Soprattutto è sconfitta perché ha visto che quella sua lotta, quell'uccidere uno dopo l'altro i pretendenti, che si ostinano a chiederla in sposa, quel suo cercare di vendicare l'ava violentata, tutto questo è stato inutile, se anche una giovane donna come Liù, una giovane schiava, non ha capito quello che lei stava facendo. E Turandot ha lottato con l'intelligenza, e finché ha combattuto su questo piano ha vinto, e Calaf vince perché di fronte all'intelligenza della donna di cui ha paura usa la forza, l'unica che può piegare la principessa.
Turandot stava lottando anche per lei, stava lottando per tutte le donne, ma Liù non ha voluto capirlo e quel suo sacrificio estremo per un uomo che non la voleva e che non la meritava, segna Turandot nel profondo. Di fronte al suicidio di Liù Turandot sente drammaticamente di aver fallito. Per questo diventa preda di un essere meschino come Calaf e delle trame che gli uomini hanno messo in campo per annichilirla, per farle perdere la propria dignità. Non è riuscita a cambiare il mondo, nonostante tutto il suo potere. Perché Liù e le donne di Pechino non hanno capito quella sua lotta, non hanno voluto combattere insieme a lei. E Turandot si arrende, capisce che la sua resistenza è vana. Si piega a quel matrimonio, alla violenza di quei maschi che hanno voluto il potere e alla volontà di quelle donne che hanno avuto paura di avere una regina.

Nessun commento:

Posta un commento